Letteratura e cristianesimo nel primo Novecento
(Già e non ancora)Colombo Giovanni
EAN 9788816304512
Questi saggi di Giovanni Colombo, qui ripresentati dopo oltre sessant’anni dalla loro pubblicazione, conservano tutta la suggestione dello spirito e dell’intenzione che li ha dettati.
Sulla scia di Giulio Salvadori, il docente universitario ammirato e non mai dimenticato, e seguendo una connaturale inclinazione per il mondo letterario, Giovanni Colombo mira a cogliere l’anima degli scrittori. Oltre l’interesse immediatamente storico e filosofico delle loro opere, egli si sofferma a ritrovare e a interpretare gli ideali e le ansie interiori ed esistenziali, che suscitano e muovono le loro opere.
Così egli incontra Ibsen, con la sua «angoscia dell’impossibile autonomia»; Pirandello, un autore che lo ha coinvolto molto, con il suo «dramma della relatività»; Chesterton, con l’avventura della sua lucente e liberante ortodossia; Claudel, che particolarmente lo ha impressionato e affascinato, nella poesia e nel teatro, con la potente e sofferta evocazione della «lotta tra la Grazia e la natura» e con la celebrazione nell’arte del «mistero della Chiesa»; e infine Papini e Mauriac, il primo che «dall’inquietudine intellettuale riconduce l’uomo moderno a Cristo, infinita Certezza», il secondo che «dall’inquietudine del cuore e dei sensi riconduce l’uomo moderno a Cristo, infinito Amore».Qualcuno ha parlato di «cristocentrismo estetico» di Giovanni Colombo: infatti, egli era persuaso che poeti e scrittori – certo quelli più validi – si potessero intimamente intendere come testimoni o della felice presenza, o della drammatica assenza, o dell’inquieto e inconsapevole desiderio di Gesù Cristo, come senso e soluzione dell’esistenza.
Indubbiamente, quello di Colombo era un modo nuovo, tutto personale, di accostare le opere letterarie; crediamo tuttavia che non sia superato e non abbia perduto validità, ma possa essere ripassato e ripreso oggi, quando ancora – come sempre –, nella stanchezza e inconcludenza della pura erudizione, riappare la tragedia della mancanza di Cristo o l’inespressa aspirazione o nostalgia di lui
L'a., che i lettori conoscono perché dal 1963 al 1979 fu arcivescovo prima e cardinale poi della diocesi di Milano, pur profondamente impegnato nel suo ruolo pastorale, non smise mai di coltivare la passione che scoprì di avere sin da ragazzo: quella per la lettura di poeti e scrittori. Nel vol si raccolgono alcuni suoi «medaglioni» su autori quali Papini e Mauriac, Chesterton e Claudel, Ibsen, Pirandello della cui opera ha cercato, con notevole resa, di mettere in evidenza più l'aspetto interiore che lo spessore tecnico-formale. Gli scrittori esaminati, fra i più importanti del Novecento, sono, infatti, legati fra loro da quel «cristocentrismo estetico » che nel dramma, nell'ironia o nell'inquietudine opera come forte risposta di senso.
Tratto dalla Rivista Il Regno 2008 n. 20
(http://www.ilregno.it)
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