"Io conosco un pianeta su cui c’è un certo Signor Chermisi; non ha mai respirato un fiore; non ha mai guardato una stella, non ha mai voluto bene a nessuno, non fa altro che addizioni tutto il giorno, e tutto il giorno ripete: Io sono un uomo serio. E si gonfia di orgoglio. Ma non è un uomo, è un fungo!".
Questa accorata confidenza del Piccolo Principe di Saint-Exupéry mi è tornata in mente nel dare alla stampa questo quarto libro dei Ritratti di santi.
Nel pianeta cristiano bisognerebbe anzitutto imparare a cercare i Santi, imitando Frate Leone che tenta di rintracciare il Poverello d’Assisi: "al lume della luna, il va cercando pienamente per la selva: e finalmente egli udì la voce di santo Francesco e, appressandosi, il vide stare ginocchioni in orazione con la faccia e le mani levate al cielo, ed in fervore di spirito si decea: ‘Chi se’ tu, o dolcissimo Iddio mio? Che sono io, vilissimo vermine e disutile servo tuo?'".(Fioretti).
PREFAZIONE
di P. Antonio Maria Sicari
«Io conosco un pianeta su cui c'è un certo Signor Chermisi; non ha mai respirato un fiore; non ha mai guardato una stella, non ha mai voluto bene a nessuno, non fa altro che addizioni tutto il giorno, e tutto il giorno ripete: Io sono un uomo serio. E si gonfia di orgoglio. Ma non è un uomo, è un fungo!».
Questa accorata confidenza del Piccolo Principe di Saint-Exupéry mi è tornata in mente nel dare alla stampa questo Quarto libro dei Ritratti di Santi.
Nel pianeta cristiano bisognerebbe anzitutto imparare a cercare i Santi, imitando Frate Leone che tenta di rintracciare il Poverello d'Assisi: «al lume della luna, il va cercando pianamente per la selva: e finalmente egli udì la voce di santo Francesco e, appressandosi, il vide stare ginocchioni in orazione con la faccia e le mani levate al cielo, ed in fervore di spirito si diceva: 'Chi se' tu, o dolcissimo Iddio mio? Che sono io, vilissimo vermine e disutile servo tuo?'» (Fioretti).
Tutta la bellezza del pianeta cristiano si manifesta nei Santi; e santi sono coloro che si nascondono nella selva (sempre nascosti nella Carità, anche quando intraprendono «opere e opere» a favore dei loro fratelli) per intrattenersi con Dio, in quel dialogo che ogni volta riporta il mondo alla originaria purezza della creazione.
ESTRATTO DAL PRIMO CAPITOLO
«Io, Chiara, pianticella del nostro Santo Padre Francesco...», così amava definirsi la nostra Santa di Assisi.
L'immagine risale forse al fatto che la madre di lei portava il nome di Ortolana e perciò si diceva che Chiara era stata da lei coltivata «come una piantina fruttifera nel giardino della Chiesa».
Certo fu Francesco a farla crescere e maturare, quando ella, diciottenne, si rifugiò da lui per chiedergli di consacrarla al Signore; ma è indubbio che Chiara assorbì la prima linfa dalla madre, donna di eccezionale forza e dolcezza.
In quegli anni di ferro, quando anche un breve viaggio era assai rischioso, ella aveva avuto il coraggio di attraversare il mare, per recarsi pellegrina in Terra Santa. E già era stata a Roma, a venerare la tomba degli Apostoli, e al Santuario di san Michele, sul Gargano.
E i racconti della madre dovettero essere il primo nutrimento di quella bambina.
Messer Ranieri di Bernardo che, in qualità di parente, conobbe da vicino Chiara fanciulla, testimonierà al processo di canonizzazione che la bambina, «quando stava a sedere con quelli di casa, voleva sempre parlare delle cose di Dio».