Riti e storie di vita
-Liturgia protestante nella società secolare
(Teologia viva)EAN 9788810409800
Iriformatori del XVI secolo hanno distinto in modo netto i riti-sacramento del battesimo e dell’eucaristia dagli altri cinque riti ecclesiastici, a cui non hanno riconosciuto pari dignità sacramentale ritenendoli non fondati sulle Scritture ma senza abolirli; con accentuazioni diverse trovano infatti ancora il proprio posto nelle Chiese protestanti. Oggi, nel tempo della postmodernità, la domanda di ritualità resta viva e si presta a scoprire nuove dimensioni di senso e di orientamento per la vita. Il vol. prende in considerazione i riti che accompagnano i momenti di passaggio della vita umana, soprattutto in situazioni di svolta, cambiamento o sofferenza. Dunque il battesimo, la confermazione, il matrimonio e la sepoltura. Partendo da un prospettiva protestante, il vol. tocca poi anche argomenti di attualità come il divorzio o le unioni omosessuali; in appendice varie proposte liturgiche oggi in uso in alcune Chiese riformate.
Tratto dalla Rivista Il Regno 2011 n. 2
(http://www.ilregno.it)
Il sottotitolo, esplicitato dal docente di teologia pratica della Facoltà teologica valdese di Roma, indica chiaramente la preoccupazione pastorale di rendere significante per l’oggi la ritualità cristiana anche in una tradizione piuttosto ‘asciutta’ come è quella riformata. Dopo una breve ma utile presentazione di Alfio Filippi dal versante cattolico, è l’autore stesso fin dalle pagine introduttive a fare spazio al rito e alla ritualità, ovviamente nella luce e sotto il controllo della parola di Dio testimoniata dalle Scritture: la ritualità, specie per un evangelico, è sempre densa di ambiguità, ma non se ne può fare a meno per l’insita dimensione terapeutica, soprattutto in momenti di crisi e di sofferenza (cf. pp. 12 e 134).
Ne risulta un volume interessante e stringato, in grado di far conoscere al lettore cattolico italiano una sensibilità pastorale protestante attenta alla vita e una serie di autori per lo più sconosciuti: il tutto ritmato in tre parti con un appendice di testi liturgici. La prima parte, più generale, studia i riti di passaggio che nelle discipline antropologiche indicano i momenti fondamentali della vita, come la nascita e la morte, a cui si tratta di iniettare un senso cristiano. Sociologi ed etnologi non mancano di offrire i loro apporti su passaggi biografici a cui la parola di Dio negli atti liturgici può dare luce, particolarmente attraverso la benedizione. Anche la categoria di «storie di vita» proposta da vari autori offre alla chiesa la possibilità di intercettare concretamente le profonde domande delle persone e confrontarsi seriamente con esse, in ordine all’annuncio di una parola evangelica di grazia e di speranza che riposa in Dio stesso ed è capace di trasmettere un senso profondo di protezione e conforto. La benedizione può diventare esperienza di vita dentro un itinerario spirituale augurabile pure in cultura postmoderna.
La seconda parte scende nel concreto e affronta il battesimo cristiano, il primo dei due sacramenti nel protestantesimo: rinvia alle origini cristiane e si accorpa a un itinerario di fede. L’a. richiama gli interrogativi del battesimo dei bambini, problema oggi spostato nella relazione del battesimo con la confermazione: si tratta di un rito ecclesiastico di imposizione delle mani a catecumeni che concludono l’iter catechetico con una confessione di fede davanti alla comunità credente e sono poi accolti alla Cena del Signore. Ma la domanda del battesimo dei piccoli riemerge e si collega con il dato antropologico della nascita che, con una punta di angoscia per il futuro, pone la questione dell’identità e del senso della vita, oltre che dell’appartenenza. La terza parte studia il rito del matrimonio nell’attuale dinamica sociale di instabilità, che invita a rivedere la teologia che sta dietro all’idea di matrimonio, come già nel 1500 la Riforma propose una revisione del mondo simbolico medioevale a partire dal principio scritturale.
L’a. parte dalle prime liturgie riformate, che pur non considerando il matrimonio un sacramento, ne rivalutano la prospettiva vocazionale concernente tutta l’umanità, vocazione collegata con la benedizione di Dio e l’intercessione della comunità. La forma liturgica è da farsi per e con gli sposi come soggetti attivi (cf. p. 99): va perciò preparata insieme. Nel caso di divorziati (il divorzio è sempre stato una spina nel fianco nella prassi delle chiese cristiane) si profila nel protestantesimo la possibilità di un nuovo matrimonio e di una seconda benedizione, condividendo la preoccupazione di persone in sofferenza per il fallimento del primo matrimonio. Affrontando un ulteriore problema, gli ultimi sinodi valdesi, pur con prudenza caso per caso, si sono espressi a favore della benedizione delle coppie dello stesso sesso, continuando a studiare la domanda.
Le ultime venti pagine del testo affrontano il rito funebre, che tra i riti liturgici è quello che anche oggi resiste di più, con evidente funzione integrativa dinanzi al silenzio della morte. Dopo un cenno storico, l’a. esamina i rituali protestanti delle esequie, che fin dall’inizio puntano sulla risurrezione e sulla misericordia di Dio, riportando l’evangelo al centro del rito ed eliminando la missa pro defunctis. Lutero difende il desiderio umano di dar voce al ricordo dei propri cari. Calvino radicalizza la sobrietà riformata, chiedendo piuttosto l’impegno della visita ai malati, mentre il suo successore Bullinger dà maggiore attenzione sia verso la memoria del defunto che verso i familiari in lutto. Negli ultimi decenni il rito funebre indicato dalle chiese è offerto come punto di riferimento nei tre momenti della partenza dalla casa (o dall’ospedale), della lettura biblica e della predicazione nel tempio (o nella cappella d’ospedale), del cimitero dove si rinnova l’annuncio della promessa e l’espressione della fiducia credente (cf. p. 123). Il rito funebre, per il valore sociale che rappresenta, costituisce un momento di grande importanza per i legami di fraternità e solidarietà, in cui può riecheggiare quella parola di vita che nessuno di noi possiede e che solo Dio può dare. Nel caso sempre più frequente di incenerimento è opportuno che il culto venga celebrato prima, affrontando con umanità il momento di separazione, senza dimenticare il cristiano resurrexit tertia die.
Il lettore cattolico può trovare interessanti anche i riti proposti in appendice, specie per benedizioni non previste «dalla morsa del filo spinato di un diritto canonico che lascia pochi spazi alla libertà» (p. 98): ad esempio per la coppia appartenente allo stesso sesso (cf. pp. 158-162) o divorziati (cf. pp. 162-166). A parte il cenno al filo spinato, il testo di E. Genre si raccomanda per la sensibilità ecumenica e per il profondo rispetto dell’avventura umana soprattutto nei momenti di sofferenza e di fallimento. Anche qualche piccolo errore (la Regula pastoralis di p. 34 è scritta da Gregorio Magno, non da Alberto Magno, per quel che ricordiamo) non inficia la serietà della trattazione. Quello che può dispiacere a un insegnante di teologia sacramentaria cattolica va individuato piuttosto nella difficoltà di spiegarci e farci capire quando si dialoga sui sacramenti. Nella sensibilità evangelica i sacramenti vengono visti come ‘cose di preti’, affetti da meccanicismo sacrale e vissuti con una mentalità giuridica che nasconde la promessa biblica insita e il respiro della grazia. Il che può diventare un sano invito alla sobrietà cattolica, a limitare cioè certi eccessi rituali che la pietà popolare cattolica (e non solo quella!) mette in mostra in alcune manifestazioni.
Da parte evangelica, a nostro avviso, va riscoperta e rivalorizzata la simbolicità rituale come linguaggio, talora performativo, su cui almeno metà della nostra comunicazione umana si regge e di cui presumibilmente Dio stesso si serve per offrirci i suoi doni a livello di seme di vita nuova, se la via dell’incarnazione è una scelta reale del Figlio di Dio. Ci sembra di intuire che tale riscoperta è realtà almeno iniziale nel volume di Ermanno Genre.
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" n. 2/2011
(http://www.fttr.it/web/studiapatavina)
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