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Ecclesiologia ortodossa. Temi a confronto tra Oriente e Occidente
(Nuovi saggi teologici)EAN 9788810405680
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DETTAGLI DI «Ecclesiologia ortodossa. Temi a confronto tra Oriente e Occidente»
Tipo
Libro
Titolo
Ecclesiologia ortodossa. Temi a confronto tra Oriente e Occidente
Autore
Spiteris Yannis
Editore
Edizioni Dehoniane Bologna
EAN
9788810405680
Pagine
300
Data
ottobre 2003
Peso
340 grammi
Altezza
21,5 cm
Larghezza
14 cm
Profondità
1,3 cm
Collana
Nuovi saggi teologici
COMMENTI DEI LETTORI A «Ecclesiologia ortodossa. Temi a confronto tra Oriente e Occidente»
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Recensioni di riviste specialistiche su «Ecclesiologia ortodossa. Temi a confronto tra Oriente e Occidente»
Recensione di Ermanno Roberto Tura della rivista Studia Patavina
Un teologo cappuccino greco, che ha perfezionato i suoi studi nell’Università svizzera di Friburgo e all’Istituto Ecumenico di Bossey, che ha insegnato per anni teologia e spiritualità orientale in vari Atenei romani, si trova spontaneamente su una ideale (anche se talora rischiosa) linea di confine. Nelle trecento pagine oggetto di questa segnalazione, il prof. Spiteris (da alcuni mesi arcivescovo di Corfù, Zante e Cefalonia) offre un prezioso servizio per il mondo latino come interprete delle due “lingue” teologiche e mentalità ecclesiali, orientale e occidentale: ci fa conoscere - come rileva anche L. Sartori nella sintetica e brillante presentazione - le linee fondamentali sulle quali si muove oggi con vivacità talora polemica la riflessione dei teologi ortodossi greci quanto a ecclesiologia, senza dimenticare l’apporto della prospettiva russo-slava.
Le venti pagine iniziali della proposta di Spiteris si concentrano su alcune considerazioni preliminari riguardanti l’ecclesiologia ortodossa: in particolare sui tentativi di definizione della Chiesa e sui tre principi ecclesiologici comuni che sottostanno alla riflessione ortodossa, cioé l’aspetto trinitario, cristolo-gico e pneumatologico della Chiesa.
La prima parte del bel volume, forse quella decisiva (intitolata La Chiesa tra protologia ed escatologia), prospetta le due linee di tendenza caratterizzanti l’ecclesiologia greca moderna. Quella più radicata nella tradizione, sotto l’influsso platonico cristiano, valorizza la chiesa terrena alla luce della «Chiesa preesistente», nella contemplazione della Chiesa protologica che nel disegno eterno di Dio “discende” dalla Chiesa degli angeli, si manifesta nella creazione, si concretizza nei giusti dell’Antico Testamento e nel popolo eletto, poi nell’incarnazione per concludersi nella pentecoste: rappresentante moderno più qualificato di questa linea, a cui particolarmente si ispira la tradizione monastica, è Ioannis Karmiris. La più recente ecclesiologia, apparentemente opposta, legge invece la chiesa locale, specie nel momento eucaristico sacramentale, come icona della «Chiesa escatologica», della Chiesa universale del futuro: fautore principale è il più noto e rilevante teologo greco, il metropolita ortodosso Ioannis Zizioulas, di cui l’a. sintetizza, oltre ai numerosi scritti pubblicati, anche le lezioni tenute all’Università di Tessalonica nell’anno accademico 1991-1992 e raccolte dagli alunni stessi. Le due prospettive hanno comunque molti punti in comune e ambedue trovano appoggi nella tradizione biblico-patristica, a cui anche altri teologi rappresentativi delle due linee non mancano di appellarsi.
Proprio riportando fedelmente le lezioni tessalonicesi di Zizioulas, il cappuccino greco di Corfù può mettere bene in luce i due tipi di ecclesiologia ortodossa: quella «liturgica» (o eucaristica, sacerdotale) e quella «terapeutica» (prevalentemente monastica). Riprendendo i suoi studi storico-teologici giovanili, Zizioulas afferma: la liturgia, che permette di vivere in anticipo, (e solo in parte) il raduno finale escatologico caratterizza l’ecclesiologia dei primi due secoli; ma l’influsso del platonismo opera un capovolgimento con i teologi alessandrini a favore di un’ecclesiologia terapeutica con approccio cosmologico (e non più storico) della Chiesa, e con conseguenze privilegianti il monachesimo la cui ascesi è capace di sanare i peccatori, disegnando la Chiesa come una “casa di cura”. Zizioulas vuole colpire questa mentalità, a favore dei vescovi e della Chiesa come corpo di Cristo fondato sui sacramenti, sull’eucaristia in particolare come icona della Chiesa escatologica. L’orizzonte eucaristico permette a Zizioulas di introdurre la riflessione sulla struttura canonica della Chiesa, privilegiandone il momento sinodale, sottolineando la contemporaneità della Chiesa locale e della Chiesa universale, specificando i ministeri e valorizzando la Chiesa locale con il proprio vescovo. Zizioulas affronta il rapporto conflittuale tra monaco e vescovo nella Chiesa ortodossa greca, come non dimentica il confronto talora duro e non sempre esatto con la visione ecclesiologica occidentale. In certe affermazioni contro posizioni cattoliche e protestanti «addirittura si ha l’impressione che il nostro teologo combatta contro dei fantomatici mulini a vento» (p. 108), al punto da far sospettare che si tratti di un “genere letterario” o di un abile gioco di impennate antilatine per far accettare agli alunni ortodossi la propria visione, affascinante ma opposta alla visione monastico-terapeutica prevalente tra i giovani greci. Conclusivamente anche per il teologo cattolico l’ecclesiologia di Zizioulas si rivela notevolmente vigorosa e feconda, pur con qualche unilateralità.
La parte seconda del volume affronta i criteri di ecclesialità in un rapido sguardo alla lunga storia del problema, iniziato già con la controversia battesimale di s. Cipriano. Aggiunge una carrellata sui teologi ortodossi recenti che rispecchiano la dottrina ufficiale della Chiesa (tra cui i metropoliti Damaskinos Papandreu e Crisostomos Kostantinidis) e i due che tentano vie nuove avvicinandosi alla soluzione pro-posta dal Vaticano II (Nikos Nissiotis e Nikos Matsoukas). La posizione ufficiale della Chiesa greca resta dura e si evidenzia particolarmente nella dichiarazione dei monaci del Monte Athos sul documento di Balamand: le nostre Chiese (ortodossa e cattolica) non sono sorelle e i sacramenti cattolici sono invalidi. Invece la posizione occidentale rivela una Chiesa, nonostante tutto, più aperta verso le altre confessioni, come mostra la storia dei criteri di ecclesialità, dal concilio di Arles del 314, da Ottato di Milevi e Agosti-no fino al Vaticano II e documenti successivi.
Roma e Costantinopoli di fronte al papato: un confronto. Sotto tale titolo le ultime interessanti cento pagine affrontano coraggiosamente il problema cruciale del primato del vescovo di Roma, precisando i presupposti storici confluiti nella convinzione bizantina che l’imperatore è l’unico vero «vicario di Cristo» in terra: in tale convinzione sta il profondo motivo di rifiuto dei greci verso il papato. Fino al secolo XII possiamo tuttavia trovare persino documenti ecumenici che attestano una situazione di comunione quasi «normale» tra le Chiese: ogni primato però viene situato in un contesto collegiale accanto e non al di sopra degli altri patriarchi (cfr. p. 207). Ma dalla riforma gregoriana in Occidente si profila uno scontro politico-religioso soprattutto dipendente dal peso radicalmente differente che le due tradizioni accordano all’autorità imperiale: in Oriente il principio politico come fonte di giurisdizione ha soppiantato il principio religioso o petrino. Le Chiese si scoprono divise perché diviso è l’impero già con la “colpevole” incoronazione di Carlo Magno da parte del papa. Con Innocenzo III e il patriarca Giovanni X Camateros lo scontro si fa ecclesiologico-politico in uno scambio epistolare gravido di teologia, da cui si evidenzia un dialogo tra sordi: una ecclesiologia imperiale e una ecclesiologia papale non possono trovare un punto di incontro, ostacolato anche dalle difficoltà di linguaggio teologico-giuridico e dai disastri prodotti dai crociati nel saccheggio “fratricida” di Costantinopoli del 1204.
Le considerazioni conclusive di Spiteris sintetizzano le reciproche difficoltà teologiche, che per i greci si chiamano pentarchia (o collegialità) e impero. L’impegno per noi latini può tradursi nella distin-zione più netta tra il servizio petrino e il papato come si è configurato nel medioevo occidentale. Ma an-che per gli ortodossi si impone qualche domanda imbarazzante sul valore attuale dell’ideologia politico-imperiale, come la domanda posta da Congar: dov’è oggi il basileus?
Anche su queste trecento pagine, in testo e in nota, abbiamo lasciato più di un segno colorato, invitante a rivedere qualche passaggio particolarmente nuovo e interessante dello studio di Spiteris, che suona spesso, anche per un insegnante di teologia, impegno a conoscersi meglio tra cristiani: i fattori non teologici condizionano una possibile riconciliazione molto più di quanto si pensasse qualche decennio fa. Spiteris aiuta a rompere stereotipi delle tradizioni confessionali, spesso tramandati acriticamente, e indica sentieri di approfondimento documentato. In più, la chiarezza scolastica tipica di un docente sopporta volentieri ripetizioni e integrazioni presenti nel volume, senza mai diventare noiose anche perché la storia delle idee e dei fatti dà una mano alla teologia. Per dimostrare l’attenzione con cui abbiamo affrontato la lettura del volume, segnaliamo due possibili miglioramenti terminologici in vista di una seconda edizione: a p. 101 nota 39 noi scriveremmo “in sottordine il comando dato da Cristo” al posto di “nel sottofondo”; a p 146 verso la fine noi tradurremmo con “tracce” il termine “vestigia” e non con “rimasugli”, anche se poi il tutto è spiegato alla luce della traduzione calvinista ricordata a p. 172. Per il resto ci si può associare al ringraziamento espresso ai «ripulitori» di p. 14 nota 4: naturalmente il ringraziamento si allarga almeno all’Autore, nella speranza che il nuovo ministero episcopale non lo assorba interamente, allontanandolo dal ministero teologico diretto.
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" 2005, nr. 1
(http://www.fttr.glauco.it/pls/fttr/V3_S2EW_CONSULTAZIONE.mostra_pagina?id_pagina=271)
Le venti pagine iniziali della proposta di Spiteris si concentrano su alcune considerazioni preliminari riguardanti l’ecclesiologia ortodossa: in particolare sui tentativi di definizione della Chiesa e sui tre principi ecclesiologici comuni che sottostanno alla riflessione ortodossa, cioé l’aspetto trinitario, cristolo-gico e pneumatologico della Chiesa.
La prima parte del bel volume, forse quella decisiva (intitolata La Chiesa tra protologia ed escatologia), prospetta le due linee di tendenza caratterizzanti l’ecclesiologia greca moderna. Quella più radicata nella tradizione, sotto l’influsso platonico cristiano, valorizza la chiesa terrena alla luce della «Chiesa preesistente», nella contemplazione della Chiesa protologica che nel disegno eterno di Dio “discende” dalla Chiesa degli angeli, si manifesta nella creazione, si concretizza nei giusti dell’Antico Testamento e nel popolo eletto, poi nell’incarnazione per concludersi nella pentecoste: rappresentante moderno più qualificato di questa linea, a cui particolarmente si ispira la tradizione monastica, è Ioannis Karmiris. La più recente ecclesiologia, apparentemente opposta, legge invece la chiesa locale, specie nel momento eucaristico sacramentale, come icona della «Chiesa escatologica», della Chiesa universale del futuro: fautore principale è il più noto e rilevante teologo greco, il metropolita ortodosso Ioannis Zizioulas, di cui l’a. sintetizza, oltre ai numerosi scritti pubblicati, anche le lezioni tenute all’Università di Tessalonica nell’anno accademico 1991-1992 e raccolte dagli alunni stessi. Le due prospettive hanno comunque molti punti in comune e ambedue trovano appoggi nella tradizione biblico-patristica, a cui anche altri teologi rappresentativi delle due linee non mancano di appellarsi.
Proprio riportando fedelmente le lezioni tessalonicesi di Zizioulas, il cappuccino greco di Corfù può mettere bene in luce i due tipi di ecclesiologia ortodossa: quella «liturgica» (o eucaristica, sacerdotale) e quella «terapeutica» (prevalentemente monastica). Riprendendo i suoi studi storico-teologici giovanili, Zizioulas afferma: la liturgia, che permette di vivere in anticipo, (e solo in parte) il raduno finale escatologico caratterizza l’ecclesiologia dei primi due secoli; ma l’influsso del platonismo opera un capovolgimento con i teologi alessandrini a favore di un’ecclesiologia terapeutica con approccio cosmologico (e non più storico) della Chiesa, e con conseguenze privilegianti il monachesimo la cui ascesi è capace di sanare i peccatori, disegnando la Chiesa come una “casa di cura”. Zizioulas vuole colpire questa mentalità, a favore dei vescovi e della Chiesa come corpo di Cristo fondato sui sacramenti, sull’eucaristia in particolare come icona della Chiesa escatologica. L’orizzonte eucaristico permette a Zizioulas di introdurre la riflessione sulla struttura canonica della Chiesa, privilegiandone il momento sinodale, sottolineando la contemporaneità della Chiesa locale e della Chiesa universale, specificando i ministeri e valorizzando la Chiesa locale con il proprio vescovo. Zizioulas affronta il rapporto conflittuale tra monaco e vescovo nella Chiesa ortodossa greca, come non dimentica il confronto talora duro e non sempre esatto con la visione ecclesiologica occidentale. In certe affermazioni contro posizioni cattoliche e protestanti «addirittura si ha l’impressione che il nostro teologo combatta contro dei fantomatici mulini a vento» (p. 108), al punto da far sospettare che si tratti di un “genere letterario” o di un abile gioco di impennate antilatine per far accettare agli alunni ortodossi la propria visione, affascinante ma opposta alla visione monastico-terapeutica prevalente tra i giovani greci. Conclusivamente anche per il teologo cattolico l’ecclesiologia di Zizioulas si rivela notevolmente vigorosa e feconda, pur con qualche unilateralità.
La parte seconda del volume affronta i criteri di ecclesialità in un rapido sguardo alla lunga storia del problema, iniziato già con la controversia battesimale di s. Cipriano. Aggiunge una carrellata sui teologi ortodossi recenti che rispecchiano la dottrina ufficiale della Chiesa (tra cui i metropoliti Damaskinos Papandreu e Crisostomos Kostantinidis) e i due che tentano vie nuove avvicinandosi alla soluzione pro-posta dal Vaticano II (Nikos Nissiotis e Nikos Matsoukas). La posizione ufficiale della Chiesa greca resta dura e si evidenzia particolarmente nella dichiarazione dei monaci del Monte Athos sul documento di Balamand: le nostre Chiese (ortodossa e cattolica) non sono sorelle e i sacramenti cattolici sono invalidi. Invece la posizione occidentale rivela una Chiesa, nonostante tutto, più aperta verso le altre confessioni, come mostra la storia dei criteri di ecclesialità, dal concilio di Arles del 314, da Ottato di Milevi e Agosti-no fino al Vaticano II e documenti successivi.
Roma e Costantinopoli di fronte al papato: un confronto. Sotto tale titolo le ultime interessanti cento pagine affrontano coraggiosamente il problema cruciale del primato del vescovo di Roma, precisando i presupposti storici confluiti nella convinzione bizantina che l’imperatore è l’unico vero «vicario di Cristo» in terra: in tale convinzione sta il profondo motivo di rifiuto dei greci verso il papato. Fino al secolo XII possiamo tuttavia trovare persino documenti ecumenici che attestano una situazione di comunione quasi «normale» tra le Chiese: ogni primato però viene situato in un contesto collegiale accanto e non al di sopra degli altri patriarchi (cfr. p. 207). Ma dalla riforma gregoriana in Occidente si profila uno scontro politico-religioso soprattutto dipendente dal peso radicalmente differente che le due tradizioni accordano all’autorità imperiale: in Oriente il principio politico come fonte di giurisdizione ha soppiantato il principio religioso o petrino. Le Chiese si scoprono divise perché diviso è l’impero già con la “colpevole” incoronazione di Carlo Magno da parte del papa. Con Innocenzo III e il patriarca Giovanni X Camateros lo scontro si fa ecclesiologico-politico in uno scambio epistolare gravido di teologia, da cui si evidenzia un dialogo tra sordi: una ecclesiologia imperiale e una ecclesiologia papale non possono trovare un punto di incontro, ostacolato anche dalle difficoltà di linguaggio teologico-giuridico e dai disastri prodotti dai crociati nel saccheggio “fratricida” di Costantinopoli del 1204.
Le considerazioni conclusive di Spiteris sintetizzano le reciproche difficoltà teologiche, che per i greci si chiamano pentarchia (o collegialità) e impero. L’impegno per noi latini può tradursi nella distin-zione più netta tra il servizio petrino e il papato come si è configurato nel medioevo occidentale. Ma an-che per gli ortodossi si impone qualche domanda imbarazzante sul valore attuale dell’ideologia politico-imperiale, come la domanda posta da Congar: dov’è oggi il basileus?
Anche su queste trecento pagine, in testo e in nota, abbiamo lasciato più di un segno colorato, invitante a rivedere qualche passaggio particolarmente nuovo e interessante dello studio di Spiteris, che suona spesso, anche per un insegnante di teologia, impegno a conoscersi meglio tra cristiani: i fattori non teologici condizionano una possibile riconciliazione molto più di quanto si pensasse qualche decennio fa. Spiteris aiuta a rompere stereotipi delle tradizioni confessionali, spesso tramandati acriticamente, e indica sentieri di approfondimento documentato. In più, la chiarezza scolastica tipica di un docente sopporta volentieri ripetizioni e integrazioni presenti nel volume, senza mai diventare noiose anche perché la storia delle idee e dei fatti dà una mano alla teologia. Per dimostrare l’attenzione con cui abbiamo affrontato la lettura del volume, segnaliamo due possibili miglioramenti terminologici in vista di una seconda edizione: a p. 101 nota 39 noi scriveremmo “in sottordine il comando dato da Cristo” al posto di “nel sottofondo”; a p 146 verso la fine noi tradurremmo con “tracce” il termine “vestigia” e non con “rimasugli”, anche se poi il tutto è spiegato alla luce della traduzione calvinista ricordata a p. 172. Per il resto ci si può associare al ringraziamento espresso ai «ripulitori» di p. 14 nota 4: naturalmente il ringraziamento si allarga almeno all’Autore, nella speranza che il nuovo ministero episcopale non lo assorba interamente, allontanandolo dal ministero teologico diretto.
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" 2005, nr. 1
(http://www.fttr.glauco.it/pls/fttr/V3_S2EW_CONSULTAZIONE.mostra_pagina?id_pagina=271)
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