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L'idea di sacrificio. Un approccio di teologia liturgica. Atti del Convegno (Trento, 23-24 maggio 2001)
(Scienze religiose)EAN 9788810403815
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Tipo
Libro
Titolo
L'idea di sacrificio. Un approccio di teologia liturgica. Atti del Convegno (Trento, 23-24 maggio 2001)
A cura di
Enrico Mazza
Editore
Edizioni Dehoniane Bologna
EAN
9788810403815
Pagine
160
Data
gennaio 2002
Peso
198 grammi
Altezza
21 cm
Larghezza
14 cm
Collana
Scienze religiose
COMMENTI DEI LETTORI A «L'idea di sacrificio. Un approccio di teologia liturgica. Atti del Convegno (Trento, 23-24 maggio 2001)»
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Recensioni di riviste specialistiche su «L'idea di sacrificio. Un approccio di teologia liturgica. Atti del Convegno (Trento, 23-24 maggio 2001)»
Recensione di Ermanno Roberto Tura della rivista Studia Patavina
Il vivace Istituto trentino di Cultura non si è lasciato sfuggire l’occasione di rivisitare uno dei temi più studiati nella cultura contemporanea europea: il sacrificio infatti si propone come tema-crocevia a cui discipline diverse porgono attenzione, ben oltre i confini di una semplice indagine teologica cristiana, già di per sé interessante. L’agile volume edito dai Dehoniani di Bologna riporta, a un anno di distanza dalla “celebrazione”, le relazioni offerte al Convegno organizzato sull’argomento dall’ITC-isr (Centro per le Scienze Religiose in Trento), riproponendo così a un pubblico più vasto la centralità del tema sacrificale sotto la molteplice angolatura teologica, biblica, antropologica e liturgica. Il sottotitolo, a un primo sguardo superficiale, può suonare quasi limitativo degli orizzonti che in realtà lievitano i vari contributi, i quali lasciano addirittura intravedere ulteriori dimensioni quali quella anamnetica, ecumenica e politica, come giustamente A. Autiero esplicita nella introduzione. Il volume può dunque diventare stimolo a rav-vivare anche queste prospettive valorizzanti ulteriormente lo snodo del sacrificio in senso interdisciplina-re.
Il primo contributo stampato richiama le Interpretazioni teologiche del sacrificio. J. Wohlmuth documenta e sfrutta soprattutto il recente dibattito in area tedesca, registrando che “quasi ogni mese appa-re un nuovo libro sul sacrificio” (p. 17); richiama le teorie postridentine esplicitanti il concetto di sacrifi-cio e segnala il passaggio dal sacrificio rituale al puro dono, dalla violenza alla misericordia, passaggio dovuto anche alla riflessione filosofica e sociologica. La tesi conclusiva dell’a. in luce eucaristica viene espressa così a p. 33: “L’atto di mangiare e bere, con il rendimento di grazie diviene una figura estetico sacramentale dell’eucaristia. Questa è uno spezzare il pane nel senso di una reminiscenza ormai blanda dell’arcaico sacrificio di tipo violento e diviene espressione estetica della forza escatologica della morte di Gesú come pura offerta, che rende capaci di con-dividere in forza della misericordia”.
Dopo un paziente e puntuale studio lessicografico sui termini sacrificali veterotestamentari e la loro evoluzione, I. Cardellini propone la rilettura del fenomeno nella composizione sacerdotale: le venticinque pagine del secondo contributo portano infatti il titolo Sacrifici e rituali sacrificali. Rilettura del fenomeno religioso nell’opera sacerdotale. L’a. segnala conclusivamente nella celebrazione dei sacrifici una severa interiorizzazione del concetto di festa e di gioia commisurata all’intensità del rapporto con Dio, esigente purità cultuale e morale, richiesta a gran voce anche dai profeti, contro riti magici e comportamenti orgiastici e licenziosi tipici nei sacrifici cananei (cf. pp. 60-61).
Sostanzialmente alle stesse conclusioni per il NT (l’importanza centrale dell’amore al prossimo) giunge G. Barbaglio presentando Il linguaggio del culto e del ‘sacrificio’ nel Nuovo Testamento. Tralasciando uno sforzo di natura strettamente lessicografica, Barbaglio presenta da par suo una mappa dei lemmi di tipo cultuale secondo un ordine di riferimento oggettivo: parte dal vocabolario cultuale qualificante Gesú Cristo e in particolare la sua morte (prima in tutto il NT, per puntualizzare poi il dato della lettera agli Ebrei); prosegue con le forme lessicali qualificanti la cena del Signore; in terzo luogo offre una panoramica dei lemmi cultuali applicati alla realtà cristiana e all’azione missionaria di Paolo.
P. Dondelinger, per illustrare la complessità del sacrificio come dato antropologico, allarga l’orizzonte assumendo e mettendo in conto i dati empirici per rispondere senza definizioni precostituite alla domanda: quale azione costituisce un sacrificio e quale no? Sotto il titolo Il sacrificio - i sacrifici: interpretazioni antropologiche, tralasciando riferimenti a religioni lontane nello spazio e nel tempo, l’a. inizia limitandosi al cattolicesimo di rito romano per individuare dove nella messa siamo in presenza di un rito sacrificale: una pluralità di gesti e di ragioni vanno sotto la categoria sacrificale. L’a. affronta poi la questione della violenza collegata con il tema del sacrificio, individuandone alcune ragioni chiave in antropologia; mette poi a fuoco la ricerca di senso espressa in certi sacrifici e individua l’apporto del sacrificio alla cultura religiosa dell’uomo nel riconoscimento di una realtà trascendente: la forma più alta del sacrificio è l’atteggiamento spirituale di obbedienza a Dio e di compassione per l’uomo (cf. p. 116).
Conclude il volume il curatore E. Mazza studiando L’eucaristia come sacrificio nella testimonianza della tradizione anaforica. Mazza accoglie l’invito provocatorio di Giuseppe Colombo che chiede di trasferire dai teologi sistematici ai liturgisti le questioni riguardanti la sacramentalità, per esaminare alcu-ne grandi anafore dei primi quattro secoli onde mostrare quale sia l’arcaica concezione del sacrificio presente nelle preghiere eucaristiche di epoca patristica. La valutazione finale porta a rilevare che le anafore principali non dicono di offrire a Dio il sacrificio di Cristo e nemmeno di offrire il suo corpo e il suo sangue: piuttosto è la partecipazione attiva dei fedeli ad essere “costitutiva del sacrificio, dato che i doni che vengono portati all’altare sono i doni dell’assemblea e la preghiera eucaristica è l’azione di grazie e la supplica di tutta la chiesa, di cui il sacerdote è interprete” (p. 154).
Già la “celebrazione” del Convegno trentino ebbe l’onore di una buona segnalazione riassuntiva nella rivista dei Dehoniani di Bologna (cf. Il Regno-attualità nel fascicolo 14/2002, alle pp. 444 - 446): rileggerla oggi può completare le brevi annotazioni della nostra scheda, che condividono l’invito alla discrezione nell’uso troppo facile di categorie sacrificali nella tradizione teologica eucaristica del nostro Occidente.
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" 2004, nr. 3
(http://www.fttr.glauco.it/pls/fttr/V3_S2EW_CONSULTAZIONE.mostra_pagina?id_pagina=271)
Il primo contributo stampato richiama le Interpretazioni teologiche del sacrificio. J. Wohlmuth documenta e sfrutta soprattutto il recente dibattito in area tedesca, registrando che “quasi ogni mese appa-re un nuovo libro sul sacrificio” (p. 17); richiama le teorie postridentine esplicitanti il concetto di sacrifi-cio e segnala il passaggio dal sacrificio rituale al puro dono, dalla violenza alla misericordia, passaggio dovuto anche alla riflessione filosofica e sociologica. La tesi conclusiva dell’a. in luce eucaristica viene espressa così a p. 33: “L’atto di mangiare e bere, con il rendimento di grazie diviene una figura estetico sacramentale dell’eucaristia. Questa è uno spezzare il pane nel senso di una reminiscenza ormai blanda dell’arcaico sacrificio di tipo violento e diviene espressione estetica della forza escatologica della morte di Gesú come pura offerta, che rende capaci di con-dividere in forza della misericordia”.
Dopo un paziente e puntuale studio lessicografico sui termini sacrificali veterotestamentari e la loro evoluzione, I. Cardellini propone la rilettura del fenomeno nella composizione sacerdotale: le venticinque pagine del secondo contributo portano infatti il titolo Sacrifici e rituali sacrificali. Rilettura del fenomeno religioso nell’opera sacerdotale. L’a. segnala conclusivamente nella celebrazione dei sacrifici una severa interiorizzazione del concetto di festa e di gioia commisurata all’intensità del rapporto con Dio, esigente purità cultuale e morale, richiesta a gran voce anche dai profeti, contro riti magici e comportamenti orgiastici e licenziosi tipici nei sacrifici cananei (cf. pp. 60-61).
Sostanzialmente alle stesse conclusioni per il NT (l’importanza centrale dell’amore al prossimo) giunge G. Barbaglio presentando Il linguaggio del culto e del ‘sacrificio’ nel Nuovo Testamento. Tralasciando uno sforzo di natura strettamente lessicografica, Barbaglio presenta da par suo una mappa dei lemmi di tipo cultuale secondo un ordine di riferimento oggettivo: parte dal vocabolario cultuale qualificante Gesú Cristo e in particolare la sua morte (prima in tutto il NT, per puntualizzare poi il dato della lettera agli Ebrei); prosegue con le forme lessicali qualificanti la cena del Signore; in terzo luogo offre una panoramica dei lemmi cultuali applicati alla realtà cristiana e all’azione missionaria di Paolo.
P. Dondelinger, per illustrare la complessità del sacrificio come dato antropologico, allarga l’orizzonte assumendo e mettendo in conto i dati empirici per rispondere senza definizioni precostituite alla domanda: quale azione costituisce un sacrificio e quale no? Sotto il titolo Il sacrificio - i sacrifici: interpretazioni antropologiche, tralasciando riferimenti a religioni lontane nello spazio e nel tempo, l’a. inizia limitandosi al cattolicesimo di rito romano per individuare dove nella messa siamo in presenza di un rito sacrificale: una pluralità di gesti e di ragioni vanno sotto la categoria sacrificale. L’a. affronta poi la questione della violenza collegata con il tema del sacrificio, individuandone alcune ragioni chiave in antropologia; mette poi a fuoco la ricerca di senso espressa in certi sacrifici e individua l’apporto del sacrificio alla cultura religiosa dell’uomo nel riconoscimento di una realtà trascendente: la forma più alta del sacrificio è l’atteggiamento spirituale di obbedienza a Dio e di compassione per l’uomo (cf. p. 116).
Conclude il volume il curatore E. Mazza studiando L’eucaristia come sacrificio nella testimonianza della tradizione anaforica. Mazza accoglie l’invito provocatorio di Giuseppe Colombo che chiede di trasferire dai teologi sistematici ai liturgisti le questioni riguardanti la sacramentalità, per esaminare alcu-ne grandi anafore dei primi quattro secoli onde mostrare quale sia l’arcaica concezione del sacrificio presente nelle preghiere eucaristiche di epoca patristica. La valutazione finale porta a rilevare che le anafore principali non dicono di offrire a Dio il sacrificio di Cristo e nemmeno di offrire il suo corpo e il suo sangue: piuttosto è la partecipazione attiva dei fedeli ad essere “costitutiva del sacrificio, dato che i doni che vengono portati all’altare sono i doni dell’assemblea e la preghiera eucaristica è l’azione di grazie e la supplica di tutta la chiesa, di cui il sacerdote è interprete” (p. 154).
Già la “celebrazione” del Convegno trentino ebbe l’onore di una buona segnalazione riassuntiva nella rivista dei Dehoniani di Bologna (cf. Il Regno-attualità nel fascicolo 14/2002, alle pp. 444 - 446): rileggerla oggi può completare le brevi annotazioni della nostra scheda, che condividono l’invito alla discrezione nell’uso troppo facile di categorie sacrificali nella tradizione teologica eucaristica del nostro Occidente.
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" 2004, nr. 3
(http://www.fttr.glauco.it/pls/fttr/V3_S2EW_CONSULTAZIONE.mostra_pagina?id_pagina=271)
LIBRI AFFINI A «L'idea di sacrificio. Un approccio di teologia liturgica. Atti del Convegno (Trento, 23-24 maggio 2001)»
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