Credo la santa Chiesa cattolica, la comunione dei santi
(Biblioteca di ricerche teologiche)EAN 9788810401644
I saggi raccolti nel vol. sono i contributi offerti al XII Simposio della SIRT in collaborazione con il Progetto culturale della CEI: essi vertono attorno al 9° articolo del Simbolo apostolico, «Credo la santa Chiesa cattolica, la comunione dei santi», dato essenziale della fede cristiana oggi fortemente messo in questione, entrato anch’esso nelle dinamiche disgregatrici della società «liquida». Lo sforzo di tutti gli studiosi è quello di ridire Dio nel contesto spazio-temporale in cui oggi si vive, affinché la professione di fede possa ancora essere reale strumento di trasmissione della medesima nel mutato contesto culturale.
Tratto dalla Rivista Il Regno 2011 n. 10
(http://www.ilregno.it)
È questa la pubblicazione degli atti del Simposio della SIRT tenuto dal 26 al 30 luglio 2007 a Nova Ponente (BZ). Lo scopo è fornire una lettura teologica del nono articolo del Simbolo della fede. Ben si sa quanto proprio l’aspetto ecclesiologico della dottrina cristiana sia oggi messo in questione, nonché sfidato alla radice dall’individualismo contemporaneo che penetra persino l’ethos di molti cristiani. Questo volume va letto in sequenza con il precedente Chiesa e profezia, del 1996.
Aprono il libro due capitoli liminari. Dapprima C. Valenziano percorre, attraverso la via pulchritudinis (ossia il rinvenimento della verità della fede attraverso la bellezza documentata dall’arte e dalla liturgia cristiana), vari commenti al credo ecclesiam: sono interpellati soprattutto Ireneo, Cipriano, Alcuino, Caterina da Siena, Erasmo e Gertrude von Le Fort. Sullo sfondo sono gli affreschi del battistero della cattedrale di Siena riprodotti tra le pp. 16 e 17 in quattro belle tavole. Il secondo cap. è uno status quaestionis proposto da C. Caltagirone. Suggestiva la visione della cattolicità recuperata da M.A. Fahey sulla falsariga di Ef 3,18, in cui l’altezza dice la provenienza da Dio di un dono che deve penetrare nel profondo dell’umanità, mentre la lunghezza e la larghezza evocano il protrarsi nel tempo e nello spazio del messaggio cristiano (La cattolicità della Chiesa nel Nuovo Testamento e nel periodo patristico primitivo, in Chiese locali e cattolicità, EDB, Bologna 1994, 68-69; cit. 51s). Nel cap. III S. Dianich (59-70) si interroga sul “senso” che ha la Chiesa. Dopo aver richiamato alcune diverse sensibilità (mistica, sociologica, soggettivista) nonché la percezione della Chiesa nella mentalità occidentale e nella ricerca storico-sociologica, si risponde all’istanza rifacendosi alla triade conciliare Chiesa-mondo-Regno, per cui, in definitiva, il senso della Chiesa è di essere germe del Regno, ossia di una umanità veramente unificata (cf. LG 5).
L. Meddi (71-111) esplora la dimensione missionaria della Chiesa e le sue concrete ricadute pastorali. A seguito del Vaticano II, il tema dell’ecclesiogenesi come concreto momento kerygmatico ha contribuito a superare impianti ecclesiocentirci e giuridici per orientare verso modelli più “comunicativi”. In tale prospettiva la Chiesa, anche nel suo inveramento locale come parrocchia, dovrà palesarsi come luogo di esercizio comunitario dei tre munera messianici. Solo in questa ottica esistenziale e genuinamente apostolica andrebbe rinvenuto il criterio di vera appartenenza ecclesiale. Si caldeggia infine l’emergere di una Chiesa che dia spazio a piccole comunità in cui la varietà dei ministeri sia debitamente vissuta nella centralità della liturgia e in unione con le iniziative episcopali orientate in senso di sussidiarietà e collegialità (110s).
La seconda parte si pone alla ricerca di un “modello” per la Chiesa. Si confrontano due prospettive dal punto d’avvio contrapposto: priorità al carisma è tributata con forza da Cettina Militello (115ss), che esalta l’operato del Vaticano II e invita a scorgere l’unità tra carisma e istituzione nell’autentico vissuto liturgico. Da parte sua, mons. D. Mogavero (127ss) percorre la via che dall’istituzione (episcopale) porta al riconoscimento del carisma; a seguito di Cipriano e della Christus Dominus, egli pone l’accento sulla reciprocità tra vescovo e chiesa locale e vede negli organismi collegiali (consigli presbiterale e pastorale, sinodi, concili…) dei luoghi di possibile “epifania del carisma”.
La terza parte è dedicata al tema della cattolicità. Assai originale risulta il dare la parola a prospettive confessionalmente diverse. G. Cereti (145ss) espone il punto di vista cattolico; P. Ricca (171ss) quello riformato e Anastasia Vassiliadou (181ss) quello ortodosso.
Cereti richiama, con Y. Congar, oltre al senso di universalità geografica, il plesso di significati di cattolicità come pienezza di fede, di grazia e verità. Egli non manca di rilevare quanto la divisione tra cristiani o talune discriminazioni costituiscano delle ferite alla testimonianza della vera cattolicità. In definitiva questa è comunione nella diversità tra comunità ecclesiali così come tra fratelli e sorelle e deve portare a valorizzare le peculiarità, senza che queste si irrigidiscano in settarismi. In merito alle altre chiese cristiane, Cereti è del parere che si possa promuovere un’unità differenziata, ossia “graduale”, accogliente verso diverse sottolineature, con la consapevolezza che la piena cattolicità ci sta davanti come meta escatologica.
Il valdese P. Ricca propone, con dovizia di citazioni, i passi più salienti della tradizione luterana e calvinista sulla nota della cattolicità. Per Lutero e Calvino essa designa soprattutto la vera universalità della Chiesa, che non può ridursi a denominazioni né personali (se non di Cristo stesso) né geografiche. Degno di menzione, sulla scorta di Moltmann, il riferimento al deficit di cattolicità finché la Chiesa sarà solo di nationes e non comprenderà pure la pienezza d’Israele (cf. La Chiesa nella forza dello Spirito, Queriniana, Brescia 1976, 449; cit. 178).
La relazione di Vassiliadou (purtroppo priva di apparato critico) rileva soprattutto la prospettiva eucaristica, nella scia di autori come Florovsky, Zizioulas e Vassiliadis. Questo aspetto, fedele al dato biblico, radica la Chiesa nella sua dimensione locale, ma comporta pure un intrinseco dinamismo escatologico.
Il contributo di chiusura di A. Maffeis (La communio sanctorum nel dialogo ecclesiologico tra le tradizioni cristiane, 193-237) è quello più corposo. Si tratta di una ricognizione ad ampio raggio della ricezione ecumenica di questo punto specifico del Credo. Si esaminano in sequenza le tradizioni evangelica (Althaus, Barth e Bonhöffer), cattolica (Piolanti, Mersch, de Lubac, Ratzinger, Hertling, Congar, Tillard, Dulles) e ortodossa (Afanassieff, Florovsky, Zizioulas). L’ecumenista prosegue ripercorrendo la concezione della comunione dei santi nel dialogo tra le Chiese, sia in Fede e costituzione che nei dialoghi bilaterali. Spicca il documento cattolico-luterano del 2000, Communio sanctorum (cf. il testo italiano curato dallo Stesso, Morcelliana, Brescia 2003) in cui il tema della comunione è la categoria centrale non solo per l’ecclesiologia, ma anche per l’antropologia (giustificazione).
Dal breve testo di appendice di L. M. Pinkus sulla dimensione psico-sociale della Chiesa locale (239-246) si evince quanto una vera esperienza ecclesiale possa costituire un autentico modo di vivere una sana relazionalità al riparo dalle esiziali tendenze alla passiva e dipendente affiliazione (Io soggetto degli altri), al desiderio di potere e di prestigio (Io sopra gli altri), o all’achievement individualistico (Io a prescindere dagli altri). La vera ecclesialità o fraternità cristiana suppone invece una maturità relazionale, ovvero una «capacità di rapporti di interdipendenza o di reciprocità» (244).
Dal punto di vista euristico notiamo che per quanto concerne la riflessione cattolica si sarebbe forse dovuto menzionare l’imponente e storico lavoro di Ch. Journet, L’Eglise du Verbe incarné, che definiva la cattolicità come «il Dio d’Amore che attraverso la Croce abbraccia l’umanità» (Desclée de Brouwer, Paris 1941, t. II, 1199); ma anche il più recente saggio di E. Scognamiglio (Catholica. Cum ecclesia et cum mundo, Messaggero, Padova 2004). Siamo comunque grati ai curatori per lo sforzo profuso nel riproporre questi testi degni di attenzione da parte degli ecclesiologi.
Tratto dalla rivista Lateranum n. 3/2012
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