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I salmi. Testo poetico esistenza vissuta
(Testi e commenti)EAN 9788810206515
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Tipo
Libro
Titolo
I salmi. Testo poetico esistenza vissuta
Autori
Barbaglio Giuseppe, Commissari Luigi
Editore
Edizioni Dehoniane Bologna
EAN
9788810206515
Pagine
304
Data
gennaio 2008
Peso
460 grammi
Altezza
24 cm
Larghezza
17 cm
Collana
Testi e commenti
COMMENTI DEI LETTORI A «I salmi. Testo poetico esistenza vissuta»
Recensioni di riviste specialistiche su «I salmi. Testo poetico esistenza vissuta»
Recensione della rivista Il Regno
Frutto della proficua collaborazione tra Giuseppe Barbaglio (scomparso nel 2007) e Luigi Commissari, il vol. offre al lettore un’introduzione essenziale e chiarissima, nonché una traduzione di tutti i Salmi, corredata, ove necessario, di brevissime note testuali. La traduzione procede in stretta aderenza con l’ebraico ed è tutta tesa a rendere l’efficacia e l’asprezza di una lingua senza astratti e senza subordinazioni nel periodare. Ne scaturisce una versione poetica, fedele ed efficace nella resa, capace di svelare concetti e immagini altrimenti irrimediabilmente perduti.
Tratto dalla Rivista Il Regno 2008 n. 4
(http://www.ilregno.it)
Tratto dalla Rivista Il Regno 2008 n. 4
(http://www.ilregno.it)
Recensione di Giuseppe Cremascoli della rivista Il Regno
Ci si rende immediatamente conto che, per i due personaggi a cui dobbiamo questa nuova versione dei Salmi, la preghiera dell’antico Israele è stata, per tutta la vita, fremito incessante dell’anima, nella condizione spirituale ben nota all’uomo che si sente in ogni attimo «balzato nel mistero dell’Altissimo, annidato all’ombra dell’Onnipotente ». Nell’introduzione al volume vengono descritti alcuni tratti caratteristici della poesia ebraica, fra cui soprattutto il parallelismo. Tra i Salmi ha grande importanza il gruppo degliinni, da cui, nella tradizione ebraica, prese il nome tutta la raccolta. Sono, poi, indicati i canti, sia individuali sia collettivi, di lamento, ringraziamento e fiducia, i Salmi regali, ove il re d’Israele è esaltato, ma mai raggiunto da un processo di deificazione, quelli di Sion e i sapienziali o didattici, in cui spicca il gran tema della fedeltà a Dio e dell’obbedienza al suo volere. La lettura cristiana dei Salmi ha alla base il dato di fede che indica, nel fluire dei secoli, il compiersi di tutto il progetto divino nell’invio, da parte del Padre, dell’Unigenito, per l’universale salvezza. La versione si ispira al criterio, esplicitamente annunciato, di attenersi a una «fedeltà sostanziale al testo ebraico, evitando da un lato schiavistiche dipendenze e comode libertà soggettive dall’altro» (12). In ogni caso, comunque, il lettore avverte il fascino di un testo reso, nella nostra lingua, con raffinatezza e splendore, ove nella parola, levigata e composta, lo scintillio delle immagini è il segno dello sforzo tenace di raggiungere, per quanto ci è dato, il sovrumano e il divino. Il cammino è quello «nuovo e antico della preghiera e della poesia», a cui nelle ombre del terrestre viaggio si accede per vivere esperienze assolutamente coinvolgenti e trasumananti. Gli esperti potranno descrivere con maggiore competenza i criteri di elaborazione poetica seguiti nella versione del testo. Qui si nota il ricorso frequente alla tecnica dell’identificazione dell’orante con la vicenda da lui stesso vissuta e tradotta in ardore di supplica: «Nel tormento preghiera fui al Signore, grido / alto al mio Dio». L’intensità dei sentimenti e il loro insediarsi nell’anima con potenza come di folgore, suggeriscono l’uso frequente di ellissi, nel desiderio di ridurre ai mezzi essenziali le forme del linguaggio: «Per l’infuriare di te tempesta / nessun brandello sano la mia carne; / per l’infuriare dei miei peccati, le mie ossa / nessun frammento intatto ». La natura e l’universo delle cose concrete ispirano immagini di grande forza espressiva, anche per sentimenti intrisi di qualche aspetto di violenza. Per i nemici, ad esempio, esplode l’auspicio che «nel cappio del proprio orgoglio si impicchino», ma ogni pensiero è poi ricondotto nei solchi della fede e dell’abbandono a Dio, la cui potenza è salvezza, come rugiada per la terra riarsa: «Il tuo popolo irrora di tua benedizione». L’uomo, del resto, è «brivido di vento», raggiunto da angosce e da prove, così da aver spesso «l’occhio da tristezza disfatto». Nell’infittirsi delle ombre, l’Adamo di tutti i tempi supplica l’Eterno con accorata parola: «Il tuo volto non velarmi di buio», e sente vibrare ogni slancio dell’anima al ricordo di Gerusalemme, la città santa, sognata come oasi di giorni sereni, trascorsial riparo di solide mura e di superbe dimore: «Pace serrino le tue / mura, pace i tuoi palazzi». Il pio israelita sente l’arco dei giorni a lui concessi come stretti in un vincolo indissolubile con l’Onnipotente, e l’esperienza del tempio diventa fonte di felicità nell’arsura dell’anima oppressa dalla sensazione della solitudine e del deserto: «Sabbia di deserto io, aridità, assenza d’acqua. / E così nel tempio, tue sante mura / io ti ho cercato per bearmi / della potenza, della gloria tua». Da questa condizione spirituale sgorga un atteggiamento d’ininterrotta supplica, spesso sull’onda di metafore e di simboli suggeriti dalla vita della natura, con quanto c’è in essa di dolce e di aspro, di confortevole e di angosciante per noi: «Tu il mio rifugio / tu l’oasi mia nella terra dei vivi». Con altre immagini l’orante esalta l’Onnipotente che è «impervia rupe» e «fortificata rocca», fonte, quindi, di sicurezza e rifugio nella trama dei nostri giorni che passano, antidoto di eternità per la creatura, che è come foglia che il vento disperde: «Il Signore è re per età perenni / per secoli infiniti». Impasto di fragilità e risucchiato nei gorghi del tempo che fugge e divora ogni cosa («agonia d’ombra i miei / giorni ed io in pallore d’erba»), l’uomo di fede si pone in comunione perenne con Dio, a cui chiede, con flebile voce e accorati accenti, di essere esaudito e accolto: «Di me, Signore, il mormorio ascolta; / ghermisci il mio sussurro». L’invocazione a Dio è vissuta come fremito perenne dell’anima, nel desiderio che essa trabocchi con forza inesausta, come viatico nell’intreccio delle opere e dei giorni: «Zampillo di lode siano le mie labbra». La lettura del volume è stata, per l’autore della presente nota, un’esperienza fra le più coinvolgenti della vita. Come per gli autori del libro, la preghiera dell’antico Israele è stata per lui luce e forza per la lunga serie di anni ormai trascorsi, sino alle ombre del vespro e dall’incanto della prima età. Le strade che si percorrono, nel succedersi dei giorni, sono avvolte nel mistero e tutti ne sperimentiamo i labirinti e gli anfratti. Il Signore ci ha concesso di non distogliere – di fatto – lo sguardo dalla città santa, dalla Gerusalemme della Terra e da quella del cielo, nella costante ricerca di una strada che fosse (almeno nella speranza) la più adatta per giungervi, così da essere accolti fra le sua mura e all’ombra dei suoi baluardi.
Tratto dalla Rivista Il Regno 2008 n. 10
(http://www.ilregno.it)
Tratto dalla Rivista Il Regno 2008 n. 10
(http://www.ilregno.it)
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Rosario Ranzani il 16 settembre 2017 alle 14:17 ha scritto:
Studio a cura di due esperti in materia, un biblista e un letterato: approccio culturale, oltre che di fede. Originale traduzione dei testi, poetica e pregnante. Molto interessante il risultato.