La terza nazione del mondo. I disabili tra pregiudizio e realtà
(Serie bianca)EAN 9788807171673
Di loro non si parla quasi mai. Ma sono così tanti che se abitassero tutti insieme sarebbero la terza nazione più popolosa al mondo, dopo Cina e India. Sono 650 milioni di persone in tutto in mondo, sei milioni in Italia, la seconda regione per numero di abitanti dopo la Lombardia. A riportare in prima pagina le persone disabili e la disabilità ci ha pensato Oscar Pistorius, l’atleta sudafricano che con la sua corsa resa possibile da due protesi alle gambe ha sfidato la Federazione internazionale di atletica leggera, che lo aveva inizialmente escluso dalla possibilità di correre alle Olimpiadi. La sua vicenda ha significato un’esposizione mediatica certamente inusuale, ma ugualmente incapace di andare oltre la storia del campione paralimpico per dare coordinate di comprensione e chiavi di lettura sull’intero universo della disabilità.
A coprire questo spazio, con le pagine di questo saggio, ci pensa un altro sportivo, Matteo Schianchi, negli anni scorsi capace di vincere ben diciotto titoli di campione italiano di nuoto, partecipando con la nazionale azzurra anche ai campionati europei e mondiali riservati alle persone con disabilità. Laureato in storia contemporanea, Schianchi svolge attività di ricerca storica fra l’Italia e la Francia, dove è di casa all’École des hautes études en sciences sociales di Parigi. A pubblicare la sua opera, che unisce la perizia dell’esperto alla capacità dello scrittore intenzionato alla divulgazione, è Feltrinelli, che sceglie così nella sua «Serie bianca» di dare spazio a una tematica più volte trascurata anche da molta parte del giornalismo sociale, normalmente più inte- ressato a trattare di immigrazione, povertà ed emarginazione in senso stretto.
Quello di Schianchi è il racconto della realtà dell’essere e del pensarsi disabile, mai autobiografico ma capace ugualmente di passare in rassegna tutti gli aspetti – anche quelli più nascosti – della disabilità. L’handicap, nella vita di ciascuno, è solo un’eventualità, ma scombina totalmente il nostro universo mentale e, rimandando il pensiero alla nostra vulnerabilità, ci rammenta la precarietà del corpo e dell’immagine. Per questo, ancora oggi, o forse soprattutto oggi, esso scatena timore, paura, repulsione. E si concretizza, generalmente, in un pregiudizio e in un rifiuto che si esprimono nella forma velata di un pietismo che manifesta scarsa conoscenza e induce nel disabile stesso una profonda autocommiserazione.
Ne viene fuori un’analisi impietosa ma veritiera sulle difficoltà di relazione umana e d’inclusione sociale, una riflessione a tutto tondo sul linguaggio, sui percorsi storici di accettazione e integrazione, sulle prospettive della moderna tecnologia e sulle sue profonde conseguenze sociali. Il tutto a partire da un fondamentale assunto: quello per cui la condizione del disabile, così come del resto quella del normale, non nasce da specifiche proprietà delle persone, ma è il prodotto di un punto di vista, l’esito di concrete relazioni sociali.
Il dato di partenza è però un altro: l’avvento della disabilità e la presa di consape- volezza della sua presenza (sia nei casi in cui essa è presente fin dalla nascita, sia nel caso si manifesti più avanti, magari in modo improvviso come conseguenza di un inci- dente invalidante) è sempre per la persona un trauma colossale, uno sconvolgimento totale della vita, un vero e proprio lutto che ha bisogno di un’elaborazione.
È lontano anni luce dalla realtà viva delle dinamiche personali il pensiero che in modo sereno ed equilibrato si possa facilmente convivere con un così forte cambiamento di prospettiva sulla propria esistenza: l’operazione della presa di coscienza è nient’affatto semplice e produce una fortissima lotta interiore, dalla quale non sempre – e in ogni caso non subito – si esce vincitori. Ciò detto, sottolinea Schianchi, non c’è nessuna linea diretta di causa-effetto fra disabilità e depressione, per quanto nel corso dei secoli (e ancora oggi) le persone disabili non siano affatto state aiutate da un contesto sociale colmo di pregiudizi e zeppo di stereotipi, abituato ad approcciarsi alla disabilità con fare stigmatizzante. Dinamiche sociali capaci di conseguenze rovinose sulla vita delle persone.
L’autore, in questo senso, passa in rassegna i passi compiuti negli ultimi due millenni, dal mondo romano e greco al Medioevo, dalla «mostra delle atrocità» che caratterizzava l’Ottocento (i disabili visti con ribrezzo e semmai esibiti solo come fenomeni da baraccone nelle feste di piazza come al circo) fino allo stato sociale, al loro ingresso nel cinema e nei media, al dibattito sempre vivo fra assistenzialismo, integrazione sociale e protagonismo.
Risorse insufficienti, leggi ottime ma parzialmente o per nulla applicate, mancanza di strategie e di politiche efficaci sono le costanti nelle quali la disabilità si muove oggi nel nostro paese, ancora in larga misura incapace di esprimere una cultura dell’handicap che sappia mutare gli sguardi e anestetizzare i pregiudizi, le paure e i luoghi comuni. E sarà già una grande vittoria – sottolinea Schianchi – riuscire a fare in modo che la rivoluzione tecnologica che promette di cambiare il futuro con protesi ogni giorno più sofisticate e capaci d’infrangere le comuni barriere possa recare vantaggi non solo a pochi Pistorius, ma anche a quella vasta, enorme platea alla quale abbiamo imparato a pensare come «la terza nazione del mondo».
Tratto dalla Rivista Il Regno 2009 n. 8
(http://www.ilregno.it)
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