Afghanistan, anni novanta. Alì è un ragazzino che trascorre le giornate tirando calci a un pallone con il suo amico Ahmed, in una Kabul devastata dalla lotta tra fazioni, ma non ancora in mano ai talebani. La città non è sempre stata così cupa, gli racconta suo padre, ma ad Alì, che non ha mai visto altro, la guerra fa comunque meno paura delle sgridate del maestro o dei rimproveri della madre. Il giorno in cui, di ritorno da scuola, trova un mucchio di macerie al posto della casa di famiglia, quella fragile bolla di felicità si spezza per sempre. Convinto di aver solo sbagliato strada, si siede su un muretto e aspettaMohammed, il suo fratello maggiore, a cui spetta il compito di spiegargli che la casa è stata colpita da un missile e che i genitori sono morti. Non c’è più niente per loro in Afghanistan, nessun futuro e nessun affetto, ma “noi siamo come uccelli e voliamo lontano” gli dice Mohammed, che lo convince a scappare. In quello stesso istante, l’istante in cui inizia il loro grande viaggio, distesi in mezzo ai bagagli sul portapacchi di un furgone lanciato verso il Pakistan, il diciassettenne Mohammed diventa per Alì un padre, il miglior amico e, infine, un eroe disposto a tutto pur di mantenere la promessa fattagli alla partenza: Alì tornerà a essere libero e a guardare le stelle, come faceva da bambino quando il padre gli spiegava le costellazioni sul tetto di casa nelle sere d’estate. Dal Pakistan all’Iran, e poi dall’Iran alla Turchia, alla Grecia e infine al nostro paese, quella di Alì e Mohammed è un’epopea tragica, ma anche una meravigliosa storia di coraggio, determinazione e ottimismo. Perché Alì, rimasto solo, riuscirà a raggiungere Roma, deciso a realizzare i sogni di tutti quelli che ha incontrato lungo la strada e che, a differenza sua, non ce l’hanno fatta.