"Io voglio cambiarlo, questo mondo sporco, o almeno cambiare me, che forse è anche più difficile." Abram Singer è un prete, un uomo che ha deciso di vivere per misurarsi con qualcosa più grande di lui, di credere in qualcosa per cui valga la pena di spendere l'intera esistenza. Questa è la lezione che ha appreso da sua madre, che lo ha cresciuto da sola dopo averlo concepito durante la passione breve e intensissima con un attore ebreo, artista di strada capace di costruire mondi interi con le parole. Così, nonostante le origini ebraiche testimoniate dal nome, Abram è entrato in seminario ed è diventato sacerdote, scegliendo di portare avanti il suo cammino pastorale e spirituale nel cuore di una città brulicante di vita come la New York degli anni Settanta. Lì trascorre le sue giornate in un impegno militante per gli ultimi della terra. Ma Abram è anche un uomo innamorato, di un amore terreno e carnale, per lui tormento ed estasi. Lisa accetta che lui sia un sacerdote, non gli chiede di scegliere, di lasciare l'abito. Lo ama nella sua fragilità e si lascia amare da lui quanto e come può. Al punto da rinunciare al figlio che hanno concepito. Un amore immenso e vissuto con strazio ogni giorno. Fino a che Lisa non si ammala, e Abram è il solo che possa starle vicino. Con questo indimenticabile ritratto di un sacerdote, "uomo come e più di tutti gli altri", Antonio Monda si addentra nel territorio complesso e doloroso delle contraddizioni umane, mostrandoci come la fede, lungi dall'essere un'esperienza rassicurante, sia in realtà un cammino tormentato, costellato di cadute. L'indegno – nuovo capitolo della grande saga di Monda sul ventesimo secolo newyorkese – è un romanzo breve e avvincente e al tempo stesso una meditazione profonda e perturbante sul rapporto tra esistenza mondana e vita spirituale, tra tensione verso l'assoluto e fiducia nella positività della vita. Un libro che pone interrogativi irrisolti e non risolvibili sul significato della colpa e del peccato, su quanto distingue la convenzione e la vocazione, sulla grandezza degli esseri umani, che sempre nasce dall'impasto di splendore e miseria di cui sono composti.