Trattati d'amore cristiani del XII secolo. Testo latino a fronte
(Scrittori greci e latini)EAN 9788804573845
Nel XII sec., quando i trovatori celebravano l’amor cortese, i romanzi narravano le vicende sentimentali di Tristano e Isotta ed Eloisa e Abelardo vivevano una relazione appassionata, venivano anche elaborate affascinanti teorie sull’amore mistico (che influenzano anche i trovatori). Il 1o dei due voll. della Fondazione Valla, entrambi a cura del filologo romanzo F. Zambon che correda le opere di una bella introduzione e di un ricco apparato di commento, contiene in lingua originale latina e in traduzione italiana le opere di Guglielmo di Saint-Thierry e Bernardo di Chiaravalle; il 2o quelle di Aelredo di Rievaulx, Ivo e Riccardo di San Vittore
Tratto dalla Rivista Il Regno 2009 n. 8
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Il secolo XII è passato alla storia come il secolo dell’amor cortese. Romanzi, novelle, rime, diffondono una cultura, che non di rado sfiora l’erotismo, in ambienti dominati dalla ricerca di successo nelle armi e di conquiste territoriali, fra amoreggiamenti e tradimenti coniugali. A tale clima universalmente diffuso, e favorito in ambienti colti soprattutto dalle riedizioni dell’Ars amatoria di Ovidio, si opposero letterati e uomini di Chiesa, ma in special modo i consacrati nelle varie forme di vita religiosa del tempo, che ci hanno lasciato dotte trattazioni sull’amore, che superano lo sforzo dei trobadores di presentarlo solo come un sentimento capace di nobilitare e affinare l’uomo, esaltandolo invece come via mistica di unione con Dio, ponendo a fondamento del loro dire la Scrittura.
E proprio tali autori e scrittori ecclesiastici sono stati fatti oggetto di attenzione nei due volumi di Zambon, docente di filologia romanza all’Università di Trento, che ci fa gustare (è il caso di dire) i trattati di Aelredo di Rievaulx, Ivo e Riccardo di San Vittore, Guglielmo di Saint-Thierry, Bernardo di Clairvaux, insigni nemici del razionalismo di Abelardo, iniziatori e divulgatori di una specie di apologetica e di teologia dell’amore, destinata ad avere larga risonanza. All’inizio del De natura et dignitate amoris di Guglielmo (Willelmus abbas Sancti Theodorici) si legge: «L’arte dell’amore è l’arte delle arti. Del suo insegnamento si sono incaricati la stessa natura e il suo autore, Dio – Ars est artium ars amoris, cuius magisterium ipsa sibi retinuit natura, et Deus auctor naturae». Posto a confronto con l’ovidiano: Si quis in hoc artem populo non novit amandi, | hoc legat et lecto carmine doctus amet, risalta il tecnicismo erotico dello scrittore pagano e la chiara tendenza al misticismo di quello cristiano, portata al vertice da Bernardo (Bernardus de Claravalle) nel Liber de diligendo Deo. Il commento sobrio di Zambon, relegato alla fine dei singoli volumi, è preceduto però da un’ampia e articolata introduzione generale, nella quale, tra l’altro, viene puntualizzato il significato dato al biblico «Facciamo l’uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza», l’agostiniana “regione della dissomiglianza”, il rapporto ragione-amore, l’unione mistica. Di ogni singolo autore si fa quindi un preambolo sintetico, cogliendo il tema centrale di Guglielmo nel progresso dell’amore, quello di Bernardo nei quattro gradi dell’amore, quello di Aelredo (Aelredus Rievallensis) nei tre sabbati, quello di Riccardo di San Vittore (Richardus de Sancto Victore) nei quattro gradi della violenta carità, per finire con l’agostiniano amare amorem. Dopo la bibliografia generale e le notizie relative alle edizioni di ogni singolo trattato, ogni autore è inquadrato dal punto di vista esistenziale, culturale, letterario, con ampie note bibliografiche e critiche.
Trattandosi di opere che hanno come punto di riferimento la Bibbia, o il suo sostrato, non è stata piccola impresa darne la traduzione che rispettasse tanto il senso vero quanto quello accomodatizio attribuitole dagli autori delle singole opere; valga come esempio l’inizio della Epistola ad Severinum de caritate di Ivo di San Vittore (Frater Ivo): «Al mio amico amato nel cuore di Gesù Cristo. “La mano sinistra dello Sposo sia sotto il tuo capo, e la destra ti abbracci” – Amico in Ihesu Christi visceribus dilecto. “Levam sponsi sub capite et dexteram in amplexu” (Cant. 2.6 e 8.3)». Non possiamo che augurare un’ampia diffusione a questi trattati, che indubbiamente hanno anche un aspetto di attualità e forse potranno essere di aiuto per districarsi nei contraddittori teoremi e nelle intricate vicende della odierna società, in ogni parte del mondo.
Tratto dalla rivista "Salesianum" 72 (2010) 3, 578-579
(http://las.unisal.it)
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