Credere nella crescita vocazionale della persona vuol dire aprirsi a una prospettiva di amore e speranza, che proietta ciascuno verso la realizzazione del senso profondo della propria esistenza. Quando l’individuo riconosce che tale progetto è dono di Dio, la sua risposta diventa un compito educativo da realizzare nella vita e nelle relazioni di ogni giorno. Il libro aiuta a intraprendere questo cammino formativo, evidenziando come la consapevolezza delle proprie risorse umane e l’attenzione alle competenze relazionali che facilitano un’autentica comunione alimentino la riscoperta del significato vocazionale della propria esistenza.
DESTINATARI
Accompagnatori spirituali, psicologi, educatori.
AUTORE
GIUSEPPE CREA, missionario comboniano, psicologo e psicoterapeuta, insegna presso l’Università Pontificia Salesiana oltre che al Teresianum e al Claretianum. Lavora nel campo della formazione permanente e dell’accompagnamento psicologico. Ha di recente pubblicato: Agio e disagio nel servizio pastorale (Dehoniane, Bologna 2010); con Fabrizio Mastrofini: Preti sul lettino (Giunti, Firenze 2010); Ri-umanizzare la psicoterapia (LAS, Roma 2013).
PRESENTAZIONE
di SANTIAGO GONZÀLEZ SILVA
La saggezza proverbiale afferma: «Non tutti i mali vengono per nuocere». In questi giorni di crisi, che si dilatano ben oltre il previsto, ne abbiamo una riprova dal campo editoriale. Diminuiscono le pubblicazioni e, sia lecito dirlo, non sempre si rivela un male. C’era una qualche inflazione di testi, lunghi e abbondanti nei discorsi quanto piuttosto inconcludenti. Si faticava parecchio a cogliere «tra tante voci, una», come avrebbe sognato il poeta.
Riteniamo di essere fortunati per queste pagine che ci danno una scelta fatta e misurata per noi. Dal titolo, Psicologia, spiritualità e benessere vocazionale, abbiamo un’offerta con sicuro fiuto di mercato. Ingredienti che, miscelati con abile cura, potranno riuscire gradevoli a più d’un cliente. Proprio questo ci farebbe diffidare. Sotto la carta velina potrebbe esserci niente. Volgiamo lo sguardo al sottotitolo: Percorsi educativi per una formazione permanente intesa come ricerca di senso. Qui un’elaborazione c’è stata. Troviamo tre elementi: formazione permanente, ricerca di senso e percorsi educativi. Ci vogliono tutti e tre. La formazione permanente ormai è diventata un mantra. Tutti ne parlano. Ma, diremmo, è come l’araba fenice: cosa sia nessun lo sa. Qui si avverte il punto di forza che porge a ognuno il professor Crea. Suggerisce che occorre incentrarla sulla ricerca di senso. Giusto il contrario del girare a vuoto che velocemente sta consumando quel progetto. E, allora, i percorsi educativi promettono la concretezza che vorremmo, affinché sia realmente applicabile.
Da queste premesse inizia una doverosa lettura che verifica saldi riscontri. Uno, assai convincente, di metodo. Partire dalla visione adeguata: l’uomo «unità di anima e di corpo» (GS 14). Il guadagno è doppio. Fuga impossibili dualismi, nocivi e impraticabili. Mette, inoltre, la giusta base per ogni sviluppo conseguente. Non mancano esempi di psicologia volenterosa che, dopo un protratto vagare, tenta di ricuperare il fondamento senza più riuscirvi. Soprattutto nelle applicazioni spirituali e formative, quelle correnti hanno spinto numerose avventure senza più ritorno. E ciò non significa minimamente immobilismo. Nel disegno di Dio, l’uomo è chiamato a uno sviluppo, perché la vita è vocazione.
Giunge così l’opportunità perché l’autore dispieghi una molteplice attrezzatura. Essa comprende approcci concettuali, diagnostica e strategie. Ciascun argomento viene predisposto con grande chiarezza e duttilità. Dalla crescita fino ai crocevia di maturazione, passando attraverso momenti e dinamiche conflittuali. Tuttavia la completezza non diventa mai complicazione. Il traguardo, cui si punta dall’inizio, resta visibile. Anzi, non dipende solo da ragionamenti soggettivi. Obbedisce a una precisa direttiva ecclesiale: «Fare della chiesa la casa e la scuola della comunione: ecco la grande sfida che ci sta davanti nel millennio che inizia» (NMI 43).
Sono parole incomparabili di lungimiranza profetica. Nessuna guida mondiale fu capace di esprimere altrettanto. Nella conclusione hanno per noi un duplice valore. Culminano un tracciato all’insegna della costante relazionale. Di più, Giovanni Paolo II, nella stessa lettera, volle spiegare la spiritualità di comunione in tanti risvolti dell’esistenza quotidiana. Significa innanzitutto sguardo del cuore portato sul mistero della Trinità che abita in noi, e la cui luce va colta anche sul volto dei fratelli. Percepire il fratello come «uno che mi appartiene», per saper condividere le sue gioie e le sue sofferenze, per intuire i suoi desideri e prendersi cura dei suoi bisogni, per offrirgli una vera e profonda amicizia. Vedere ciò che di positivo c’è nell’altro, per accoglierlo e valorizzarlo come dono di Dio: un «dono per me». Infine saper «fare spazio» al fratello, portando «i pesi gli uni degli altri» (Gal 6,2).
Globalità e apertura sono le caratteristiche di simile prospettiva. Individuarla come obiettivo permanente della formazione, garantisce per la vita consacrata una scommessa vincente sul futuro.
INTRODUZIONE
La realtà umana e la realtà spirituale non possono essere scisse, ma fanno parte dell’unità della persona, creata a immagine di Dio e da lui chiamata a un processo di maturazione che integri soma, psiche e spirito in un unico progetto di vita.
A partire dai diversi modelli di sviluppo, attinti da una psicologia attenta a una concezione di persona aperta alla dimensione esistenziale e spirituale, è possibile rilevare come l’unitarietà tra aspetti psicologici e cammino di fede aiuti a riscoprire il significato profondo dell’esistenza.
«Unità di anima e di corpo, l’uomo sintetizza in sé, per la stessa sua condizione corporale, gli elementi del mondo materiale, così che questi attraverso di lui toccano il loro vertice e prendono voce per lodare in libertà il Creatore». Tale unità è un obiettivo da realizzare nel cammino formativo che caratterizza l’intero ciclo di vita di ogni persona.
Alla luce di questo, nelle pagine del presente libro vengono evidenziate alcune scelte di campo necessarie perché tale itinerario educativo sia orientato al trascendente, e che potremmo sintetizzare nei seguenti punti:
• il primato di Dio nella propria vita,
• il carattere teleologico dell’esistenza umana,
• i processi di crescita come risposta vocazionale,
• il rapporto tra psicologia e fede come parte dello sviluppo integrale della persona,
• infine, il principio educativo della spiritualità di comunione.
L’essere umano, uscito dalle mani del Creatore, sperimenta continuamente il richiamo all’unità della sua natura. Con questa indole, ogni proposta educativa trova la sua completezza in un progetto più ampio, inteso a riconoscere l’azione creativa di Dio nella storia e a collaborare con lui attraverso la propria risposta vocazionale. «L’aspetto più sublime della dignità dell’uomo consiste nella sua vocazione alla comunione con Dio. Fin dal suo nascere l’uomo è invitato al dialogo con Dio».
In tale linea si collocano i diversi approcci psicologici più aperti alla trascendenza, quando scrutano le diverse dimensioni dell’animo umano a partire dalla convinzione che l’uomo non è fatto solo di pulsioni e di bisogni irrazionali, ma possiede delle aspirazioni profonde che lo aprono al significato stesso della sua vita. «L’uomo ha in realtà una legge scritta da Dio dentro al cuore», e il suo desiderio più autentico è di regolare l’intera sua esistenza sulla base di questa legge. Le scienze psicologiche possono aiutare a realizzare questo percorso, integrando i diversi aspetti della psiche con l’essere spirituale di ciascuno, per scoprire il senso vocazionale della propria esistenza e realizzarlo nella vita di ogni giorno.
Inoltre, ognuno partecipa attivamente a tale processo integrativo, vivendo uno stile di vita che sia orientato a cercare Dio negli avvenimenti della propria storia.
Accogliere questo invito vuol dire impostare la propria esistenza come una risposta vocazionale continua, forti del fatto che «nel disegno di Dio, ogni uomo è chiamato a uno sviluppo, perché ogni vita è vocazione». Vuol dire anche aprirsi a un modello evolutivo che non sia fine a se stesso ma sia inteso come crescita totale della persona, capace di abbracciare anche le sue aspirazioni spirituali e quindi il suo desiderio di comunione con Dio.
Nel concreto dell’esperienza di ogni persona, e in particolare di quanti sono chiamati a una speciale consacrazione nel servizio ministeriale, questo anelito a realizzare la propria esistenza come risposta vocazionale porta a fare i conti non soltanto con la propria realtà psico-affettiva ma anche con il proprio stile relazionale. Infatti, ogni vocazione non può essere realizzata se non in rapporto con gli altri e, nel caso specifico di un’esistenza aperta al trascendente, nel rapporto con il Totalmente Altro.
«Dire che lo sviluppo è vocazione equivale a riconoscere, da una parte, che esso nasce da un appello trascendente e, dall’altra, che è incapace di darsi da sé il proprio significato ultimo». Occorre quindi riscoprire questo bisogno relazionale, poiché è nel rapporto con l’altro che la persona ritrova il senso ultimo e definitivo della sua vita. Questa prospettiva di uno sviluppo maturativo realizzato nella comunione è un metodo di valore che caratterizza sia la crescita umana che la conversione di fede.
Inoltre è un metodo che obbliga le persone a passare dalle parole ai fatti. L’impegno a stabilire rapporti autentici comporta un aspetto operativo poiché obbliga a confrontare il proprio mondo intrapsichico, le proprie attitudini, le proprie motivazioni, con uno stile di convivenza centrato sull’amore evangelico e sulla comunione trinitaria. Solo con lo sguardo centrato sul mistero della Trinità sarà possibile armonizzare le differenze di ciascuno in un’unica prospettiva vocazionale. Soltanto così sarà possibile modificare la propria visione di sé e degli altri, assumendo quegli atteggiamenti che sono conformi a quella legge divina che Dio ha inscritto nel cuore di ogni essere vivente.
A partire da queste considerazioni, nelle pagine di questo lavoro si vogliono indicare dei percorsi educativi che aiutano a riconoscere il filo conduttore della propria storia vocazionale, in un contesto interpersonale caratterizzato dal comune desiderio di Assoluto. L’approccio psico-pedagogico privilegiato mette in evidenza come il coinvolgimento intersoggettivo educa la persona a fare esperienza di una spiritualità di comunione che aiuta a riconoscere i doni di Dio presenti nell’altro e a valorizzarli insieme per il regno di Dio. In questo itinerario ognuno è chiamato a cambiare dando il proprio contributo, impegnandosi in un processo formativo che crea armonia tra le diverse componenti di sé e il desiderio di Dio che anima l’intero processo di crescita. È questo tipo di formazione che ci auguriamo possa diventare «formazione permanente», non tanto perché fatta di belle intenzioni o di buoni propositi, ma perché capace di «formare persone solide, capaci di collaborare con gli altri e di dare un senso alla propria vita».