INDICE
Editoriale: Una preziosa eredità 3-8
GIOVANNI SALMERI
Nessuna scuola teologica senza filosofia 9-21
MAURIZIO GIROLAMI
Alveo patristico delle scuole teologiche 22-38
DAVID S. KOONCE
Scuole teologiche dal tardo Medioevo fino alla modernità (1274-1563) 39-52
GIANLUIGI PASQUALE
Soggetti e luoghi della teologia oggi. Prov(oc)are oltre le «scuole» 53-67
ALDO N. TERRIN
La solitudine della teologia 68-86
NICOLA TOVAGLIARI
Le scuole teologiche nel contesto globale ed ecumenico 87-110
SIMONA SEGOLONI RUTA
Scenario attuale delle scuole teologiche 111-123
MICAELA SORANZO
Arte e scuole teologiche 124-135
Documentazione: Jean Daniélou: «Gli orientamenti attuali del pensiero
religioso» (Gianluigi Pasquale) 137-154
Invito alla lettura (Simona Segoloni Ruta) 155-161
In libreria 162-171
Indice dell’annata 2018 173-176
EDITORIALE
Una preziosa eredità
In dulcedine societatis
quaerere veritatem1.
Il pensare teologico trovò un alveo particolarmente fecondo nelle
«scuole teologiche», istituzioni che si svilupparono soprattutto a partire
dai secoli XII-XIII, in prossimità delle chiese cattedrali o negli
Studia generalia degli ordini religiosi (monastici o mendicanti). Da
queste «scuole», in cui si promuoveva tanto la teologia che la cultura
profana, derivarono le «università» che fin dalla loro origine trovarono
sostegno e protezione nella chiesa. Fra le più note e influenti,
la «scuola» di linea platonico-francescana-bonaventuriana e quella
aristotelica-domenicana-tomista, la cui dialettica ha alimentato per
secoli la riflessione teologica.
La fioritura delle «scuole teologiche» rispondeva alle esigenze di un
contesto sociale ed ecclesiale in rapida evoluzione: un nuovo mondo si
stava affacciando e la chiesa raccolse la sfida, approntando strutture
organizzative originali e dinamiche che seppero operare attraverso il
dialogo e il discernimento dei segni dei tempi e delle diverse espressioni
culturali.
Qualcosa di analogo era già avvenuto nel cristianesimo dei primi
secoli. Si possono ricordare i didaskaleia, sorti per insegnare la sapienza
cristiana, che avrebbe dovuto ispirare la vita e il pensiero dei fedeli.
È nota la distinzione tra la scuola alessandrina, che praticava una
lettura allegorica della Scrittura, e la scuola antiochena, sostenitrice di
un’interpretazione più «letterale» dei testi biblici.
Ma le «scuole» non furono una prerogativa solo cristiana. In ambito
ebraico, ad esempio, si ebbero precedenti illustri con la «Bet Hillel», la
scuola di Hillel il Vecchio (60 a.C.-20 d.C.), aperta a tutti, la cui interpretazione
della Legge era spesso in contrapposizione a quella suggerita
dalla «Bet Shammai», la scuola fondata dal celebre rabbì Shammai
(50 a.C.-30 d.C.), riservata invece ai più meritevoli.
Le «scuole teologiche» cristiane si distinguevano per una duplice
caratterizzazione. Da un lato, il concetto di «scuola» era debitore dei
presupposti filosofici che l’animavano: ciò comportava un repertorio di
concetti condiviso e un campo di problemi o soluzioni simili. Dall’altro,
però, l’idea di «scuola teologica» rimandava anche e soprattutto a un
contesto comunitario, con la connessa idea di trasmissione di metodi,
linguaggi e stile. Da ciò è derivata l’immagine tradizionale di «scuola
teologica»: una realtà associata a un sapere coltivato e trasmesso in
luoghi controllati e protetti, nel quadro di una sostanziale continuità.
Si può obiettare che questo è un ritratto di altri tempi, il rimando
a un passato che non ritornerà. Nel panorama attuale, un discorso
sulle «scuole teologiche» può apparire anacronistico: i riferimenti alle
«scuole» non compaiono più nei titoli dei libri e degli articoli di teologia,
se non in pubblicazioni di carattere storico. Se però il sintagma
non si limita a indicare un’istituzione accademica, ma individua una
rete relazionale capace di trasmettere un’impostazione o un nucleo di
contenuti, ha ancora un senso farne oggetto di riflessione.
Ed è quanto si propone questo fascicolo: non solo prestare l’omaggio
della memoria a istituzioni benemerite e prestigiose né proporre la re
plica di questi modelli in un contesto completamente diverso da quello
di origine, ma interrogarsi sulla possibilità di raccogliere il meglio di
una preziosa eredità, in cui – per dirla con Antonio Rosmini – si sono
realizzate «l’unicità di scienza, la comunicazione di santità, la consuetudine
di vita, la scambievolezza dell’amore»2.
Su questi aspetti si è soffermato anche papa Francesco, ricordando
al mondo accademico il bisogno di una vera ermeneutica evangelica
per capire meglio la vita, il mondo, gli uomini, nel contesto di «un’atmosfera
spirituale di ricerca e certezza basata sulle verità di ragione
e fede»3. La riflessione teologica, aggiunge il pontefice, è chiamata a
costituire «una sorta di provvidenziale laboratorio culturale in cui la
chiesa fa esercizio dell’interpretazione performativa della realtà che
scaturisce dall’evento Cristo» (VG 3). In altri termini, se il pensiero
cristiano non saprà rimodularsi, il contributo della ricerca teologica
corre il rischio di trasformarsi in qualcosa di irrilevante.
Senza alcuna pretesa di esaustività, «CredereOggi» offre alcune piste
di riflessione, richiamando alla memoria un passato che deve essere conosciuto
e apprezzato, nella consapevolezza delle esigenze del presente,
ma con lo sguardo attento a cogliere gli elementi di novità che possono
dischiudere nuove prospettive al cammino futuro dei credenti.
Il primo contributo riguarda il rapporto tra teologia e filosofia,
messo in questione per diversi motivi, ma imprescindibile se si vuol
comprendere il fenomeno della costituzione di «scuole teologiche» nel
corso dei secoli. La storia della teologia dimostra che l’uso della filosofia
ha favorito la nascita di diverse «scuole», fornendo un linguaggio con [...]