EAN 9788831148177
Monsignor Domenico Sorrentino, già docente di Teologia spirituale nella Sezione S. Tommaso d’Aquino della Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale e attualmente vescovo di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino, ha conosciuto personalmente l’arcivescovo Francesco Saverio Toppi, perché è stato suo successore nella prelatura di Pompei. Il presente libro nasce da un affetto profondo nei riguardi di questo cappuccino, considerato in vita un uomo di Dio. Per far conoscere la vita santa dell’arcivescovo di Pompei, Sorrentino propone una lettura scientifica ed edificante della vita e degli scritti di Toppi.
Volendo formulare metodo e tematica del presente libro, possiamo descriverlo come un esempio riuscito di teologia del vissuto spirituale. Il teologo Sorrentino da molti anni si è impegnato nel rinnovamento degli studi di spiritualità, proponendo la teologia del vissuto spirituale come chiave di lettura dell’enorme bagaglio di materiale presente nella disciplina summenzionata. Si pone, quindi, nella scia dei molti contributi che tentano una definizione della spiritualità per essere sempre più una disciplina a servizio dell’intera teologia. Ad esempio, la linea del carmelitano François-Marie Léthel intende approfondire la vita dei santi, come sfondo su cui i teologi spirituali dovrebbero muoversi per dare vita ai loro studi. Per Léthel, “tutti i santi sono teologi, solo i santi sono teologi”. L’espressione, quanto mai originale, ha un’intuizione che deve essere maggiormente approfondita. Nella tradizione spirituale della cristianità, il santo rappresenta l’originalità della fede e della prassi ecclesiale. Un uomo o una donna che hanno vissuto straordinariamente la loro comunione con la Santissima Trinità diventano esempio di pensiero e di vita per le future generazioni di credenti. I santi sono teologi, come nel caso di Toppi, perché non solo parlano con Dio, ma lo annunciano con la loro vita coinvolgendo tutti coloro che incontrano. L’ortodossia del loro insegnamento orale e scritto trova la sua realizzazione in una perfetta ortoprassi. La teologia della santità parte dall’esperienza concreta di queste persone; essa si presenta come una riflessione sui dati rivelati che i credenti sperimentano ogni giorno. L’aspetto oggettivo della fede si traduce in ferialità. Dio entra nella storia del credente, assumendo tutta la sua quotidianità. Vi è un filo indivisibile tra la fides quae e la fides qua, in cui l’elemento soggettivo brilla nell’esistenza soggettiva di un credente. Però l’espressione di Léthel è riduttiva nella seconda parte, perché afferma che la teologia è fatta solo dai santi, mettendo da parte quella professionalità che sta a servizio della comunità ecclesiale. Il teologo di professione si pone in ascolto della parola di Dio, facendosi carico delle domande che animano il cuore del credente.
Altra linea con cui Sorrentino si confronta è la proposta di riportare la teologia spirituale al suo alveo originale, cioè la mistica. La teologia della vita mistica comporta un ripensare le strutture fondamentali della spiritualità a partire dall’esperienza dei padri della chiesa e dei grandi maestri della vita spirituale. Vita mistica significa porre l’attenzione al mistero che Dio va compiendosi nel cuore e nella mente del credente.
La proposta di Sorrentino dialoga con la teologia della vita mistica, con quella della vita cristiana o del vissuto personalizzante della fede. Non sono espressioni in opposizione quanto aspetti particolari dell’unica realtà. Volendo usare un linguaggio più vicino a quello evangelico, san Paolo parla di un mistero comunicato e che trasforma il cuore dell’uomo. Tutte queste espressioni rimandano al Mistero trasformante in cui Dio incontra l’uomo e si manifesta come Trinità Santa. Comunicazione del mistero di Dio, trasformazione dell’uomo in immagine del Verbo incarnato, vita vissuta in relazione al mistero di Dio costituiscono il legame tra la Trinità e il credente. Il credente che vive in Cristo Gesù si apre alla volontà del Padre per il dono dello Spirito Santo. Toppi rappresenta il credente che sperimenta la bellezza dell’incontro con la Santissima Trinità nella ferialità dei giorni.
Sorrentino propone il suo metodo leggendo il vissuto spirituale di Toppi. Le dinamiche spirituali (Grazia-natura; Parola/Spirito-chiesa; Dio-Trinitàpersona umana; storia-eschaton) sono approcciate per far brillare in Toppi la presenza di Dio che salva e santifica la sua creatura. Il risultato è di grande respiro scientifico. Si può affermare che la ricerca di Sorrentino si applichi con rigore e con acribia a partire dal vissuto spirituale di Toppi. Da quest’indagine risultano due punti notevoli su cui gli studiosi si dovranno confrontare. Sorrentino determina il contenuto dei diari di Toppi. Distingue tra vita mistica e fenomeni mistici, tra vita cristiana e l’eccezionalità di alcune esperienze del prelato di Pompei.
La prima riguarda l’esperienza mariana del vescovo (particolarmente le pagine 194-200; 231-234). Toppi si inserisce nell’alveo della mistica mariana. La storia della spiritualità ci insegna che alcuni uomini e donne hanno fatto esperienza dell’incontro con la Santissima Trinità grazie alla presenza della Vergine Maria. Il problema è sapere se tale esperienza singolare può limitare o abbassare il valore dell’unione con Dio. Il credente sperimenta l’unione con la Santissima Trinità senza più bisogno di mediazioni umane: siamo negli stati più alti della mistica. Gli stessi contemplativi considerano che la loro esperienza con Maria non può essere giudicata come un evento di grazia diverso da quello che si sperimenta attraverso l’umanità di Cristo. Il credente percepisce la presenza di Maria, Madre e Discepola del Figlio attraverso la carne di Cristo. L’esperienza mariana è da inserire nell’alveo delle grazie mistiche che rimandano all’unica grazia che Dio concede ai suoi figli perché possano più speditamente giungere alla meta finale. La grazia mariana va definita nella questione dei doni che Dio elargisce alla sua chiesa perché possa essere più santa. Toppi parla di una “marializzazione”, concetto sviluppato dalla spiritualità mariana, che riguarda l’unione del credente con Maria, quella stessa che la Vergine ha sperimentato nell’incarnazione o sotto la croce. In questo Toppi riprende per esperienza personale la proposta spirituale di san Massimiliano Kolbe.
Ancora, vi è una sottolineatura mariana che riguarda il rapporto con lo Spirito Santo. Toppi è lettore attento dei mistici mariani come san Luigi Grignion de Montfort, da cui ricava il linguaggio tipico mariano. Quest’ultimo tenta di catturare in parole umane l’ineffabilità del mistero di Dio. Le esagerazioni devono essere ricondotte al desiderio di comunicare l’altezza a cui Dio fa giungere l’uomo. Allora, la “la quasi incarnazione dello Spirito Santo”, espressione rivolta alla Vergine Maria, deve essere studiata non come asserto apodittico, ma sotto il registro narrativo, in quanto la sua persona manifesta l’attività dello Spirito Santo nell’incarnazione del Verbo, ma in genere in tutta la sua vita. La discussione su questo punto teologico è stata affrontata da Leonard Boff (cf. p. 234). Volendo usare una terminologia cara ad Hans Urs von Balthasar, Maria è un’esistenza teologica, in quanto mostra nella sua vita la missione del Figlio e dello Spirito Santo. Maria fa trasparire lo Spirito. E chi vive in Maria e con Maria fa esperienza dello Spirito che tutto opera per la realizzazione del regno di Dio. La stessa Chiara Lubich afferma che la sua esperienza mariana è un vivere Maria, cioè la sua adesione a Dio nella totale dipendenza. È proprio quest’esperienza che avvicina Toppi alla Lubich.
Il secondo punto di discussione è sulla persona dello Spirito Santo (pp. 211-231). Toppi lo descrive come “Mamma Ruah”. Così annota nel suo diario: «mi martella dentro da tempo che la Ruah femminile in ebraico e immagine archetipo della femminilità e della maternità è una Realtà, una Verità da riscoprire, sottolineare, sviluppare. È ancora un inestimabile nascosto, poco preso in considerazione. Eppure quali ricchezze riserva […] alla teologia, alla comunione ecclesiale, alla filosofia e alla comprensione dell’uomo – creato a immagine e somiglianza di Dio – e di Dio» (p. 216). Ha la percezione di andare oltre l’ortodossia e chiede perdono al Signore se la sua mente vaga. Ritorna sulla tenerezza materna presente in Dio. Lo stesso Sorrentino affronta l’argomento affermando che l’espressione nata in contesto mistico è di difficile interpretazione: «che cosa egli percepisse, in questa immagine, è difficile dire» (p. 211). Eppure Toppi riferisce che ha letto con profitto un libro sulla tenerezza in Dio che lo ha risollevato per ciò che andava riflettendo in quegli anni. Sorrentino riporta l’autore del libro che lo aiuta nell’interpretare la sua esperienza pneumatica: C. ROCCHETTA, teologia della tenerezza. Un “vangelo” da riscoprire, Bologna 2000.
L’aspetto della tenerezza lo rassicura, più che dell’archetipo femminile, nella pericoresi divina. Anche Pavel Evdokimov parla di una funzione generatrice dello Spirito Santo. Resta l’espressione di Toppi che descrive lo Spirito come riposo della mente, gaudio dello spirito. La terza persona della Santissima Trinità è anche bacio, riprendendo l’immagine cara a san Bernardo nel Cantico dei Cantici. Toppi è un uomo di Dio che ha servito Cristo nei poveri. La fenomenologia mistica presente nella sua vita richiama ciascun credente a vivere dinanzi a Dio ogni istante della sua vita. L’eccezionalità dei doni non lo fanno essere lontano dal popolo di Dio, anzi è un uomo dal cuore generoso. La carità muove la sua esistenza. Lo stesso Sorrentino testimonia che i fatti mistici sono vissuti nel completo nascondimento. Tutto è avvolto dal silenzio adorante. La lettura del libro ci spinge a voler leggere i diari di Toppi per immergersi nella tenerezza di Dio e riscoprire così come il credente abbia un’anima mariana.
Tratto dalla rivista "Aprenas" n. 1-4/2014
(http://www.pftim.it)
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