Benedetta economia
-San Benedetto e san Francesco nella storia economica europea
(Idee. Economia) [Libro in brossura]EAN 9788831101615
«C’è un modo nuovo di affrontare le problematiche economiche», scrive Ste-fano Zamagni nella presentazione di questo saggio proposto da Luigino Bruni e Alessandra Smerilli, quarto della collana «Idee/Economia», diretta dallo stesso Bruni. Gli autori raccolgono in forma organica le tappe di un percorso, frutto di «articoli, studi e anche tanti colloqui e conferenze con il grande mondo dei carismi» e di «un lavoro teorico e storico», maturato tra studiosi accomunati dalla «passione per la scienza e per la verità, e la stessa sensibilità “carismatica”» (16). Sono gli stessi autori, del resto, che ringraziano le rispettive «comunità di appartenenza, quella salesiana e quella focolarina, che sono gli ambienti vitali nei quali le riflessioni sono maturate» (17), ma è indubbio che più grande è il ringraziamento che una più ampia comunità di studiosi ed operatori deve loro, per questa storia rivisitata di San Benedetto di Norcia e San Francesco d’Assisi, grazie alla quale si inizia a percepire come ci sia un modo nuovo di affrontare le problematiche economiche in una «società di mercato, disincantata e anoressica di ideali e di spiritualità», nella quale «tutto, o quasi, è in vendita, e stiamo costruendo un nuovo umanesimo sotto l’illusione di arrivare un giorno a poter comprare tutto sul mercato: dalla salute alla giovinezza, dall’amicizia all’amore, di trovare finalmente l’elisir da sempre cercato dalle culture umane» (11).
Bruni e Smerilli partono, nel loro studio, dal «significato dei carismi per la vita civile ed economica», osservando come il dato da cui prendere le mosse sia la prima Lettera di Paolo ai Corinzi e l’utilizzo, da parte dell’Apostolo delle genti, del termine «“charismata”, e cioè doni della grazia» (20), invece di «pneumatica», e come «nel corso della storia della Chiesa, soprattutto nel Novecento, l’uso dell’espressione carisma, pur restando coerente con la fonte paolina, si è esteso, e in un certo senso ha anche assunto un significato nuovo» (21). Rahner, Congar, von Balthasar – per citare i più noti – hanno inteso indicare «i grandi doni carismatici ricevuti dai fondatori di ordini e movimenti religiosi», e così ci si trova di fronte ai «carismi collettivi», dove il carisma è all’origine di una nuova comunità o movimento nella Chiesa, i cui membri vivono dello stesso carisma del fondatore/fondatrice. I carismi di Benedetto e di Francesco – concludono sul punto gli Autori – sono i casi idealtipici di questo tipo di doni» (21). E così, dopo cenni di storia del «profilo carismatico» dell’economia – perché non è «possibile comprendere in profondità la storia, e l’oggi, dell’economia europea (…) senza prendere sul serio di carismi» (25), i quali «sono stati l’espressione più rilevante della società civile italiana, dal Medioevo fino ai tempi recenti» (28) – gli autori pongono una rifles-sione preliminare su «i carismi e la visione della povertà», osservando che in nessuna maniera quest’ultima «può essere trasformata se non la si vede anche come una forma di ricchezza nascosta sotto il velo del dolore» (32). Dall’essenziale «griglia culturale», gli autori passano allo studio dei carismi di Benedetto e di Francesco.
Le pagine del secondo capitolo dedicato a «Bene-detto e il ruolo del monachesimo per l’economia e la civiltà» spiegano subito come «il monachesimo dopo il crollo dell’Impero romano d’Occidente ha rappresentato un grande movimento spirituale, civile ed economico europeo» (47) e come «le innovazioni che Benedetto, grazie al suo carisma, ha operato nella cultura europea hanno molto a che fare con il tema del lavoro» (ivi). Ecco, dunque, che il passaggio culturale «dallo schiavo all’Ora et labora» porta a confrontarsi con la «cultura del lavoro oggi», una cultura che «al tempo stesso esalta e deprime il lavoro» (51) e che «sta vivendo una crisi profonda, da cui può uscire un nuovo tipo di persona che, liberata finalmente (grazie alla tecnologia) dagli a-spetti più routinari e disumanizzanti del lavoro, può dedicarsi ad attività umanamente più alte, come la gratuità; ma possiamo anche ritrovarci presto in un mondo dove il tempo libero dal lavoro viene riempito da Tv e da solitudini» (53-4). Ecco, ancora, la riflessione su come la cultura benedettina divenne nei secoli una vera e propria cultura del lavoro e dell’economia perchè l’Ora et labora non sono due attività in alternativa, ma due aspetti inscindibili di una cultura alla quale «forse bisogna tornare, per ridare anche oggi più dignità al lavoro» (55) e come «fu la cultura monastica la culla nella quale si formò anche il primo lessico economico e commerciale che informerà di sé l’Europa del basso Medioevo» (58).
Di più, è indubbio il nesso tra carisma benedettino e legittimazione etica della proprietà privata, tra monastero e democrazia (62) e, del resto, come non pensare che «ai cistercensi dobbiamo i prodromi dell’idea di Unione Europea» (66) e che «in altro ambito dove il carisma benedettino si è manifestato in tutto il suo splendore, è quello dell’agricoltura» (67)? «Che cosa sarebbe l’Europa – si chiedono gli autori – la sua democrazia, il suo lavoro e la sua economia, senza la fedeltà di Benedetto e dei benedettini al carisma ricevuto?» (69). Gli autori, quindi, individuano nel carisma francescano quello «che ha operato una vera rivoluzione civile ed anche economica» (70) ed è intimamente con-nesso al carisma l’elaborazione di «una dottrina economica, che contiene in sé nuova idee socioeconomiche e dà luogo alle prime forme di microcredito della storia» (72). Non è forse, dalla francescana idea della scarsità, che scaturisce la teoria del valore ed il mercato? (72-76). E che dire del contributo francescano all’idea di interesse, da tenere saldamente e chiaramente disgiunta dall’usura? La concretizzazione della riflessione economica francescana su tali ultime questioni, del resto, la si coglie nei Monti di pietà e nei Monti frumentari, che confluirono nelle Casse rurali (79-83).
Dalla storia, dunque, le ragioni che danno corpo e legittimano l’ultimo capitolo dedicato a «I carismi, l’economia e le sfide dell’oggi», nel quale si vuol «provare a delineare il messaggio che i carismi cristiani rivolgono oggi all’economia e al lavoro» (88). L’idea forza è che si lavora «veramente quando il desti-natario della nostra attività lavorativa libera è “un altro”» (88). Gli autori considerano questa tesi come «diretta conseguenza dello stretto legame tra carisma, gratuità e agape» (ibid.) e, così facendo, sentono di lanciare «tre sfide decisive», la più importante delle quali sembra «la sfida della reciprocità» (96). E se è in-dubbio che Benedetto e Francesco «hanno dato l’avvio a quella particolare forma di economia di mercato che è l’economia civile e che oggi sta riemergendo» (106), come continuare? «Siamo convinti – dicono gli Autori – che i “nuovi San Benedetto” sono già in mezzo a noi. Il punto, allora, è trovarli, perchè lo Spirito «soffia dove vuole». La ricerca allora è davvero esaltante: servono «occhi nuovi e una antica-nuova idea di carisma, che lo renda meno “religioso” e più laico: non c’è niente di più laico della gratuità» (108). Provare a cercare non sarà esercizio inutile.
Tratto dalla rivista "Parola e Storia" n. 2/2009
(http://www.scienzereligiose-br.it)
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