L'atomo, la scimmia e il cannibale
-Inchiesta teologica sulle origini
(Studi teologici) [Copertina in carta]EAN 9788898264759
Il domenicano Jean-Michel Maldamé prova a indagare e rispondere ai grandi interrogativi che sempre accompagnano l’uomo sulle sue origini e la sua destinazione ultima. Per farlo cerca di mettere in dialogo, senza contrapposizioni, scienza, filosofia e teologia in quattro parti di tre capitoli ognuna. La prima indaga su l’inizio e l’origine. La seconda parla dell’origine del mondo. La terza esplora l’origine dell’umanità. La quarta studia l’origine del male.
La prima parte, prendendo spunto dal Libro di Giobbe, cerca di far chiarezza sul concetto di “inizio” analizzando i termini che sembrano così affini nel definirlo: punto zero, principio, origine. L’inizio è prima di tutto un atto della mente che segna una rottura su di uno sfondo che mette insieme il continuo e il discontinuo: è frutto di una deduzione. Il modo di dire “l’inizio” rientra nel genere letterario narrativo: i racconti di inizio sono molto numerosi e fanno parte di ogni cultura, così la questione dell’inizio è inserita nella narrazione di una genesi. Nel linguaggio comune la nozione di inizio è spesso confusa con quella di origine, a motivo della dimensione ontologica della determinazione dell’inizio, ma la ricerca dell’origine rinvia a una ragion d’essere che non si lascia rinchiudere in ciò che è immediatamente osservabile. La mente è portata verso un’altra dimensione dell’esistenza umana. L’origine non si riduce a un inizio, che non è altro che uno stato iniziale. In tutte le culture l’origine è narrata con dei racconti fondanti, che chiamiamo miti, nel senso nobile del termine, i “miti d’origine”. L’origine è legata a una trascendenza, in qualunque modo sia essa pensata, ciò significa che il metodo della riflessione prende le sue distanze dalla rappresentazione del mondo offerta dalle scienze per interrogarsi sull’esistenza. Parlare di inizio e di origine significa cogliere un momento della costruzione del reale in divenire e così aprire la porta dell’istante della realizzazione. Dire “le origini” porta a considerare il rapporto tra inizio e origine in modo più esatto e può essere codificato in tre verbi: nascere, accadere, provenire. La nascita è un processo d’entrata nel mondo dei viventi. Ogni nascita è un fenomeno che trascende il momento dell’inizio, e questo rinvia a un atto fondamentale, espresso dal verbo “accadere”. Si può parlare di “avvenimento” per indicare tutto ciò che acquista senso. Il verbo “provenire” aggiunge al verbo accadere il riconoscimento che ciò che è apparso nella sua novità non è accaduto da sé, ma in un processo. L’uso dei verbi accadere e provenire sottolinea che l’inizio e l’origine hanno un valore ontologico, poiché ciò che è cominciato dura nell’essere che si muove su due versanti: la meraviglia e l’angoscia. Vi è, infatti, meraviglia davanti al fatto che le cose esistano e si manifestino. Vi è angoscia nella percezione che ogni cosa è effimera, poiché il tempo, come il dio Kronos, divora i suoi figli. Questi due atteggiamenti sono un’unica apertura su una trascendenza che non si lascia reificare.
La seconda parte utilizza la scienza cosmologica che, grazie al telescopio di Hooker, ha misurato la velocità delle galassie e ha constatato che si allontanano l’una dall’altra e tanto più rapidamente quanto più sono lontane. Se vi è espansione nell’universo, la mente è condotta a tornare indietro nel tempo; essa si interroga sullo stato anteriore e così pone il problema dello stato dell’universo nel momento in cui l’espansione è cominciata. La cosmologia è dunque una scienza dell’universo legata all’astrofisica. Sulla scia delle scoperte di Lemaître e Ganow, Maldamé ripercorre succintamente le tappe della formazione degli elementi che costituiscono l’universo, le loro proprietà e le rispettive dimensioni, denominate “modello standard” che, però, non è pienamente soddisfacente per un certo numero di difficoltà che presenta. Per questo i cosmologi non smettono di proporre altri modelli che lo migliorano e lo completano, come Guth che ha introdotto la nozione di “modello inflazionario” che spiega la situazione dell’universo conosciuto, fornendo una spiegazione fisica dei fenomeni che non potevano essere giustificati dal modello standard. Un’altra prospettiva è quella di Hawking, ispirato dalla meccanica quantica. Egli costruisce un iperspazio a quattro dimensioni che è chiuso, dunque senza frontiere. La “teoria delle stringhe” è un altro tentativo di andare oltre la relatività generale e la meccanica quantica. È molto probabile che il cosmo attuale in espansione sia stato preceduto da una fase di contrazione dello stesso cosmo. Siamo così messi di fronte a delle questioni chiaramente filosofiche. La spiegazione scientifica si apre per questo motivo alle problematiche filosofiche dell’unità, della totalità e della singolarità. Anche se il termine è banale il concetto di “mondo” non ha niente di ingenuo. Esso esprime ciò che i primi filosofi chiamavano “il tutto” (ta panta): tutto ciò che esiste, che può essere visto e pensato oggettivamente. La scelta della parola kosmos significa che il tutto che è indicato, è compreso come armonia. Infatti, in latino si traduce mundus, e scrive Plinio il Vecchio: “Ciò che i greci chiamavano kosmos, noi chiamiamo mundus a causa della sua eleganza perfetta e senza difetti”. E ritorna la domanda: “Il cosmo ha avuto un inizio?”. Non è facile rispondere perché occorre evitare un duplice errore. Il primo scientifico: il modello standard non chiarisce il senso della nozione di “punto zero”. Il secondo è teologico poiché la nozione di creazione non si confonde con quella di “primo inizio”, perché essa è relazione di tutto quello che esiste con un Dio trascendente ed eterno che gli dona ciò che è in tutto ciò che è.
Nella terza parte si evidenzia come dalla cosmogenesi si passa alla biogenesi per giungere all’antropologia. L’essere umano è insignificante in rapporto al mondo, ma ha il privilegio di porsi la domanda sulla propria origine. Analizzando varie teorie Maldamé dimostra che il dibattito sul posto dell’uomo nella natura non è di oggi. Partendo da alcune considerazioni sul “darwinismo” analizza la nozione di evoluzione presente in molte scuole di pensiero differenti e perfino antagoniste. Infatti, il materialismo di Haeckel non è la filosofia della vita di Bergson, che è all’opposto. L’evoluzionismo di Spencer non è quello di Teilhard de Chardin, a sua volta molto differente dalla filosofia di Whitehead e dei suoi discepoli. Da quando la teoria dell’evoluzionismo ha preso consistenza, si è alla ricerca “dell’antenato comune”, del “tassello mancante” che ha siglato la ricerca scientifica ed è presente oggi nella paleontologia. Ma quel che è più importante è scandagliare il momento del passaggio dall’animale non umano all’animale umano, infatti le osservazioni (morfologia, utensili, atti simbolici) richiedono di essere interpretati in funzione di una certa idea di umanità, si entra con essa nel mondo dello spirito. I lavori scientifici che si riallacciano alla comparsa dell’umanità sono diversi ma tutti sottendono una trasformazione nella quale vi è una interazione (“fare e, facendo, farsi”): la qualità umana è il risultato di un processo in cui l’avere diviene essere. L’ominizzazione è trasformazione di un dato ambientale e autotrasformazione dell’attore per mezzo della sua azione. Ma qual è la grandezza dell’uomo, o meglio, che cos’è l’uomo? Ricorda il poeta Lamartine: «L’uomo è un dio caduto che si ricorda del cielo». La specificità umana è la “parola” indirizzata a un altro dei suoi simili, riconosciuto per se stesso: riconoscere l’altro, in quanto altro, è la chiave del processo di ominizzazione. E, dunque, proprio per questo ritornano gli interrogativi originali e bisogna fare riferimento a una trascendenza. Nel saggio si evidenzia come il ricorso ai miti sia un invito a un’altra prospettiva, quella della filosofia e della teologia. Con la comparsa dell’uomo nel mondo dei viventi si parla di “soglia”, riconoscendo una distinzione tra umano e preumano, in questo contesto il magistero cattolico invita a parlare di “azione speciale di Dio”. L’atto creatore è un invito a che gli esseri, coi loro propri mezzi, giungano alla loro perfezione, ciascuno e insieme: Dio aiuta ciascun essere a realizzare da sé il proprio bene senza costringerlo.
Qui, dunque, si pone in modo radicale la questione del male, che l’autore affronta nella quarta parte, quella conclusiva del libro. Il problema del male non si limita alla dimensione religiosa o etica e, quindi, viene trattata la questione del “male nella natura” dovuto alle catastrofi naturali, alla selezione naturale, perché vi è uno stretto legame tra la sofferenza e la vita. La grandezza dell’essere umano sta infatti nel vivere la sua morte: per la coscienza che ha della sua mortalità, l’uomo si sradica dalla sua animalità. La condotta umana non è sottomessa ineluttabilmente alle regole biologiche, questa distanza permette il pensiero, permette l’indipendenza, con delle considerazioni che si limitano a bilanciare danni e vantaggi, a penetrare il meglio e il peggio. La riflessione assume una piega più radicale nell’ambito della fede cristiana. Non si tratta solo di condotta morale, ma anche della relazione con Dio. Come il percorso dell’ominizzazione non era una “eccezione”, ma un compimento, così il riferimento al mondo della grazia sotto il pungiglione del male è un compimento. Concludendo, “compiere” significa in effetti ricapitolare, ma senza “disturbare” troppo san Paolo: niente da perdere e niente da omettere della realtà, ma realizzare pienamente le potenzialità, far esistere le ricchezze latenti e utilizzare la totalità degli elementi della vita.
Il pregio dell’opera di Maldamé, in un mondo che ha dimenticato di essere il custode del creato, dove l’oblio ha prodotto una separazione così radicale tra uomo e cosmo da indurre l’uomo a non concepirsi più come parte del creato, è quello di riportarci alla nostra dignità di “figli nel Figlio”. Ricalcando una famosa frase, questo saggio vuol farci vedere quanto “l’essenziale è invisibile agli occhi” e che bisogna acquisire occhi di bambini che sanno ancora stupirsi per gli “uccelli del cielo” e i “gigli nel campo”.
Tratto dalla rivista "Aprenas" n. 3-4/2018
(https://asprenas.it)
-
-
-
-
-
-
-
25,00 €→ 23,75 €