Una conoscenza integrale. La via del simbolo
(Pubblicazioni del Centro Aletti)EAN 9788889667309
Non è consueto trovare a breve distanza di tempo due studi teologici relativi a un’opera d’arte contemporanea. L’oggetto in esame è la cappella pontificia Redemptoris Mater, mosaicata dal Centro Aletti, sotto la guida di p. Marko Rupnik. 1 Di quest’ultimo è appena uscito un altro volume, firmato con il card. Tomás Špidlík, morto il 16 aprile scorso (cf. in questo numero a p. 352).2 Considerarli insieme dà modo di tornare a riflettere sull’estetico come fulcro del pensare teologico e come esigenza primaria dell’azione pastorale. Sono testi fra loro diseguali. Il tratto didascalico e introduttivo del volume di Simona-Sarah Lábadyová, I segreti della nuova Sistina del Vaticano. La cappella Redemptoris Mater, diventa sistematico e pastorale nel volume di Giacomo Morandi, Bellezza. Luogo teologico di evangelizzazione, e speculativo-testimoniale in quello di Špidlík-Rupnik, Una conoscenza integrale. La via del simbolo. Il testo della Lábadyová si raccomanda per lo spiccato interesse ecumenico a cui si ispira l’intera operazione teologica e iconografica della cappella e per la descrizione precisa e sistematica di un mosaico che si estende per 600 metri quadrati. Di alta qualità e ampio formato le riproduzione fotografiche che accompagnano le riflessioni. È meno convincente nella contrapposizione fra la parete lavorata dal mosaicista russo, Alexander Kornoukhov, e il resto della cappella e nella semplificata applicazione dei canoni iconografici della tradizione orientale a un’opera che ne rappresenta piuttosto un’evoluzione e un’ibridazione. Sono maggiori le pretese del volume di G. Morandi che, pur avendo come riferimento la teologia della cappella papale, allarga le considerazioni a una valutazione dell’attuale difficoltà pastorale dell’annuncio (scollamento fra i contenuti della fede e il linguaggio), nell’attenta ricostruzione della crisi iconoclastica, nell’analisi della cappella e in un capitolo finale sulle conseguenze pastorali di una visione estetica della fede. Illuminante il capitolo che riguarda la crisi iconoclastica, dalla seconda metà del IV sec. fino al secondo concilio di Nicea (787), con una appendice al concilio dei «Cento capitoli» celebrato a Mosca nel 1547. Quando Leone III fece togliere l’icona di Cristo che sovrastava l’entrata principale del palazzo imperiale di Costantinopoli rispondeva a una volontà di purificazione della Chiesa, impotente davanti all’islam e agli eventi naturali come il terremoto del 726, colpevole di contraddire con le immagini il dogma calcedoniano della perfetta unione in una sola ipostasi della natura umana e divina del Cristo. Il concilio di Nicea II intuì la pericolosità della cristologia soggiacente e legittimò le immagini: quanto più esse vengono contemplate «tanto più quelli che le contemplano sono portati al ricordo e al desiderio dei modelli originali», tributando loro «rispetto e venerazione» (MORANDI, 102). La posta in gioco riguardava l’incarnazione, il ruolo della Tradizione e il rapporto col creato; venne così espressa dal patriarca Niceforo: «Se si sopprimesse l’immagine, non è il Cristo ma l’universo intero che scompare» (103). La ripresa attuale dell’antica questione delle immagini non riguarda il capitolo dell’estetica teologica o il rapporto fra artisti e Chiesa o le devozioni popolari. Attiene piuttosto al tema complessivo della testimonianza cristiana e a quello che Špidlík-Rupnik chiamano la «conoscenza integrale». Il venire meno della concezione della coscienza umana come struttura unificata di sapere, libertà, etica e amore ha prodotto una divaricazione radicale tra idea e realtà, uomo e natura, ragione e fede. Rendendo marginale la questione estetica. L’apparire della tecnica come il vero motore della storia mostra l’esito finale della malattia materialistica e idealistica rendendo necessaria la ripresa di un conoscere simbolico. «Attingere alla realtà fenomenica del mondo senza sigillare gli esseri e le cose nella loro crosta empirica, ma comunicando alla potenza di vita che è in loro e tramite loro si trasmette e lega tutto in una comunione universale» (ŠPIDLÍK-RUPNIK, 219- 220). Per salvare l’umano e la natura il sapere va coniugato con la sapienza. «La sapienza divina, cioè la visione della creazione che Dio Padre ha e che, tramite lo Spirito e il Figlio si trova nel creato, è l’angelo custode, la memoria che custodisce questa visione della vita intimamente legata a Dio, perché è la sua, che si compie e si realizza e si caratterizza con amore, nell’amore e per amore» (245). La bellezza del cristiano e della Chiesa non è la rincorsa al populismo estetico contemporaneo che scarica nel design, nella pubblicità o nella moda una rinnovata marginalità del tema del bello. È piuttosto il riconoscimento di ciò che questo richiama e nasconde: l’essere umano non vive senza bellezza e senza l’attesa di fondamento che essa evidenzia. Per il cristiano la bellezza è dentro il mistero pasquale, nella trasparenza cristica della realtà. La riflessione alimentata dai volumi reagisce alla subalternità della teologia al modello gnoseologico comune, fondato sulla separazione del sapere dalla libertà, del pensiero dal sentimento, della ragione dalla fede. E partecipa di quel movimento, ancora iniziale e sostanzialmente legato ad alcune persone, che ha ripreso come centrale il tema dell’estetica in teologia.3 Ma con la particolarità di un’arte non solo riflessa teoricamente, ma ampiamente praticata. Gli stilemi iconografici e musivi del Centro Aletti fanno ormai parte di un linguaggio assai diffuso. Non c’è rivista o sito web o volume illustrato che non attinga con abbondanza alle numerose opere d’arte di M. Rupnik. Indice certo di una domanda di immagini sacre contemporanee non facilmente esaudibile, ma anche guadagno corposo e argine efficace davanti alle spinte di un cattolicesimo segnato dall’estetismo passatista che affida al pietismo ottocentesco o a citazioni barocche lo smisurato peso di un’arte sacra autenticamente cattolica.
Tratto dalla rivista Il Regno 2010 n. 10
(http://www.ilregno.it)