Parte con questo libro la pubblicazione di volumi che raccolgono gli innumerevoli articoli del card. Spidlík diffusi in tante riviste — ormai introvabili — in tutto il mondo, testimonianza della sua attività di studioso dell’Oriente cristiano. Una delle preoccupazioni costanti di Spidlík è sempre stata quella di contribuire alla creazione della fisionomia di una cultura, una spiritualità, una teologia europea a tutto tondo. Oggi che si va faticosamente elaborando una civiltà planetaria, l’Europa non ha ancora prodotto una sintesi né culturale, né teologica che superi il divorzio delle due grandi tradizioni che la compongono, l’orientale e l’occidentale. Egli ha inteso la sua opera anche come un contributo a questo compito.
D’altra parte, sforzandosi di concorrere ad una sintesi della cultura europea, Spidlík ha sempre cercato di evitare il pericolo di livellare o banalizzare le differenze. Nel momento in cui anche i confini europei si allargano, ci sembra che a questo tema vada dedicato il primo volume della miscellanea. Con questo volume, Lipa vuole anche festeggiare i suoi 10 anni di attività, che hanno visto più di 130 suoi libri tradotti in tante lingue europee.
ESTRATTO DALLA PRIMA PARTE
Dinanzi ai fenomeni della vita, l'uomo dell'antichità provava spontaneamente il sentimento di una presenza che lo trascendeva e davanti alla quale sentiva tutta la sua piccolezza. Pure i suoi dèi avevano un carattere misterioso. Si trattava di un sentimento per certi versi ambiguo, in cui il senso del sacro mescolava la sua natura profonda anche alla paura umana. Ma, man mano che progrediva la conoscenza umana, il campo del mistero regrediva. Per mezzo delle scienze, la natura diventava trasparente alla ragione e si poteva esprimere attraverso un insieme di principi immutabili. Anche la morale veniva formulata come leggi naturali espresse secondo principi universalmente validi. E pure il mondo interiore dell'uomo, ridotto spesso al mondo delle idee, non sfuggiva a questa tendenza e veniva inquadrato nei sistemi della logica.
In questo ambiente dominato dalla tendenza a oggettivare, reificare, spersonalizzare la conoscenza umana, a renderla "scientifica", anche la teologia ha pagato il suo debito ad una tale impostazione. Senza negare l'origine divina della fede, si è dato un peso prevalente a ciò che costituisce l'elemento umano e comprensibile e che, di conseguenza, può essere oggetto dello sforzo sistematico coltivato con pieno rigore scientifico.
Nel nostro mondo occidentale, abbiamo goduto tutti i vantaggi di una simile impostazione, ma anche i limiti. Aver ridotto la realtà a quanto rientra entro i limiti di una sola dimensione dell'uomo è per certi versi impedirsi una vera conoscenza, dal momento che è l'intera esistenza nella sua organicità ad essere organo di percezione di un'unica vita integrale.
La capacità di fermarsi e di stupirsi è la condizione per accogliere gli esseri e le cose e saper decifrare le visite segrete, ma costanti, di Dio. Nel momento della bellezza, il quotidiano si interrompe, si interrompe la volontà di potenza e la sicurezza della tecnica, delle scienze, della ragione, non sono io a prendere, ma sono preso. Il mistero del mondo non si conosce violandolo, ma sbirciando dentro, per quanto ci permette, attraverso i simboli. Così si riesce a vedere tutto in una infrastruttura — o piuttosto, sovrastruttura — coesiva di fili che legano e connettono insieme ogni parte della creazione, e questo infonde nuovo significato alle cose, dal momento che fa vedere come ogni cosa è capace di assumere un significato più profondo. Per questo gli uomini di oggi hanno nostalgia della bellezza.
Ma qui nascono tanti problemi. La bellezza può anche ingannare. Dopo il peccato di Adamo, la bellezza della creazione si fa ambigua, si seduce essa stessa in un modo tipicamente narcisistico: "come mai sei caduto dal cielo, Lucifero, figlio dell'aurora?", dice il profeta Isaia (14,12). Il vero, il bello e il buono sono separati e la bellezza non è più, come dicevano gli antichi, lo splendore del vero. L'attrazione estetica può così provocare un culto idolatrico, e la bellezza ormai è un enigma, perché, come osserva Dostoevskij, può essere sia quella della Madonna che quella di Sodoma. E anche l'arte, nel disprezzo dell'essere e della persona, può scatenare immagini di vero e proprio cannibalismo.
Ma c'è bellezza e bellezza. C'è la cosmetica, e c'è la bellezza, che è organicità redenta, contemplazione dell'unità che abbraccia la terra, l'uomo e Dio, che fa del mondo un oceano di simboli e delle sue espressioni un'anticipo della trasfigurazione che il dito della mano di Dio opererà alla fine dei tempi. Un'arte che si mette al servizio di questa bellezza è anzitutto arte di vivere, cioè capacità di trasformare la nostra vita, da fragile e corruttibile, in una vita incorruttibile. L'arte diventa un rivestire i nostri corpi e la nostra realtà con l'anticipazione di quella vita che è vera proprio perché rimane e non tradisce.
Diventa chiaro allora perché in principio la teologia era vicina all'arte. "Le cose visibili sono approfondite attraverso quelle invisibili", dice Massimo il Confessore nella sua Mistagogia. Il mistero si rivela, pur restando sempre al di là e apparendo come nelle fenditure delle cose, in questo trasparire degli esseri e delle cose. Allora il mondo non è più esteriore, né qualcosa di muto. Tutto è un indicatore verso Dio e il suo piano di salvezza, tutto va visto in una visione spirituale, in tutto c'è una parola di Dio indirizzata all'uomo che l'uomo deve comprendere e a cui deve rispondere con parole sue.postazione intellettuale. Forse in nessun argomento come nell'arte questo aspetto è così evidente, dal momento che tocca così da vicino la questione del metodo teologico.
Gli scritti raccolti in questo volume sono divisi in tre sezioni: la prima sezione raccoglie articoli di taglio più prospettico sul tema della bellezza e il suo rapporto con la vita di fede e la teologia. La seconda parte tratta in generale dell'icona. Contro una concezione esclusivamente speculativa della trascendenza, la Chiesa sottolinea che Dio trascende la sua stessa trascendenza per rivelarsi in un Volto. E la terza parte illustra alcune particolari icone, quasi esemplificando come temi dogmatici e spirituali possano essere affrontati con tanta profondità spirituale in un modo espressivo diverso da quello a cui siamo ordinariamente abituati.
Dato che come criterio della raccolta degli articoli si è scelto quello dell'omogeneità di argomento, talvolta si incorre in qualche inevitabile ripetizione, che però non disturba. Corrisponde ad un modo di procedere a spirale, dove il ritornare sulla stessa riflessione si arricchisce (li sfumature ed approfondimenti nuovi e aiuta a cogliere il nucleo del pensiero, la costante convinzione dell'autore.