Cornelio Fabro
-Profilo biografico, cronologico, tematico
EAN 9788889231371
Un libro degno di nota; pur dovendosi evidenziare alcune osservazioni, si presenta come un testo di indubbio interesse per quanti intendano avvicinarsi alla figura del noto filosofo. È una biografia, ragion per cui ha la finalità di presentare non (sol)tanto il pensiero, bensì tutto l’uomo; ed è proprio l’uomo ad esserne il vero soggetto, piuttosto che la sua dimensione speculativa (per altro di importanza davvero rilevante). D’altra parte, per conoscere a fondo il pensiero di un autore non è possibile prescindere dalla sua biografia; infatti lo stesso C. Fabro scriveva: «l’elemento biografico ha condizionato e spinto dall’intimo il cammino del pensiero» (9).
Ben figura accanto all’Opera omnia, che la Editrice del Verbo Incarnato sta realizzando. Inizio col prendere in esame qualche aspetto formale del testo in questione: si presenta nella copertina piuttosto antiquata; analogamente per il sottotitolo e per la terminologia utilizzata: solo per citare un esempio, pur marginale, i nomi delle persone citate, quando religiose, sono precedute dal titolo (Padre, Mons. ecc.), secondo un modo di esprimersi oggi desueto; inoltre, sembrerebbe indicare che la qualifica religiosa abbia un peso rilevante. Altro aspetto, più importante del precedente; la stessa autrice afferma: «non sembri una ripetizione qualche particolare a volte ripreso» (9); in realtà, non sono rare le ripetizioni, che appesantiscono lo scritto, rendendolo in alcuni punti un po’ confuso. Per contro, dal testo, con grande attenzione alla precisione (quasi eccessiva: caratteristica che ulteriormente lega l’autrice e discepola al maestro), emerge chiaramente la figura non soltanto di un importante pensatore, bensì di un uomo di grande levatura. Da evidenziare anche l’ottimo Indice, davvero molto utile.
Una menzione particolare merita la curatrice, che il P. Andrea Meschi Sup. Gen. Stimmatini definisce, nella sua Presentazione al volume: «cara e per tanti anni sua fedelissima segretaria» (6). Nelle fotografie, che arricchiscono il volume, mostrandoci momenti della vita e persone che hanno frequentato il nostro autore, figura in più di qualcuna proprio Rosa Goglia; si comprende facilmente quale importanza ella abbia avuto nella vita del nostro filosofo. Dal volume emerge con chiarezza e forza la figura di un uomo dalla grande levatura, dicevo, non soltanto scientifica, ma anche (soprattutto) umana: può (e dovrebbe) costituire un esempio per il lettore. Sono riportate numerose testimonianze di coloro, spesso personaggi illustri, che lo hanno conosciuto personalmente. Certo, in genere, l’immagine risulta un po’ celebrativa (in tutto il volume, ma particolarmente nelle “testimonianze”, pp. 264-285); per contro, l’eccezionalità del personaggio la giustifica comunque.
Il nostro filosofo nasce in una famiglia di contadini e trascorre i primi anni della sua vita affetto da gravi malattie, le quali, tra l’altro gli impediranno fino al quinto anno di camminare e parlare; egli stesso scrive: «la morte per i primi 5-6 anni mi è stata sempre davanti agli occhi e il suo ricordo mi segnò per tutta la vita» (23). Il suo iter culturale si presenta lusinghiero, fin da giovane, ed assai variegato. Ad esempio, «scriveva poesie (37); sapeva a suonare il pianoforte e l’organo ed essendo stato ascoltato per caso, all’età di ventidue anni, da un maestro del conservatorio di Santa Cecilia, questi così si espresse: «la sua mano è di seta, può diventare un grande concertista, la propongo come mio assistente» (38). «Si laurea in Filosofia presso la Pontificia Università Lateranense (con il massimo dei voti […] a soli 20 anni» (40).
Iscrittosi alla Facoltà di Scienze Naturali (per passare poi a quelle Biologiche) è assistente presso il laboratorio di scienze sperimentali dell’Università Lateranense, ove tiene dei corsi in merito (cf. 48). Detto laboratorio, all’epoca risultava tanto all’avanguardia, che lo stesso E. Fermi, dopo averlo visitato, guidato proprio dal nostro (Fabro), si espresse in questi termini: «Questo è il laboratorio di biologia più attrezzato di tutta Italia» (45). Poneva grande impegno in ogni sua attività: l’uomo eminente è dominato da passioni grandi, perciò si getta con alacrità in quanto intraprende. Non di rado è proprio il volere che permette di conseguire risultati, i quali invece per altri si rivelano irraggiungibili; non tanto per la difficoltà intrinseca, quanto per l’impegno non sufficiente.
Naturalmente, ciò non significa che non vi siano anche aspetti meno lusinghieri; ad esempio, egli amava molto giocare al calcio, ma «spesso la partita poteva terminare solo quando egli ne riportava la vittoria» (119). Elemento apparentemente banale, ma che la dice lunga su un atteggiamento non proprio sportivo; d’altro canto, indicativo di una volontà forte. Nel 1939 pubblica, ricevendone grande consenso, la prima edizione della tesi con cui due anni prima aveva conseguito il dottorato in teologia, presso la Pontificia Università Angelicum, col massimo dei voti, e che rimane un cardine del suo pensiero: La nozione metafisica di partecipazione secondo San Tommaso d’Aquino – Saggio d’introduzione analitica al pensiero tomista. Si è anche occupato, con A. Gemelli, di psicologia (cf. 52-53). «Il pensiero fabriano ha il suo fondamento nella scienza sperimentale e la conclusione nella metafisica […] indica una base di collaborazione tra Filosofia e Scienza e dimostra come la metafisica “perderà molta forza” senza la fenomenologia, ma senza la robustezza filosofica la fenomenologia rischia di articolarsi in una descrizione “troppo complessa ed ardua” quasi senza un confine» (55- 56): aspetto, questo, di grande rilevanza in una cultura, quale l’odierna, in cui spesso un’eccessiva parcellizzazione fa correre il rischio di profonde e pericolose incomprensioni tra i vari ambiti del sapere. A questo proposito, per un verso Fabro ha avuto una formazione culturale poliedrica, che spaziava dalle scienze sperimentali a quelle speculative; per un altro, ciò non gli ha impedito (purtroppo) di tenere posizioni non sempre aperte. Riporto un passaggio: «A mio avviso non c’è continuità diretta fra scienza e filosofia come non c’è fra esperienza immediata e scienza e come non c’è neppure […] fra filosofia e teologia.
Però l’uomo non deve rimanere chiuso in una specialità […]» (64). Fabro è comunque uomo del suo tempo, pur avendo eccellenti intuizioni; molto apprezzato ed esaltato dall’ambiente curiale, conosce personalmente ed è stimato da tutti i pontefici, a partire da Pio XI, fino a Giovanni Paolo II; forse ciò ha determinato una scarsa disponibilità nei confronti di grandi innovatori suoi contemporanei, primo fra tutti K. Rahner (cf. 178). Purtroppo detto atteggiamento tende ad acuirsi col passare degli anni, al punto di farlo incappare in quella diatriba, in cui viene accusato di essere uno degli autori anonimi con la rivista antimodernista Si, Si - No, No (197), cosa che sarà per lui causa di acuta sofferenza. Fin dal 1941 pubblica due volumi, con una successiva edizione ampliata, nel 1961 e 1962, La fenomenologia della percezione e Percezione e Pensiero, derivati dalla collaborazione con A. Gemelli.
Essi costituiscono «la prima fase dello studio della coscienza riguardante il suo orientamento sul mondo della natura e le struttura che esso assume nell’ambito di questo suo primo movimento verso l’essere» (54); studio che si muove nella duplice dimensione speculativa e sperimentale. Dall’approfondimento di quelle problematiche, scaturisce l’incontro con S. Kierkegaard, autore che studierà per tutta la vita (cf. 184-191), considerandolo uno dei suoi due maestri, unitamente a Tommaso d’Aquino. Per conoscerne meglio il pensiero, studia la lingua danese e diventerà, verosimilmente, colui che ha tradotto la maggior mole di sue (di Kierkegaard) opere. La produzione scientifica di Fabro è davvero vastissima: «Tra opere, articoli, recensioni, ecc., i titoli dei suoi scritti sono più di millecinquecento».
Ad essa va aggiunto il gran numero di corsi, lezioni, conferenze e quant’altro da lui tenuti per tutta la durata della sua vita; ha insegnato in numerose università italiane e pontificie, quali la Cattolica di Milano, l’Urbaniana, la già nominata Lateranense, la Maria Assunta di Roma, ma anche all’estero. Non si può non rimanere meravigliati di fronte ad una mole così ampia di studi e lavori, tanto più si tenga conto dell’ampiezza dei testi e della loro profondità. È doveroso domandarsi come ciò possa accadere; ritengo che la risposta possa essere una sola ovvero la grande passione; ed è proprio tale grande passione che deve costituire, per colui che approccia i suoi testi, la spinta non solo alla lode, bensì all’imitazione. A tale proposito va aggiunto anche la sua ricca attività pastorale, che si estrinsecava nelle circostanze più svariate: dal calcio stesso alle celebrazioni liturgiche, dalle conferenze alle confessioni.
Aspetto davvero non comune per uno studioso della sua importanza. Raccoglie un’eccezionale biblioteca, «definita da Ugo Spirito “la migliore Biblioteca italiana privata di Filosofia”» (161). Ho precedentemente definito il presente studio un po’ troppo celebrativo; caratteristica, per altro, frequente nelle biografie: si evita di porre l’attenzione sui difetti, comunque inevitabili in ogni essere umano. Purtroppo, in tal modo, si allontana il personaggio dai comuni mortali, e così facendo gli si fa un grave torto, poiché se ne riduce fortemente la vera forza esemplare: un grande non è tale, perché privo di difetti, bensì perché ricco di pregi. Anche nel nostro caso, solo ponendovi attenzione se ne ricava la presenza di qualcuno, spesso in qualche modo velato.
In ogni caso, nel tracciare una biografia di Fabro non si può prescindere dalla sua costante attenzione ed esercizio della preghiera (cf. 199-202), aspetto determinante e propulsivo anche nella sua instancabile attività sui vari fronti sopra accennati. E sarà proprio la dimensione spirituale ad essergli di grande aiuto quando, prima di tenere una lezione all’Università di Perugia il 30 aprile 1980, gli verrà consegnata una lettera delle Brigate Rosse, contenente una minaccia di morte (cf. 203). Chi ha vissuto quegli anni è consapevole di quanto serie e preoccupanti fossero simili minacce. In merito, vanno ricordati anche i suoi studi su alcuni santi, particolarmente su Gemma Galgani, della quale pubblica un approfondito volume nel 1987: testo che costituisce un «addentrarsi nella conoscenza della personalità e vita interiore di C. Fabro» (219); come pure vanno ricordati i suoi scritti a carattere spirituale (cf. 220-222). Gli ultimi suoi giorni terreni sono tratteggiati alle 236-237.
Tratto dalla rivista Lateranum n.1/2012
(http://www.pul.it)
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