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Opere complete / Dio. Introduzione al problema teologico
EAN 9788889231159
In ristampa lunga
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DETTAGLI DI «Opere complete / Dio. Introduzione al problema teologico»
Tipo
Libro
Titolo
Opere complete / Dio. Introduzione al problema teologico
Autore
Fabro Cornelio
Editore
Editrice del Verbo Incarnato
EAN
9788889231159
Pagine
182
Data
2007
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Recensioni di riviste specialistiche su «Opere complete / Dio. Introduzione al problema teologico»
Recensione di Francesco De Carolis della rivista Studia Patavina
Il problema filosofico di Dio non è un problema astratto, una semplice questione metafisica lontana dalle inquietudini dell’uomo. Come nota Cornelio Fabro, il problema dell’approdo filosofico al problema teologico si ritrova nei diversi ambiti e nei diversi problemi filosofici, a dimostrazione che tale questione coinvolge ogni piano della vita umana e che ogni aspetto della natura e della storia riporta il pensiero a una domanda che riguarda la ragione e la vita. Tale interrogativo, che si pone a livello filosofico, conduce più vicino a problemi che la ragione non può risolvere del tutto, ma ai quali anch’essa è chiamata a dare alcune risposte. Perciò, Fabro nota: «le pagine che seguono vogliono essere un itinerario elementare per questa meta suprema: dalle strutture di quelle negazioni e oscillazioni, dalle genuine affermazioni della scienza e della cultura, dal ritmo più profondo del pensiero e dell’esperienza, trarre quell’affermazione dell’esistenza dell’Assoluto, della Sua presenza nella natura, nella storia e nella coscienza dei singoli senza la quale l’essere sprofonda nell’insignificanza del nulla» (p. 7).
Queste riflessioni di Cornelio Fabro sono ancor più significative, perché vengono da un’esperienza umana e filosofica che si è costantemente confrontata con le inquietudini del nostro tempo e con le stesse espressioni dell’ateismo e dell’agnosticismo moderno. Dunque, le pagine del Fabro dimostrano che la possibilità del conseguimento della prospettiva teologica non è scontata, ma che tale prospettiva consente anche di riconoscere, mediante le nostre capacità imperfette e analogiche, nelle cose e nel mondo il segno della provvidenza, della bontà e soprattutto dell’amore di Dio.
Insomma, dalla lettura delle dense pagine di Cornelio Fabro emerge costantemente la convinzione che non si comprenderebbe il significato profondo del tema della ricerca di Dio se non si tenessero presenti due aspetti essenziali, quello della sua universalità e quello della sua trascendenza, che paradossalmente ci toccano e ci sorpassano, mostrando che la concezione di un Dio come semplice proiezione dell’uomo ha il limite di non riuscire a spiegare la natura stessa della capacità metafisica dell’intelligenza, la possibilità di trovare in ogni ente e nella stessa coscienza immediata una domanda che oltrepassa il finito.
Si tratta di due questioni che fanno emergere la necessità, la concretezza e la paradossalità della domanda su Dio che un essere come l’uomo non ha cessato e non può cessare di porsi nel variare dei tempi, nelle più diverse condizioni di cultura, di età e di orientamento personale e psicologico.
In effetti, la domanda su Dio non è un puro interrogativo di ordine intellettuale o una teorizzazione deduttiva e astratta: se è davvero avvertita, la questione coinvolge tutto il nostro essere ed ha un impatto profondo sulla nostra vita, sulle scelte e sugli orientamenti della nostra esistenza. Inoltre, tale problema non trova nella stessa ragione una conclusione del tutto definitiva, ma solo alcuni riferimenti certi a partire dai quali ci è consentito di aprirci a una verità più alta e soprannaturale.
La conoscenza di Dio non è un dato immediato della nostra coscienza, ma non si risolve neanche nella dimensione antropologica e storica, non si disperde nella natura e non trova inaccessibili gli ambiti della relatività delle epoche e dei tempi storici. Anzi, il problema di Dio tocca ogni ambito della ragione umana e sollecita a passare da un grado di riflessione ad un altro: «la coscienza di Dio quale unico creatore, comune a molti moderni scienziati, è bensì l’estremo limite cui può giungere la ragione naturale, ma non costituisce (…) l’ultima frontiera della verità. Del medesimo creatore, incontrato dalla scienza sul suo cammino, la filosofia e molto più la rivelazione in armonica collaborazione, perché tutte e tre strumenti della verità quasi raggi del medesimo sole, contemplano la sostanza, svelano i contorni, ritraggono le sembianze» (p. 95).
In effetti, le varie risposte, faticosamente rinvenute nel corso storico e nel procedere della filosofia, esprimono il convergere del pensiero umano verso una più chiara conoscenza di Dio. Perciò, non va negato il tentativo di conoscere, per vie analogiche, alcuni aspetti di un essere che ci trascende, fraintendendo l’affermazione inoppugnabile dell’assoluta trascendenza di Dio. Non è neanche condivisibile l’aspetto «complementare» di questa prospettiva, cioè un relativismo filosofico in cui le varie risposte al problema di Dio sembrano sullo stesso piano.
Certo, la conoscenza di Dio non è un dato scontato e ovvio. Lo dimostrano le difficoltà, vere o presunte, di ordine teoretico o pratico, che l’ateismo e l’agnosticismo, di cui Fabro tanto si interessa anche in questo volume, pongono alla riflessione filosofica.
La conoscenza di Dio è certamente frutto di un’evoluzione individuale e sociale. Fabro la segue sin nella vita infantile o in quella di popoli antichi e nelle prime forme di civiltà umana. In questi casi, emerge l’impossibilità di ricondurre la ricerca di Dio a un’idea tardiva, quasi che essa corrisponda a costruzioni astratte o più sofisticate delle età successive.
Tuttavia, i fondamenti dell’interrogazione integrale su Dio, che si constatano nell’adulto, sono già presenti nei primi anni di vita e, più in generale, l’uomo non ha mai cessato di porsi il problema di Dio.
Va anche aggiunto che il problema di Dio deve essere mantenuto nella sua interezza e integralità. Perciò, bisogna mettere in discussione quelle interpretazioni esclusivamente sentimentali, pratiche e storiche, le quali dimenticano che la posizione metafisica del problema è il termine degli interrogativi umani che sottostanno alla ricerca dell’intelligenza. Infatti, Fabro ricorda che non è possibile ridurre lo scenario ultimo dell’interrogazione umana alle questioni della giustizia sociale, della storia e della comunità spirituale. Si tratta di prospettive, anche elevatissime, che non esauriscono il bisogno di verità dell’intelligenza, la tensione del pensiero che si trova dinanzi a una realtà che non si spiega da sé.
Infine, Fabro non ignora che alle recise negazioni di un ateismo élitario è subentrato un ateismo più diffuso e dispersivo. Questo ci porta ancora all’interrogazione sulla crisi etica e storica che viviamo, poiché il pensiero attuale, spesso per la fragilità dei suoi presupposti, non riesce ad uscire da una molteplicità di prospettive in conflitto e dalla confusione di molte filosofie dalla comune base relativista.
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" 2008, nr. 2
(http://www.fttr.it/web/studiapatavina)
Queste riflessioni di Cornelio Fabro sono ancor più significative, perché vengono da un’esperienza umana e filosofica che si è costantemente confrontata con le inquietudini del nostro tempo e con le stesse espressioni dell’ateismo e dell’agnosticismo moderno. Dunque, le pagine del Fabro dimostrano che la possibilità del conseguimento della prospettiva teologica non è scontata, ma che tale prospettiva consente anche di riconoscere, mediante le nostre capacità imperfette e analogiche, nelle cose e nel mondo il segno della provvidenza, della bontà e soprattutto dell’amore di Dio.
Insomma, dalla lettura delle dense pagine di Cornelio Fabro emerge costantemente la convinzione che non si comprenderebbe il significato profondo del tema della ricerca di Dio se non si tenessero presenti due aspetti essenziali, quello della sua universalità e quello della sua trascendenza, che paradossalmente ci toccano e ci sorpassano, mostrando che la concezione di un Dio come semplice proiezione dell’uomo ha il limite di non riuscire a spiegare la natura stessa della capacità metafisica dell’intelligenza, la possibilità di trovare in ogni ente e nella stessa coscienza immediata una domanda che oltrepassa il finito.
Si tratta di due questioni che fanno emergere la necessità, la concretezza e la paradossalità della domanda su Dio che un essere come l’uomo non ha cessato e non può cessare di porsi nel variare dei tempi, nelle più diverse condizioni di cultura, di età e di orientamento personale e psicologico.
In effetti, la domanda su Dio non è un puro interrogativo di ordine intellettuale o una teorizzazione deduttiva e astratta: se è davvero avvertita, la questione coinvolge tutto il nostro essere ed ha un impatto profondo sulla nostra vita, sulle scelte e sugli orientamenti della nostra esistenza. Inoltre, tale problema non trova nella stessa ragione una conclusione del tutto definitiva, ma solo alcuni riferimenti certi a partire dai quali ci è consentito di aprirci a una verità più alta e soprannaturale.
La conoscenza di Dio non è un dato immediato della nostra coscienza, ma non si risolve neanche nella dimensione antropologica e storica, non si disperde nella natura e non trova inaccessibili gli ambiti della relatività delle epoche e dei tempi storici. Anzi, il problema di Dio tocca ogni ambito della ragione umana e sollecita a passare da un grado di riflessione ad un altro: «la coscienza di Dio quale unico creatore, comune a molti moderni scienziati, è bensì l’estremo limite cui può giungere la ragione naturale, ma non costituisce (…) l’ultima frontiera della verità. Del medesimo creatore, incontrato dalla scienza sul suo cammino, la filosofia e molto più la rivelazione in armonica collaborazione, perché tutte e tre strumenti della verità quasi raggi del medesimo sole, contemplano la sostanza, svelano i contorni, ritraggono le sembianze» (p. 95).
In effetti, le varie risposte, faticosamente rinvenute nel corso storico e nel procedere della filosofia, esprimono il convergere del pensiero umano verso una più chiara conoscenza di Dio. Perciò, non va negato il tentativo di conoscere, per vie analogiche, alcuni aspetti di un essere che ci trascende, fraintendendo l’affermazione inoppugnabile dell’assoluta trascendenza di Dio. Non è neanche condivisibile l’aspetto «complementare» di questa prospettiva, cioè un relativismo filosofico in cui le varie risposte al problema di Dio sembrano sullo stesso piano.
Certo, la conoscenza di Dio non è un dato scontato e ovvio. Lo dimostrano le difficoltà, vere o presunte, di ordine teoretico o pratico, che l’ateismo e l’agnosticismo, di cui Fabro tanto si interessa anche in questo volume, pongono alla riflessione filosofica.
La conoscenza di Dio è certamente frutto di un’evoluzione individuale e sociale. Fabro la segue sin nella vita infantile o in quella di popoli antichi e nelle prime forme di civiltà umana. In questi casi, emerge l’impossibilità di ricondurre la ricerca di Dio a un’idea tardiva, quasi che essa corrisponda a costruzioni astratte o più sofisticate delle età successive.
Tuttavia, i fondamenti dell’interrogazione integrale su Dio, che si constatano nell’adulto, sono già presenti nei primi anni di vita e, più in generale, l’uomo non ha mai cessato di porsi il problema di Dio.
Va anche aggiunto che il problema di Dio deve essere mantenuto nella sua interezza e integralità. Perciò, bisogna mettere in discussione quelle interpretazioni esclusivamente sentimentali, pratiche e storiche, le quali dimenticano che la posizione metafisica del problema è il termine degli interrogativi umani che sottostanno alla ricerca dell’intelligenza. Infatti, Fabro ricorda che non è possibile ridurre lo scenario ultimo dell’interrogazione umana alle questioni della giustizia sociale, della storia e della comunità spirituale. Si tratta di prospettive, anche elevatissime, che non esauriscono il bisogno di verità dell’intelligenza, la tensione del pensiero che si trova dinanzi a una realtà che non si spiega da sé.
Infine, Fabro non ignora che alle recise negazioni di un ateismo élitario è subentrato un ateismo più diffuso e dispersivo. Questo ci porta ancora all’interrogazione sulla crisi etica e storica che viviamo, poiché il pensiero attuale, spesso per la fragilità dei suoi presupposti, non riesce ad uscire da una molteplicità di prospettive in conflitto e dalla confusione di molte filosofie dalla comune base relativista.
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" 2008, nr. 2
(http://www.fttr.it/web/studiapatavina)
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