Etica dell'imprenditore. Le decisioni aziendali, i criteri di valuta zione e la dottrina sociale della Chiesa
(Scienze umane e organizzazione sociale)EAN 9788888926575
Si tratta di un prezioso contributo sul valore dell’impresa e sulla figura dell’imprenditore quale soggetto strategico nella costruzione della buona società. Tutta la riflessione, ricca di documentazione e di argomentazioni rigorose, affronta le problematiche del valore dell’impresa, della sua responsabilità sociale e della professionalità dell’imprenditore alla luce della tradizione personalistica della Dottrina sociale della Chiesa senza però rinchiudersi in una visione confessionale. L’andamento del discorso si snoda a livello filosofico (cf. pp. 14-37), culturale, economico ed etico così da mostrare la bontà e la plausibilità delle conclusioni, accettabili e desiderate da tutti coloro che, pur con presupposti diversi, hanno a cuore il bene dell’impresa e della società. Senza la pretesa di riassumere la ricchezza delle riflessioni e dei numerosi autori citati, possiamo far emergere tre idee di fondo sempre presenti nei vari capitoli del libro. In primo luogo, una visione del valore in termini pluridimensionali: il valore dell’impresa è contemporaneamente formato da valore economico (cf. pp. 118-122), da valore competitivo, differenziale rispetto ai concorrenti (cf. pp. 122-124), e da valore sociale, cioè dal contributo dell’impresa al benessere e allo sviluppo della collettività (cf. pp. 124- 127), che si raggiunge espletando correttamente la funzione di istituto economico-sociale, che gli è propria, e interiorizzando «quei valori etici che sono alla base di un rapporto giusto con il territorio e la società» (p. 45). Il valore ha quindi elementi quantitativi e qualitativi: è una misura che sintetizza una realtà produttiva complessa attraverso una pluralità di metodi. Ne deriva, afferma Livi, che «un prodotto non è apprezzato unicamente per le caratteristiche esteriori o funzionali. Il suo valore è stimato in gran parte per le caratteristiche non materiali quali le condizioni di fornitura, i servizi di assistenza e personalizzazione, l’immagine e infine la storia del prodotto stesso» (p. 76). In secondo luogo cogliamo la concezione comunitaria ed equilibrata dell’impresa, come troviamo nella Dottrina sociale della Chiesa (cf. pp. 38-70). L’impresa come un’associazione di persone che sono sempre in relazione l’una con l’altra e all’impresa stessa non solo in modo funzionale, è la condizione necessaria per parlare di responsabilità sociale dell’impresa. Un’impresa capace di agire moralmente, ha da essere compresa come un gruppo di individui autonomi con il fine di realizzare non solo i loro propri interessi o gli interessi dell’impresa, ma anche i fini che essi hanno in comune a motivo dell’appartenenza ad una comunità di persone: «Coloro che le [imprese] costituiscono e le dirigono – precisa Livi – condividono, facendoli propri quei valori etici e quei principi di condotta che portano a rapportarsi responsabilmente con tutte le categorie di soggetti che, dentro e fuori dell’impresa, concorrono al bene comune» (p. 45). La terza idea chiave del volume è la responsabilità sociale dell’impresa. Sebbene un’impresa abbia una specifica missione economica – produrre beni e servizi in modo profittevole – il punto è interpretare e realizzare questa missione come un bene morale e sociale per la comunità a lungo termine, operando cioè per il bene comune. Perciò ha senso chiedere all’impresa di farsi carico di questo o quel problema sociale, al di là di quello che la legge le impone, solo in quanto essa riesca ad inserire il suo impegno sociale in un disegno strategico coerente, dotato di una sua validità anche sul piano economico, e perciò capace di assicurare la funzionalità e lo sviluppo duraturo dell’impresa. «Se un’impresa adotta un comportamento socialmente responsabile, monitorando e rispondendo alle aspettative economiche, ambientali e sociali di tutti i portatori di interesse (stakeholders), essa non va contro i propri interessi economici, anzi può conseguire un vantaggio competitivo e può riuscire anche a massimizzare gli utili di lungo periodo» (p. 76). Responsabilità sociale non significa costringere l’impresa a perseguire obiettivi diversi da quelli che le sono propri istituzionalmente, né significa imporre comportamenti ostili e innaturali. Tale discorso richiede di essere inserito in una prospettiva di allargamento e di arricchimento delle razionalità economiche e collettive, creando le condizioni per un avanzato sistema di convenienze economiche; esige da parte dei vari soggetti una capacità di combinare orizzonti di breve e di mediolungo termine, una capacità di armonizzare diverse dimensioni della vita economica, sociale e civile. Sofferenze e inconvenienti per gli stakeholders non sono accettabili senza progressi progettati lungo il tempo. L’includere il lungo termine inizia con il posizionamento strategico. Livi cita a questo proposito la testimonianza dell’imprenditore Francesco Merloni: «Un’impresa ha bisogno di valori etici e morali di riferimento, altrimenti non può durare nel tempo» (p. 78). La responsabilità etica, incorporata in una visione comunitaria ed equilibrata d’impresa, e una nozione di ricchezza a lungo termine possono provvedere una guida affidabile, in questo mondo di incertezza e di crisi globale, per l’imprenditore. Nell’ultimo capitolo Fornai concretizza le indicazioni etiche affrontando alcune problematiche manageriali e invocando “la virtù morale della prudenza” (cf. p. 106). Tutto il volume stimola a ripensare la professionalità imprenditoriale come leadership che chiarifica gli obiettivi da realizzare, le priorità da rispettare, i limiti da non trasgredire, negoziando i compromessi tra progresso tecnico e profitto, qualità di vita dei dipendenti e rispetto dei termini economici, tra il desiderabile e il possibile.
Tratto dalla rivista Aquinas n. 3/2009
(http://www.pul.it)