"Padre Lido l’ho scoperto partendo da un tema a cui sono molto legato: le storie dei Giusti, cioè di quelle persone coraggiose che, durante la persecuzione nazista, ebbero il coraggio di dire di no all’odio contro gli ebrei e offrirono loro rifugio, pur sapendo che così mettevano a rischio la propria stessa vita. Conoscendo questo mio interesse, quando sono iniziati a riemergere i racconti sull’opera svolta da Mencarini a Cantù negli anni della guerra, il Pime mi ha chiesto di raccogliere qualche informazione in più: volevamo verificare se ci fossero le condizioni perché Mencarini venisse riconosciuto anche ufficialmente come Giusto tra le nazioni dallo Yad Vashem, il Memoriale dell’Olocausto a Gerusalemme. Per questo motivo sono andato a Cantù a incontrare alcuni dei giovani di allora. Ed è stato così che ho capito che non si poteva isolare quella storia da tutto il resto. Che sotto quei gesti c’era un uomo, un educatore, un sacerdote che andava raccontato a tutto tondo.
Così ho iniziato a consultare qualche archivio: quello della parrocchia San Paolo a Cantù, ma anche quelli del Pime. Dove sono saltate fuori tante sue lettere e altre testimonianze interessanti su padre Lido. Contemporaneamente a Hong Kong - la missione dove Mencarini ha svolto il suo ministero per oltre 60 anni - padre Gianni Criveller, anche lui missionario del Pime e testimone diretto dell’ultimo tratto della vita di padre Lido, raccoglieva testimonianze tra tante persone che lo avevano conosciuto là. […]
Così, mettendo insieme un po’ tutto, è nato questo libro. «Padre Lido. Missionario ed eroe nascosto tra Cantù e Hong Kong», abbiamo scritto nel titolo. La tentazione potrebbe essere quella di parlare di due volti diversi: proprio le circostanze della vita, infatti, portarono questo sacerdote a confrontarsi con situazioni tra loro molto diverse. A Cantù tutti ricordano il padre Lido sulla breccia, educatore instancabile e aiuto per chiunque fosse in pericolo. A Hong Kong, invece, il suo servizio fu quello dell’«amministratore fedele», per tanti anni impegnato a trovare risorse finanziarie, a sottoscrivere intese, a scegliere i fornitori giusti per costruire nuove parrocchie e scuole in una diocesi la cui popolazione cresceva a ritmo vertiginoso. Come vedremo - però - la bellezza di questa storia sta proprio nel sapere cogliere l’insieme di questi due volti, nel riconoscere un filo rosso che ha attraversato tutta la sua vita.
Ed è lui stesso a indicarcelo con una frase che negli ultimi anni ripeteva spesso quando tracciava il bilancio della sua vita. Una frase che, non a caso, è anche il cuore del suo testamento spirituale: «Il buon Dio mi ha voluto tanto bene», racconta a tutti padre Lido. Lo dice alla fine della vita, dopo novant’anni vissuti intensamente. Ma, in fondo, è la stessa verità che ha guidato Mencarini fin dai suoi primi passi: fu proprio la consapevolezza di essere amato da Dio a far nascere nel suo cuore di ragazzo la vocazione alla missione; era stato poi quell’amore il tesoro più prezioso che aveva comunicato ai suoi giovani a Cantù; ma era sempre perché tutti potessero conoscerlo che lui si dava da fare anche con i registri dei conti e le carte bollate nell’ufficio della Procura della diocesi di Hong Kong.
Era un uomo che aveva scoperto come l’amore di Dio fosse un dono troppo grande per tenerlo solo per sé. E non è questo - alla fine - il tratto peculiare che dovrebbe contraddistinguere ogni missionario? Non è esattamente ciò che un testimone del Vangelo lascia dietro di sé quando la propria vocazione lo chiama a quel distacco fisico che è la premessa indispensabile per ogni nuova partenza?"
(dall’introduzione di Giorgio Bernardelli)