Il canzoniere dell'anima
(Mini libri)EAN 9788886474689
Esaurito
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DETTAGLI DI «Il canzoniere dell'anima»
Tipo
Libro
Titolo
Il canzoniere dell'anima
Autore
Zovatto Pietro
Editore
Parnaso
EAN
9788886474689
Pagine
112
Data
2004
Collana
Mini libri
COMMENTI DEI LETTORI A «Il canzoniere dell'anima»
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Recensioni di riviste specialistiche su «Il canzoniere dell'anima»
Recensione di Giuseppe Bortolussi della rivista Studia Patavina
In quel laboratorio dell’ascetica dove si consumano gli esercizi di purificazione si trova la croce quale l’ineliminabile mortificazione delle esuberanze della umana natura percossa dal peccato originale. Sul bel punto d’inizio di questa silloge appaiono diversi componimenti sulla croce, debitamente illustrati da Ugo Pierri.
Rivolgendosi al Crocifisso il grido diventa subito lancinante: “Perché almeno una volta / non ti pieghi dentro / al mio sangue in subbuglio / per gustare dell’essere / il terrestre bruciare…?” (Incompiuto). Ma Cristo appeso alla croce s’innalza a evento di protagonista della storia: “Sei il santo anarchico / il libero pensatore / contro i formalismi degli scribi”, perché egli appare il genio trascendente e universale “degli infermi, la salvezza / di chi ti guarda e basta” (Sulla Croce). Quella croce vituperata e benedetta, bestemmiata e adorata si erge quale speranza contro ogni speranza: “Sul tramonto di ogni utopia / la tua croce ultima sfida” (Sulla Croce).
Avviene, tuttavia, all’uomo viandante di sfiorare le edicole dei crocicchi delle città e dei villaggi senza nessun dono da portare: “A mani vuote son passato / davanti a un crocifisso in via / Donota, là dove la città si stringe / sotto San Giusto” (A Trieste). Ma è proprio quel crocifisso che fa maturare un esame di coscienza: “E come fatichi a diventare / il nostro canto solidale / alle diverse parole del mondo…”. Sul legno della croce si consuma “la tragedia delle mani facili” (Le mani della croce) quelle violente dei soldati, quelle traditrici di Giuda, quelle pusillanimi di Pilato, solo “la Vergine Madre / copriva le piaghe aperte / del figlio al dolore abbandonato”.
In questa silloge tipograficamente molto elegante si rincorrono anche altre tematiche come lo scavo interiore alla ricerca di delineare la propria identità; la natura col suo incanto plastico nei suoi momenti di maggiore sfoggio, come i personaggi che sono i protagonisti dell’avventura del pensiero e della storia, Dante, Papa Giovanni XXIII, Kierkegaard. Ma si rinviene anche nella secolarizzazione incalzante la desolazione delle chiese deserte: “la fraternità dei banchi / vuoti crepita nel cuore / col sentimento puro / delle pietre antiche, / esala di salsedine / marina l’orazione” (Chiesa), mentre si ode: “la preghiera rimbalzare / il mistero dell’eterno”.
Al termine di una disamina prolungata dalla inquietudine della ricerca e dal travaglio dell’incontro col divino, il poeta conclude: “Per la tua misericordia, Dio, / guarda il mio cielo. / Forse… merita uno sguardo” (Abbà).
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" 2004, nr. 3
(http://www.fttr.glauco.it/pls/fttr/V3_S2EW_CONSULTAZIONE.mostra_pagina?id_pagina=271)
Rivolgendosi al Crocifisso il grido diventa subito lancinante: “Perché almeno una volta / non ti pieghi dentro / al mio sangue in subbuglio / per gustare dell’essere / il terrestre bruciare…?” (Incompiuto). Ma Cristo appeso alla croce s’innalza a evento di protagonista della storia: “Sei il santo anarchico / il libero pensatore / contro i formalismi degli scribi”, perché egli appare il genio trascendente e universale “degli infermi, la salvezza / di chi ti guarda e basta” (Sulla Croce). Quella croce vituperata e benedetta, bestemmiata e adorata si erge quale speranza contro ogni speranza: “Sul tramonto di ogni utopia / la tua croce ultima sfida” (Sulla Croce).
Avviene, tuttavia, all’uomo viandante di sfiorare le edicole dei crocicchi delle città e dei villaggi senza nessun dono da portare: “A mani vuote son passato / davanti a un crocifisso in via / Donota, là dove la città si stringe / sotto San Giusto” (A Trieste). Ma è proprio quel crocifisso che fa maturare un esame di coscienza: “E come fatichi a diventare / il nostro canto solidale / alle diverse parole del mondo…”. Sul legno della croce si consuma “la tragedia delle mani facili” (Le mani della croce) quelle violente dei soldati, quelle traditrici di Giuda, quelle pusillanimi di Pilato, solo “la Vergine Madre / copriva le piaghe aperte / del figlio al dolore abbandonato”.
In questa silloge tipograficamente molto elegante si rincorrono anche altre tematiche come lo scavo interiore alla ricerca di delineare la propria identità; la natura col suo incanto plastico nei suoi momenti di maggiore sfoggio, come i personaggi che sono i protagonisti dell’avventura del pensiero e della storia, Dante, Papa Giovanni XXIII, Kierkegaard. Ma si rinviene anche nella secolarizzazione incalzante la desolazione delle chiese deserte: “la fraternità dei banchi / vuoti crepita nel cuore / col sentimento puro / delle pietre antiche, / esala di salsedine / marina l’orazione” (Chiesa), mentre si ode: “la preghiera rimbalzare / il mistero dell’eterno”.
Al termine di una disamina prolungata dalla inquietudine della ricerca e dal travaglio dell’incontro col divino, il poeta conclude: “Per la tua misericordia, Dio, / guarda il mio cielo. / Forse… merita uno sguardo” (Abbà).
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" 2004, nr. 3
(http://www.fttr.glauco.it/pls/fttr/V3_S2EW_CONSULTAZIONE.mostra_pagina?id_pagina=271)
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