Otto secoli di arte tessile ai Frari: sciamiti, velluti, damaschi, broccati, ricami
(Varia) [Brochure]EAN 9788885155978
La pubblicazione, redatta in occasione del riordino inventariale dei paramenti liturgici conservati presso la basilica dei Frari a Venezia, presenta un vero e proprio tesoro di opere tessili, realizzate in un arco temporale che va dal XII al XX secolo. L’iniziativa, voluta da fra Nicola Mario Riccadona, è stata intrapresa da Doretta Davanzo Poli, nota studiosa di storia del costume e del tessuto, specializzata in particolare nell’ambito veneziano. Il libro si apre con la prefazione di fra Lino Pellanda che, citando il cardinale Martini, tocca la questione, molto dibattuta negli ultimi anni, dell’ammissibilità di paramenti sontuosi per le celebrazioni liturgiche: «Gesù gradisce le cose belle, l’amore per il culto può essere giudicato spesa inutile solo dalla mentalità efficientistica di oggi» (p. 7). La grandissima importanza delle confezioni tessili, all’interno della liturgia, è inoltre evidenziata da fra Nicola Mario Riccadona nell’introduzione: «anche attraverso le vesti sacre, imbastite di luce per la dignità della celebrazione, vi si legge un tramite della relazione tra Dio e l’uomo, segno di una comunione altra, che nutre l’interiorità e lo spirito dell’uomo assetato di oltre» (p. 9).
All’introduzione segue il saggio di Doretta Davanzo Poli, che contiene una breve storia dell’arte tessile a Venezia, città che fin dalle origini importava in Europa i tessuti di lusso orientali. Secondo le cronache antiche, fu una fortunata circostanza a permettere nel 1094 ai veneziani di apprendere il sistema di tessitura dei pallii auroserici, i più preziosi e ricercati: l’imperatore Enrico IV (non Enrico III com’è invece segnalato a p. 13) stava soggiornando quell’anno in città e, per sdebitarsi per la sua prolungata permanenza, ordinò ad Antinope di Morea, il suo mastro tessitore, di realizzare un tessuto auroserico da donare ai veneziani. Fu così che, resasi necessaria la costruzione sul posto di un telaio apposito, le maestranze locali appresero l’arte da cui ebbe inizio la fortuna del centro lagunare nella produzione tessile. Fortuna che durerà nei secoli: si ricorda infatti che nel XIV secolo ebbe luogo proprio a Venezia l’invenzione del velluto, tessuto pregiatissimo destinato ad avere grande successo. Dopo l’accenno storico si apre una presentazione dei pezzi contenuti nel catalogo. Non si tratta esclusivamente di produzioni veneziane, poiché alcuni tra essi sono stati realizzati in Francia, in Turchia o in altre zone d’Italia; comune a tutti è però l’attuale luogo di conservazione, ovvero la basilica dei Frari.
Un secondo fattore unificante, se si escludono le due federe per cuscini e la cosiddetta ‘‘veste’’ della beata Chiara Bugni, è la presenza di soli manufatti tessili destinati alle celebrazioni religiose. Risulta perciò utile l’excursus, scritto da Ivo Panteghini, sui significati allegorici dei paramenti liturgici. Per ognuno di essi è presente nel saggio una descrizione, alla quale segue l’esposizione del simbolismo di cui sono stati investiti dal medioevo in poi. Sono prese in analisi prima di tutto le vesti liturgiche: la tonacella riservata ai suddiaconi, la dalmatica per i diaconi e la pianeta, ovvero la sopravveste del sacerdote. Troviamo poi le insegne liturgiche, manipolo e stola, a cui è affidato il ruolo di evidenziare il rango sacerdotale o diaconale, e i paramenti complementari, ovvero quelli utilizzati come corredo nelle celebrazioni o specificamente realizzati per occasioni solenni: il velo del calice e la custodia, detta borsa, del corporale, piccola tovaglietta di lino inamidato, importante poiché durante la celebrazione entra direttamente a contatto con il corpo e il sangue di Cristo. Paramento complementare è anche il velo omerale: un velo utilizzato nel trasporto della pisside da parte del sacerdote, o della mitra vescovile da parte di un accolito, o della patena da parte del suddiacono. Come il velo da calice e il corporale, quest’ultimo ricopre l’importante ruolo di medium simbolico tra la realtà divina e quella umana. Il piviale è un manto liturgico che davanti viene chiuso da un fermaglio e sul retro è ornato dal cosiddetto scudo, memoria di un’originaria presenza del cappuccio. Usato in situazioni che richiedono maggiore solennità rispetto alla pianeta, è generalmente realizzato in tessuti pregiati: sono infatti dei piviali i pezzi più sontuosi del catalogo (si vedano ad esempio le schede alle pagine 42 e 46). L’ultimo dei paramenti presentati è il baldacchino, che si utilizza nelle processioni, dopodiché il saggio si conclude con un accenno al canone dei colori liturgici. Prima di papa Pio V (1566-1572), infatti, i colori dei paramenti variavano a seconda della tradizione locale; ma dalla seconda metà del XVI secolo il canone, basandosi sui significati allegorici, ne regola il colore per le diverse ricorrenze.
Si trova ora la sezione dedicata alle cinquantasei schede di catalogo, che sono dichiaratamente destinate sia agli specialisti che a un pubblico più ampio. Per ogni scheda si riportano i seguenti dati: dimensioni, numero di inventario, luogo e secolo di realizzazione, dati tecnici, descrizione e confronti con altri tessili, condizioni di conservazione, bibliografia relativa. È inoltre presente un’immagine a tutta pagina per ogni pezzo.
Tra i paramenti presentati nelle schede vale la pena di citare il piviale detto ‘‘della dogaressa’’ (p. 42). Documenti archivistici confermano che esso fu realmente confezionato a partire dal mantello del doge Pasquale Malipiero (1457-1462): c’era infatti l’usanza tra i più importanti cittadini di Venezia di donare le proprie vesti da cerimonia alla chiesa, perché venissero utilizzate per confezionare paramenti liturgici. Il valore altissimo di questo piviale è dato soprattutto dalla qualità del velluto, a pelo fittissimo, e dal colore, il celebre ‘‘rosso veneziano’’ che è rimasto inalterato nei secoli.
Altro pezzo degno di nota è un piviale cangiante, ricavato anch’esso da un indumento donato alla Chiesa, e realizzato in cosiddetto ‘‘velluto a oreficeria’’, una tipologia pregiatissima di tessuto operato (p. 46). Meritano una menzione anche i parati con lo stemma della famiglia Peretti (pp. 62 e 64), entrambi databili alla seconda metà del XVII secolo. Si ricorda a questo proposito che, nel secolo precedente, Felice Peretti (1521-1590), dopo essere stato rettore nel convento dei Frari, era stato eletto papa con il nome di Sisto V. Una pianeta settecentesca dà la possibilità di ammirare un esempio di stile ‘‘bizzarre’’, tipico dell’Europa del XVIII secolo, che si rifà agli elementi botanici dei tessuti indiani e cinesi (p. 80). Altra tipologia di tessuto è il ‘‘dentellé’’, tipo di lampasso che nasce a Lione tra la fine del XVII secolo e l’inizio del succesivo, di cui ai Frari resta un esemplare straordinariamente ben conservato (p. 82).
La sezione successiva riguarda la scheda di restauro dello ‘‘sciamito’’, redatta da Elisa Masiero. Si tratta del resoconto del restauro di una federa di cuscino (scheda a pp. 38-39) rinvenuta il primo luglio 2010 all’interno di una scatola contente ossa e oggetti appartenuti alla beata Chiara Bugni, clarissa veneziana (1471-1514). Il tessuto è databile al XIII secolo e attribuito a una manifattura veneziana. Il motivo ‘‘ad rotellas’’ presenta coppie di grifoni addorsati e la tecnica esecutiva è quella dello sciamito, nonostante si tratti in realtà di una mezzaseta, poiché il tessuto ha l’ordito di fondo in lino. Per la presenza di lisature, strappi e piccoli fori, dovuti probabilmente a insetti, è stato necessario effettuare un restauro, le cui fasi sono illustrate in maniera chiara e puntigliosa alle pp. 156-157.
Subito dopo troviamo cinque pagine di rilievi grafici realizzati da Marina Majcen, relativi ad alcuni tra i reperti più antichi, a cui seguono gli apparati: un glossario chiaro e ricco di informazioni e la bibliografia.
Nel complesso l’opera è in grado di mettere in luce la simbologia dei paramenti liturgici senza trascurare l’esposizione dei dati tecnici sull’esecuzione dei tessuti, fornendo cos? ` un ampio punto di vista sull’arte tessile e il suo legame con la religione cristiana nel corso dei secoli.
Tratto dalla Rivista "Il Santo. Rivista francescana di storia dottrina arte" LV, 2015, fasc. 1-2
(http://www.centrostudiantoniani.it/)
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