Frati minori e privilegi papali tra due e trecento
(Fonti e studi francescani) [Brossura con alette]EAN 9788885155862
Il codice 49 della Biblioteca Antoniana di Padova ha atteso lungo tempo per essere pubblicato, come scrive lo stesso A. già nella premessa, poiché la data dell’inizio della ricerca finalizzata a tale scopo risale all’anno 2006. L’introduzione preavvisa il lettore dell’intenzione e della finalità dei capitoli che seguono: «All’edizione del codice n. 49 […] si è ritenuto opportuno premettere alcuni capitoli introduttivi nei quali si delinea, in modo sommario e senza pretese di completezza il percorso di questo Ordine religioso sulla via dei privilegi pontifici. Non solo per far sì che il lettore possa comprendere, subito e più agevolmente, le ragioni dell’edizione e le conclusioni cui codice padovano consente di pervenire, esposte alla fine dell’introduzione stessa. Ma anche per offrire una diversa prospettiva di osservazione e per tentare di scrivere un’altra e “complementare” storia dei Frati Minori» (p. XI). Specialmente l’ultima frase di Paciocco qui riportata indica la prospettiva in cui presenterà il problema storiografico dei privilegi nella vita minoritica. Senza nascondersi l’A. la manifesta due pagine più avanti, quando annuncia che il suo libro potrebbe non piacere ai francescanisti, agli storici degli Ordini religiosi, del Papato: «Non solo perché ho mirato ad una forma espositiva che, pur tentando di evitare i semplicismi, cerca di essere piana e accessibile anche ai lettori non accademici o non eccessivamente specializzati. Ma anche in quanto ho tentato di esplicitare il mio parzialissimo punto di vista, che il risultato della riflessione su questo argomento di studio e su altri in precedenza da me affrontati» (p. XIII).
Infatti il libro e l’esposizione della questione dei privilegi emessi per e chiesti dai Frati Minori è molto particolare, personale in una prospettiva differente da quella che si trova generalmente nelle pubblicazioni che affrontano il problema. In poche parole, che possono sintetizzare tutto il tenore del testo di Paciocco, è una visione e un’interpretazione personale, appassionata, e non politicamente corretta secondo le usanze della storiografia “canonizzata”, se sia permesso di prestare il termine e l’analogia. Dunque il lettore esperto, anzitutto storico e francescanista, lo trova fortemente parziale e contrario, per non dire antiminoritico, il lettore meno preparato o addentrato nelle complicate storie francescane lo trova interessante, perfino divertente e curioso in alcuni passi più intriganti.
Il testo successivo all’introduzione è diviso in due parti: la prima di sei capitoli introduttivi, di cui l’ultimo dedicato interamente al codice edito, e la esigua conclusione; la seconda con la nota codicologica e paleografica di Carlo Tedeschi (p. 109-115), che precede l’esposizione dei criteri di edizione e il testo del Liber privilegiorum conventus Padue, quest’ultimo tra le pagine 119-227. I primi cinque capitoli introduttivi abbracciano più di un secolo di storia, e cioè dal 1209 al 1342, emessi a favore o sfavore dei Minori. L’A. intitola in latino sia i capitoli sia i paragrafi con cui divide il testo dei capitoli, con le parole prestate dai documenti consultati, e con la delimitazione cronologica per ogni capitolo.
Risulta un’impresa abbastanza ardua sintetizzare o presentare adeguatamente i contenuti dei capitoli, ma forse non è questo il problema più importante, poiché l’interesse è sempre lo stesso: i privilegi grazie ai quali i frati godono l’esenzione dai vescovi locali sempre più ampia, non solo nelle questioni del diritto proprio dell’Ordine, ma anche per le questioni della pastorale e dell’economia, legate all’esercizio del potere vescovile sul territorio della diocesi. Crediamo che sia inutile qui riportare i singoli documenti e con il loro peso giuridico e storico, infatti Paciocco ha descritto con tanta cura e dettaglio i documenti presi in esame. Tuttavia rimane aperta la questione dell’esposizione offerta dall’A., e cioè del modo in cui egli si esprime sulla vicenda dei privilegi minoritici.
Paciocco è molto ironico, critico e, nel quadro di presentazione implicito, i frati si manifestano come persone furbe, per usare una prima associazione mentale che viene dopo la lettura di questi capitoli, e badanti agli interessi propri a scapito delle raccomandazioni e memorie del santo Fondatore, manifesti anzitutto nel suo Testamento, di non cercare e chiedere i privilegi pontifici. Tale tono è costante lungo la prima parte, con le analisi molto acute dei diplomi curiali, in cui il papato, in stragrande maggioranza dei testimoni, favorisce gli ordini mendicati contro il clero secolare e i vescovi locali su diversi livelli della cura pastorale e delle libertà dei frati. La descrizione e il significato dei documenti contrari ai frati, che spesso dopo la morte di un pontefice vennero revocati o annullati dal successore, è accompagnata anche dall’interpretazione dei Minori, che vedeva in tali atti proprio la causa del decesso, una specie di punizione divina inflitta al papa che osava decretarli, ad esempio, nel caso della Etsi animarum di Innocenzo IV pubblicata nel 1254 (p. 38-40).
L’A. dunque presenta anche le reazioni non positive e critiche dei frati in occasione dei documenti che ristabilivano l’equilibrio tra il clero secolare e i frati, e ciò ancora una volta sottolinea la sua visione differente, e come già notato sopra, “complementare” a suo modo, della storia minoritica. Ma sembra che questa ironia non è cattiva, ma vuole uscire dal coro armonico degli storici e delle interpretazioni, secondo l’A., troppo “scientifiche” e far riflettere diversamente. Infatti Paciocco avverte il lettore: «Vorrei aggiungere che non credo alla storia in quanto “scienza”: in troppi parlano ancora di “produzione scientifica”, allorché sono in questione libri o saggi di storia. Forse sarebbe meglio non ritenere la storia una scienza, bensì una disciplina moralmente utile e giustificabile solo allorquando intenda […] aiutarci ad orientarci nel tempo, ma soprattutto a farci assumere ora una “posizione” all’interno della società» (p. XIII).
Il codice, secondo gli studi, nacque probabilmente durante il pontificato di Giovanni XXII. I documenti ivi compresi abbracciano il tempo tra il 1220 con la Cum secundum consilium di Onorio III, e il 1323 con la Cum inter nonnulos di Giovanni XXII. Il libro dei privilegi è anche bene organizzato, anche se non è un lavoro originale, ripartito in due sezioni. «La prima, più ampia, è a sua volta composta di due parti: una costituita da un indice ordinato alfabeticamente per argomenti, l’altra recante documenti – per la stragrande maggioranza papali – sia copiati integralmente sia abbreviati, nella quale il materiale documentario, alfabeticamente organizzato per argomenti in modo simile alla precedente, è corredato da una paginazione numerica indicata con inchiostro rosso e presente solo in questa parte del codice. […] La seconda sezione è separata dalla prima dall’elenco dei pontefici ed è introdotta dalla rubrica Clemens quintus in concilio Veinnensi» (p. 96-97). Il suo uso, confermato, tra l’altro, dall’annotazione del nome del pontefice Giulio II (1503-1513), si è protratto dal XIV secolo “fino agli inizi dell’età moderna”. Il giudizio sul codice in questione dato da Paciocco è altrettanto interessante.
«Apparentemente il compilatore non falsificò nulla. […] La falsificazione non si realizza mediante la produzione di documenti fittizi, ma a livello interpretativo e mediante un audace gioco di presenze e assenze nella prima e nella seconda sezione, un gioco mirante a “produrre” un diritto alternativo a quello fissato dalla sede apostolica» (p. 105). Forse per il lettore diventa più semplice accogliere il modo di presentare e conseguentemente di valutare il volume, poiché l’A. sembra essere motivato dallo svelamento di questo genere di falsificazione.
La parte II, come già detto sopra, contiene un saggio di C. Tedeschi che descrive tecnicamente, secondo i criteri codicologici, il testimone del Liber privilegiorum. Tedeschi offre dunque la presentazione fisica del codice, la tipologia della scrittura degli ornamenti di cui gode il testo, e infine nota la presenza di altre mani che denotano numerosi interventi fino al XVI secolo. Nella brevissima conclusione afferma che l’autore doveva essere un frate appartenete alla Provincia del Santo, bene istruito e familiare con i diplomi pontifici. Aggiunge alla fine: «Quanto più interessa notare, comunque, è che il manoscritto risulta dunque vergato da un’unica mano durante il pontificato di Giovanni XXII, sulla base di un progetto coeso e funzionale al reperimento dei documenti trascritti o semplicemente ricordati in forma di transunto» (p. 115). Dopo il saggio si trova la pagina con i criteri della presente edizione, che informa anche sul titolo: «Il titolo della compilazione, mancante nel codice, è stato integrato come Liber privilegiorum conventus Padue sulla base del modo in cui è intitolata dallo stesso copista la consimile raccolta del convento di Venezia» (p. 118).
Il volume è arricchito dalle sette tavole a colori che riproducono alcune significative pagine del Cod. 49 della Biblioteca Antoniana di Padova, dalla ricchissima raccolta bibliografica delle opere citate nella pubblicazione, e dall’unico indice dei nomi, delle cose notevoli e dei documenti.
Grazie al paziente lavoro di Paciocco per la storia minoritica il codice dei privilegi emanati nel secolo XIII e inizio del XIV finalmente è pubblicato offrendo un materiale molto prezioso e importante, raggiungibile adesso a tutti coloro che studiano e sono interessati in questo campo della storia degli Ordini mendicanti. Si spera che seguano altri studi legati a questo testo, ispirati anche dalla volontà di recuperare la realtà dei tempi in cui i documenti papali si sono espressi a favore o sfavore dei Minori.
Tratto dalla rivista "Miscellanea Francescana" n. I-II/2014
(http://www.seraphicum.com)
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