Il celibato sacerdotale
-Teologia e vita
(Sussidi di Teologia)EAN 9788883332814
Il volume raccoglie e divulga gli Atti del convegno Il celibato sacerdotale. Teologia e vita, svoltosi presso l’Università della Santa Croce a Roma il 4 e 5 marzo 2010. Il convegno intendeva offrire un contributo alla riflessione sul ministero ordinato nel contesto dell’Anno sacerdotale (19 giugno 2009-11 giugno 2010).
Nella prima parte degli Atti si riportano le sette relazioni proposte nelle due giornate di studio; nella seconda si rendono note alcune comunicazioni utili a integrare e approfondire ulteriormente l’argomento. Soffermiamo la nostra attenzione prevalentemente sulla prima parte. In conformità al titolo del convegno, le relazioni sono state ordinate in modo da iniziare con una riflessione teologica sul celibato sacerdotale per poi passare alla considerazione dei suoi aspetti piú esistenziali. Il primo contributo è quello di Angelo Amato sul celibato di Gesú Cristo. Lo studioso cerca di mostrare come il celibato di Gesú, spesso confinato a considerazioni di tipo ascetico-spirituali, includa invece tutta una cristologia. Il celibato di Cristo diviene il luogo e il segno anzitutto della sua appartenenza al Padre, in un amore esclusivo e totalizzante. Ma questo volgersi interamente verso il Padre è per condividerne l’amore divino universale.
La verginità, invece di separare il Cristo dall’umanità, diviene il luogo dell’accoglienza universale. Mentre l’amore trinitario è la radice della sua castità, la castità è in lui la radice della nuova parentela dei figli di Dio (i termini «castità», «verginità», «celibato» sono usati dall’autore come sinonimi). Il legame tra celibato e fraternità è il tema della seconda relazione proposta da Damiano Marzotto. Secondo Marzotto il Nuovo Testamento attesta che l’invito a lasciare tutto (compresa la famiglia) rivolto ai discepoli da parte del Signore, li mette nella condizione di vivere con maggiore intensità alcune realtà: essi sono messi a parte di una «intimità» con Gesú; formano con il Signore una nuova fraternità, «la discendenza di Gesú Cristo, figlio di David, figlio di Abramo» (p. 30); infine, sono resi partecipi della sua missione apostolica di annunciare il Regno di Dio. Stefan Heid, invece, si inoltra in una ricerca storica sul celibato e la continenza nella chiesa dei primi secoli. Il suo studio (il piú citato tra gli autori del volume) intende dimostrare come il celibato affondi le sue radici nella tradizione della chiesa primitiva e in ultima istanza in Gesú stesso e negli apostoli.
I decreti che papa Siricio emise negli anni 385 e 386, secondo i quali tutti i chierici maggiori (anche quelli sposati) erano tenuti a vivere nella continenza dopo l’ordinazione, confermavano una tradizione già presente e condivisa da molti padri della chiesa. In questo senso, secondo lo studioso, va interpretata l’espressione apostolica «marito di una sola moglie» applicata al ministro ordinato. La ragione piú plausibile che giustifica la proibizione di risposarsi ingiunta al ministro rimasto vedovo o alla donna candidata allo stato ecclesiastico di «vedova», o semplicemente il divieto di sposarsi all’uomo già ordinato, in opposizione al comando di risposarsi fatto al vedovo laico incapace di contenersi, «è che tutti i chierici fossero vincolati a vivere in perfetta continenza dal giorno della loro ordinazione in poi» (p. 49). Una riflessione teologica sul legame tra celibato e ministero sacerdotale viene offerta da Laurent Touze. Secondo questo autore il celibato si offre proprio come la rappresentazione viva, nel suo corpo, del sacrificio di Cristo.
Attraverso la rinuncia alle nozze terrene, il ministro diviene un segno visibile di Cristo Sposo e della sua oblazione a favore della chiesa. Antonio Malo invece riflette sul tema a partire da un approccio antropologico. La critica proveniente dalla modernità, secondo la quale il celibato sarebbe assunto a simbolo di una vita disumana e infelice, proverrebbe da una errata interpretazione della vita sessuale e affettiva. Secondo lo studioso, il carattere sessuato della persona non va cercato nell’attualizzazione della potenza generativa, ma nella risposta alla chiamata al dono di sé. La dualità maschile e femminile è la forma che esprime originariamente tale chiamata. Similmente la maturità affettiva non consiste soltanto e principalmente nella relazione amorosa con l’altro sesso, ma in un adeguato rapporto del soggetto con la realtà nella sua ampiezza, attraverso un alto grado di integrazione delle diverse dimensioni che costituiscono la persona.
Sulla medesima scia si colloca l’intervento di Aquilino Polaino-Lorente, pur concentrandosi maggiormente sul tema della sessualità umana. Il suo contributo potrebbe riassumersi nelle quattro dimensioni antropologiche che caratterizzano la sessualità: generativa, affettiva, cognitiva e religiosa. A chiudere la prima parte degli Atti è la relazione di Pablo Gefaell sul celibato sacerdotale nelle chiese orientali. Secondo lo storico, con il concilio bizantino di Trullo «Quinisexto», che sancí ufficialmente la differenziazione di prassi della chiesa d’Oriente da quella d’Occidente, offrendo la possibilità di ordinare persone sposate, senza nemmeno esigere da loro la rinuncia all’esercizio della sessualità se non in prossimità del culto, la chiesa d’Oriente avrebbe mitigato la prassi primitiva.
Questa, infatti, prevedeva sí un clero sposato, ma continente. Ciò spiegherebbe la permanenza nella chiesa d’Oriente di alcune norme disciplinari: il celibato dei vescovi, la negazione del matrimonio al sacerdote celibe e la proibizione delle seconde nozze al ministro che diventi vedovo. La seconda parte del volume pubblica una parte significativa delle comunicazioni presentate al convegno. Ci limitiamo a un elenco degli articoli: sulla fondazione teologica del celibato ministeriale (A. Aranda); un accostamento del celibato sacerdotale alla virtú della giustizia. Riflessioni su alcuni testi di Álvaro del Portillo (V. Bosch); l’allegoria nuziale della comunità come «vergine casta» in 2Cor 11,2: implicazioni per la teologia del celibato sacerdotale (G. De Virgilio); celibato: la comprensione e la custodia di un dono di Dio (J. R. García-Morato); sacerdozio comune, sacerdozio ministeriale e celibato (J. L. Díaz); Agostino e il celibato del clero.
Alcune riflessioni su una vexata quaestio (P. Marone); il celibato sacerdotale negli scritti di J.H. Newman (P. Marti); celibato, filiazione e sponsalità: il sacerdote e Cristo (G. Maspero); il matrimonio imposto al clero come politica di scristianizzazione rivoluzionaria: Francia 1793 e Messico 1926 (C. Pioppi); Mt 19,12: il celibato per il Regno dei cieli (M. Tábet); autotrascendenza e celibato sacerdotale. Prospettiva psicologica (W. V. Mena). Nell’insieme il volume è interessante, ricco di prospettive da cui si indaga il celibato sacerdotale. Lo sforzo di mostrarne il fondamento biblico e teologico, la bontà antropologica e psicologica, la premura della chiesa antica e di sempre nel custodirlo e proporlo, la bellezza nella testimonianza di alcune figure spirituali, tutto questo imprime alla pubblicazione una nota di merito. Il limite, forse, è il tono un po’ apologetico che il volume assume nel suo complesso. Emerge la preoccupazione di difendere una prassi ecclesiale minacciata dal contesto culturale e da altre posizioni che la mettono in discussione.
Forse un maggiore dialogo con il pensiero di altri teologi che la pensano diversamente e un piú realistico ascolto di alcuni problemi attuali di natura pastorale (scarsità di vocazioni al ministero ordinato, comunità cristiane che rimangono prive dell’eucarestia, abbandoni), psicologica (solitudine, pedofilia), culturale (pansessualismo), avrebbe impresso allo studio un respiro piú ampio e piú rispondente alle domande profonde che le nostre chiese si pongono in questo tempo.
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" n. 1/2013
(http://www.fttr.it/web/studiapatavina)
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3,00 €→ 2,85 € -
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