Cristo, speranza per l'umanità
(Sussidi di Teologia)EAN 9788883332647
La categoria e la parola speranza riassumono – come dice lo stesso titolo – l’orizzonte nel quale si declina il trattato di escatologia del prof. O’Callaghan; non solo la presentazione dei principali elementi dell’escatologia, il contenuto o oggetto della speranza, ma anche, cosa più interessante, “lo stimolo della speranza” nella vita presente, quella speranza capace di dare forma all’esperienza umana. Sei le caratteristiche salienti del testo come le indica l’Autore. Anzitutto, le fondamenta cristologiche di tutta l’escatologia; dal momento che Cristo è la nostra speranza, l’escatologia è totalmente condizionata dalla cristologia.
In secondo luogo, l’aspetto pneumatologico, in quanto la Spirito è la forza che aleggia dietro la speranza. In terzo luogo, la speranza costituisce la chiave epistemologica, l’ermeneutica per cogliere il significato delle affermazioni escatologiche. Ulteriore aspetto è la dimensione antropologica: il destino dell’uomo, della sua corporeità come della sua identità. Infine due elementi: l’essenzialità del messaggio dell’intero NT, in quanto necessario per conoscere il contenuto della promessa divina, e l’attenzione particolare a Tommaso d’Aquino per il quale il “fine ultimo” determina tutti gli aspetti della vita, antropologica ed etica.
La prima parte del trattato s’intitola La dinamica della speranza e nell’unico capitolo che lo costituisce si analizza la speranza, il suo significato filosofico, il suo essere virtù teologale e l’incorruttibilità dell’anima umana come base antropologica per qualunque discorso concernente un oltre la storia. Nella seconda parte (capp. II-VII), la più consistente, sono considerati i differenti aspetti dell’oggetto della speranza cristiana, quei contenuti (eschata) che derivano dalla persona di Cristo (Eschatos) il quale viene alla fine della storia (Parousia) per giudicare l’umanità. Il cap. II si concentra proprio sulla Parousia, la verità del Signore Gesù nella gloria, mentre il cap. III riflette sulla risurrezione dei morti.
Nel cap. IV si considera l’opera di distruzione, purificazione e rinnovamento del cosmo materiale (nuova creazione) che è implicata nel ritorno di Gesù Cristo nella gloria. Accanto alla nuova creazione il giudizio dell’intera umanità da parte del Signore (giudizio finale) che segue il giudizio particolare che avviene al momento della morte. Ad un’analisi di entrambi i giudizi è dedicato il cap. V. L’esito del giudizio finale è costituito dalla vita eterna o dall’eterna perdizione. Sulla vita eterna, la visione in Dio, il ruolo della libertà e quello mediatore di Cristo e dello Spirito nella vita eterna riflette il cap. VI. In quanto la fede cristiana crede in un Dio «che ha creato gli uomini in modo tale che essi siano capaci di perdere liberamente il premio della comunione da Lui promesso a coloro che sono fedeli, e che lo facciano in piena consapevolezza, in modo responsabile e irrevocabile, così che la loro alienazione da Dio diventi insuperabile» (239), essa compendia l’idea che i peccatori impenitenti saranno condannati per sempre.
In un certo senso questa possibilità è un correlato necessario della libertà dell’uomo e dell’ordine morale nella creazione per cui non è indifferente compiere il bene o il male. A questi aspetti è dedicato il cap. VII che conclude la seconda parte. Il cap. VIII – l’unico della terza parte – ricentra la domanda circa il quando della parousia sulla questione della presenza vivificante della parousia nella vita attuale, nella storia, come stimolo che la speranza porta nel mondo, e lo fa focalizzandosi sul tema del regno di Dio, i suoi segni, la sua dialettica di “già e non ancora”. La quarta parte (Perfezionando e purificando la speranza cristiana) inizia con un capitolo sulla morte, fine del pellegrinaggio umano: l’universalità e “necessità” della morte nell’orizzonte della finitezza, la relazione tra morte e peccato (se e in che senso la morte può essere considerata manifestazione esteriore della peccaminosità umana), soprattutto l’inserzione della morte nell’orizzonte della Pasqua di Cristo.
Se la morte è «la fine dei tempi di prova che Dio ha offerto agli uomini» (333), occorre trattare anche del giudizio, della “retribuzione totale” dopo la morte e del giudizio particolare che ha luogo proprio dopo la morte e rende possibile la retribuzione piena. La trattazione del purgatorio e dell’“escatologia intermedia” conclude la quarta parte. L’ultimo capitolo del trattato riflette sul ruolo dell’escatologia nell’universo teologico, in dialogo con ecclesiologia, vita sacramentale, antropologia, etica, spiritualità. Il volume è notevole per le analisi e i riferimenti ed aiuta ad avere una visione complessiva e unitaria dell’escatologia sotto la luce cristologica nella prospettiva della categoria di speranza, così caduta in discredito nel mondo postmoderno in cui la riduzione del tempo al solo “presente del presente” priva spesso di valore ogni prospettiva futura e nega un oltre dentro la storia e al di là della storia, a meno che, almeno per l’al di là della storia, non si sacrifichi la libertà e la sopravvivenza del singolo chiamato a rispondere dinanzi al giudizio di Dio.
Tratto dalla rivista Lateranum n.2/2013
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