Sulla soglia
-Un itinerario di pensiero per chi crede e chi non crede
[Brossura con alette]EAN 9788882645540
Antonio Ascione, docente di Filosofia alla Pontificia Facoltà Teologica di Napoli, con questa sua riflessione ci offre una visione nella quale la filosofia e la teologia vengono tirate in ballo nel loro compito di decifrare le domande di senso che sgorgano dal cuore dell’uomo. Il “taglio” del libro si comprende già dalle prime righe dell’Introduzione: «Se è vero che, come dice Aristotele, ogni uomo è per natura un filosofo, chi si lascia interrogare dalle domande fondamentali del proprio tempo lanciando uno sguardo autentico sul mondo attorno a lui, cosciente di appartenere a una storia, che è la propria tradizione culturale, è lui stesso un filosofo, un pensatore» (p. 5).
Atteggiamento che comporta di riappropriarsi del proprio compito fondamentale, «di quella sapienza cioè che sa di avere ancora qualcosa da dire alla vita di ciascuno» (p. 7). La responsabilità, quindi, del “pensatore”, teologo, filosofo o credente è quella che sa distinguere e aiuta a comprendere la realtà per cercare di dare risposte alle domande del proprio tempo, anzi, essa «aiuta a domandare ». Ma quali sono le domande fondamentali del nostro tempo? Egli ne sintetizza tre: la prima è una domanda teologica e pone in causa il silenzio di Dio dopo gli orrori della seconda guerra mondiale, ma pone in causa anche l’uomo.
La seconda domanda considera l’uomo che da pellegrino dell’Assoluto è divenuto un naufrago: «caduti e messi da parte i grandi progetti ideali nei quali concepiva la propria esistenza, l’uomo di oggi sembra vagare nella storia senza una meta da guadagnare, senza porti nei quali giungere, senza fini, se non quelli immediati del proprio utile, e senza scopo, se non quello di vivere meglio» (p. 12). La terza domanda riguarda il rapporto dell’uomo con il creato. Nonostante il progredire della scienza e della tecnica, l’uomo da “custode” dell’Eden a lui affidato ne è diventato il principale nemico. Date queste premesse il cristiano si accorge che le domande di senso possono essere suscitate e intercettate con l’offerta di salvezza che proviene dalla fede cristiana.
Nel primo capitolo: Chi ci salverà? Salvezza e filosofia, l’autore analizza la fine dei “sistemi unitari”, l’attuale pensiero “debole” e la nuova concezione di una storia, nella quale non si cerca più una salvezza. Gli orizzonti di salvezza sono affidati sempre più allo sviluppo della tecnica, che ha radicalmente cambiato anche il rapporto dell’uomo con la religione. Il secondo capitolo: Si può essere felici senza Dio? Miserie della felicità postmoderna, prende spunto dall’opera di Zygmunt Bauman (L’arte della vita). Chi intende iniziare un viaggio esplorativo sul nostro vissuto etico è opportuno che privilegi il “pianeta giovani” che, pur nella sua frastagliata composizione, è una spia sempre molto significativa di quanto avviene nel mondo della gente adulta.
In prima istanza la crisi si configura a livello di normativa etica: molte norme infatti, prima considerate moralmente impegnative, al presente risultano obsolete, anacronistici tabù del passato, e quindi trascurate senza (o scarso) senso di colpa. Va però subito rilevato che talune indicazioni etiche oggi vengono apprezzate in maniera diversa e spesso poste al vertice della gerarchia degli impegni etici non eludibili: si pensi alla promozione della pace, all’obiezione di coscienza, e così via. L’eclissi normativa certamente esiste: è la crisi di senso che anche gli psicologi del profondo hanno individuato ravvisandovi la radice delle moderne nevrosi. Vivere alla giornata con manovre di piccolo cabotaggio, disancorati dalla storia (individuale e collettiva), senza preoccupazioni programmatiche per il futuro che appare incerto e precario, con oscillazioni tra individualismo egoista e corporativo e tentazioni nichiliste, ecco alcuni atteggiamenti giovanili che tendono a divenire molto comuni e sempre più diffusi.
La carenza di senso provoca una disarticolazione di tutto l’edificio etico, perché vengono meno le condizioni culturali per una vita organica e per un programma globale di vita che esige opzioni di fondo e di lungo respiro. Un’autentica educazione, precisa Ascione, dev’essere in grado di parlare al bisogno di significato e di felicità delle persone, in modo particolare delle giovani generazioni (cf. p. 57). Riappropriandosi della propria volontà di scelta l’uomo può vivere la sua vita da protagonista e realizzare se stesso «come “un’opera d’arte”». Il modo per farlo è nella riscoperta della valenza di azioni autenticamente morali. Una nuova responsabilità etica, silenziosa. Parlando di “responsabilità” verso l’altro, è Emmanuel Lévinas, che prospetta una vita orientata «all’essere per», una scelta quotidiana che rimanda a una più radicale domanda: Si può essere felici senza Dio?.
In questa società definita “liquida”, anche la gioia, scrive Ascione, è debole. Per ridarle forza, vitalità, per scoprirne il fondamento, siamo esortati a riconoscere l’unico portatore di una gioia affidabile: Gesù di Nazaret. Per dirla con Henri-Louis Bergson, «è felice solo colui che sente lo slancio vitale e si dona completamente per amore». Il terzo capitolo, Se guardo il tuo cielo. L’Universo come problema filosofico e religioso, si affronta il dibattito fra scienza e filosofia in merito all’idea di universo. Brevi, ma puntuali riferimenti a Karl Raimund Popper e a Immanuel Kant fanno da cornice al dibattito sulla filosofia della natura e all’interessante ipotesi di una nuova attenzione “simbolica” ai racconti cosmogonici. Julien Ries afferma che «la cosmogonia è modello esemplare di ogni creazione».
La volta celeste costituisce un ruolo simbolico di particolare importanza. La semplice contemplazione del cielo stellato ha provocato nella coscienza dell’uomo l’esperienza di una forza e di una sacralità, la stessa che faceva dire a Kant: «Due cose riempiono l’animo di ammirazione e di riverenza sempre nuove e crescenti, quanto più spesso e più a lungo il pensiero vi si ferma su: il cielo stellato sopra di me e la legge morale in me». La più popolare preghiera del mondo è rivolta al «Padre nostro che è nei Cieli», scrive Mircea Eliade nel suo Trattato di storia delle religioni. Il quarto capitolo Sulla soglia. Oltre la tragedia del senso, “suggerisce” il tema della filosofia come ripresa dei significati fondamentali. Giovanni Reale, ad esempio, rivaluta i «valori» alla base del pensiero occidentale quale fondamento per una nuova cultura del dialogo interreligioso.
Sulla stessa scia, ma facendo perno intorno all’idea di “giustizia”, definita “gloria dell’Occidente”, si muove Italo Mancini: essa costituisce una autentico fondamento per un rinnovato “ethos dell’Occidente”. Ma esiste anche la “via della compassione”, come via esemplare della dedizione agli altri. In poche ma vivissime pagine Antonio Ascione ne tratta la genesi e la prassi prendendo ad esempio i capolavori di Dostoevskij e Bonhoeffer. In tutto questo, il recupero, la memoria e la riscoperta delle radici cristiane – scrive l’autore – sono un’opportunità culturale di grande rilevanza sia per il recupero dell’identità cristiana dell’Europa che per il difficile dialogo con l’islam, L’ultimo capitolo, In che cosa possiamo sperare.
Antropologia della speranza, è dedicato alla filosofia e alla teologia della speranza. Nell’epoca delle ideologie, il confronto tra l’orizzonte escatologico cristiano e i progetti puramente mondani di liberazione ha avuto buon gioco, sviluppando posizioni di tutto rispetto. Ma la grande promessa di redenzione suscitata dalle posizioni atee si è rivelata una grande delusione. Il grave errore di Marx è di aver pensato lo sviluppo dell’umanità e l’eliminazione delle disuguaglianze sociali solamente sotto l’aspetto economico. Non occorre descrivere le conseguenze nefaste di questa dottrina. Marx, secondo il papa Benedetto XVI, «ha dimenticato che l’uomo rimane sempre uomo». Commentando l’enciclica Spe salvi, l’autore analizza la dimensione antropologica della speranza, per arrivare a concludere sull’apertura cristologica pasquale necessaria in tale prospettiva, se si vogliono dischiudere le attese umane a un futuro certo e fondato.
In conclusione, il volume del professor Ascione ci offre la possibilità di prendere atto che la filosofia è chiamata ancora una volta, se intende il proprio compito con responsabilità, a rispondere alle nuove aspirazioni dell’uomo di oggi, pur nelle contraddizioni, aspirazioni che nascondono le domande di sempre, incancellabili dal cuore dell’uomo.
Tratto dalla rivista "Asprenas" n. 1-4/2012
(http://www.pftim.it)
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