Dio a immagine dell'uomo?
(Sympathetika) [Libro con legatura cucita]EAN 9788882272746
La tradizionale formula dell’uomo a immagine di Dio viene rovesciata nell’interrogativo: «Dio a immagine dell’uomo?». Un procedimento non retorico che si giustifica per l’uso sistematico di simboli antropologici nella narrazione su Dio nelle Scritture ebraiche (AT). Qui non si analizzano i simboli secondari (re, pastore ecc.) ma quelli primari, che riguardano il corpo e le formule che attribuiscono a Dio sentimenti umani. Alcuni temi dei cc.: l’occhio, l’orecchio, la bocca, il braccio, la mano, i sentimenti, l’amore, la gelosia, la collera.
Tratto dalla Rivista Il Regno 2009 n. 18
(http://www.ilregno.it)
Le pagine di questo libretto sono la sintesi degli incontri biblici settimanali tenuti nel 1992-1993 al centro di Sant’Apollinare di Fiesole da Armido Rizzi, docente alla Facoltà teologica dell’Italia centrale, membro della direzione di «Filosofia e teologia», della redazione di «Servitium» e della «Rivista di teologia morale». La sua scrittura è viva e appassionata. La presentazione dell’immagine di Dio prende forma inseguendo antropologicamente le funzioni di parola e di gesto implicate dalla sua realtà descritta dalla Bibbia: parlare, ascoltare, vedere, mangiare, comunicare con le braccia o con la mano. A questo egli aggiunge una particolare attenzione alla forza dei sentimenti: amore, misericordia, gelosia e collera. L’orizzonte teologico è «linguistico-scientifico e spirituale-sapienziale» a un tempo, senza trascurare le ricadute pubbliche della serrata argomentazione antropologica. L’antropopatia divina, evocata da A. Rizzi e tematizzata anche da A.J. Heschel nel Messaggio dei profeti e da H. Ott nel Dio personale, è il registro fondamentale di questa antropologia biblica, che si candida a diventare il grembo di ogni ulteriore riflessione teologico-spirituale.
L’occhio di Dio giudica e protegge gli uomini, suscita sentimenti di fiducia e di sicurezza (sine-cura: affidamento): è cioè il portale di un mistero profondo di comunicazione e di reciprocità tra Dio e l’uomo. L’orecchio dell’uomo è raggiunto dalla chiamata di Dio, mentre a Dio giunge l’appello dell’uomo, cioè la sua insistente e accorata preghiera. La bocca di Dio, che proferisce la sua parola, permette anche all’uomo di comunicare direttamente con Lui (“bocca a bocca”) e di ascoltarne il misterioso silenzio. La forza della sua parola istituisce e garantisce la stessa comunità. La lucida meditazione sulla mano di Dio, che evoca potenza, protezione, fa sorgere però anche dubbi sulla sua capacità di controllo del mondo, sulla sua capacità di garantire giustizia e protezione per un «messia che appare spesso sconfitto». Non sempre l’attribuzione a Dio dei tratti umani è esente da sospetti di ingenuo arcaismo, di antropomorfismo, anche se figurecome quelle del vasaio-creatore dello Jahvista del libro della Genesi introducono a una profonda e non regressiva «tematizzazione della colpa nella teologia delle religioni».
La rappresentazione dell’umanità di Dio viene completata sondandone i sentimenti. Nell’Antico Testamento è normale attribuire a Dio sentimenti umani intesi come significanti o modelli adeguati, evidenziando con cura l’eccellenza divina, intesa come significato interiore e ulteriore, con opportuni qualificatori. L’amore divino è il sentimento declinato biblicamente in tutte le sue sfaccettature a partire da quello umano, e deve essere esteso anche alla dimensione istituzionale che risulta così prioritaria. Nei profeti la figura privilegiata è l’amore sponsale, quello paterno e materno, perché caratterizzanti una gratuità disinteressata, smisurata e capace di suscitare corresponsabilità e perdono. Questo tipo di amore particolare non caratterizza solo il rapporto individuale con Dio, ma in modo altrettanto profondo l’alleanza comunitaria. La fedeltà, la grazia, la compassione, la tenerezza che caratterizzano i rapporti interpersonali più profondi caratterizzano anche le relazioni pubbliche con Dio nella storia di salvezza. La dimensione istituzionale è infatti figlia dell’amore personale di Dio e un’espressione della sua umanità. L’ira e la gelosia sono momenti complementari di un rapporto privilegiato, dialogico dell’elezione di Dio nei confronti del suo popolo. Siamo dunque molto distanti dall’idea di un Dio arcaico e vendicativo sempre pronto alla barbarica rappresaglia verso il suddito mancante o ribelle. Gelosia e collera sono strategie miranti a preservare l’uomo da ogni seduzione: dall’indifferenza cognitiva e dalla tentazione proiettiva. Con questi tratti antropopatici la realtà di Dio viene sottratta alla spersonalizzazione intemporale della metafisica classica e anche al puro funzionalismo di tanta fenomenologia scientifica modellata sulla moderna psicologia e sociologia delle religioni.
Dio non è una struttura impersonale, un oggetto immenso e anonimo, ma un atto d’essere personale, un indeducibile soggetto, ricco di potenzialità di comunicazione, di cura e di amore. Dio non è dunque l’oggetto di un pensiero astratto, ma l’indeducibile soggetto che ci preserva dalla tentazione idolatrica che riduce Dio all’immagine dell’uomo. Dio infatti, come pensa Anselmo d’Aosta, è «ciò di cui non si può pensare il più grande, ciò di cui non esiste nulla di più grande» ed è anche «la realtà più grande di tutto ciò che si possa pensare». La correlazione tra la realtà di Dio e l’immagine che se ne fa l’uomo viene correttamente istituita, secondo A. Rizzi, solo nello spazio etico di una libertà comunicativa, reciproca e asimmetrica, che ha le caratteristiche misteriose dei volti dei due protagonisti. Dio non è una forza della natura, non è una struttura impersonale e sacra, non un oggetto immenso, ma è qualcosa di «interior intimo meo» e di «superior summo meo», come dice efficacemente sant’Agostino. La correlazione tra le due realtà e le due immagini non può limitarsi alla differenza ontologica, ma deve maturare esistenzialmente nella reciprocità dialogica, nell’agire comunicativo intelligente, amante.
Tratto dalla rivista Humanitas 65 (3/2010) 502-503
(http://www.morcelliana.it/ita/MENU/Le_Riviste/Humanitas)
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