Cantare la gloria del Signore. Preghiere della liturgia bizantina
(Spiritualità orientale) [Libro con legatura cucita]EAN 9788882272234
Tratto dalla Rivista Il Regno 2008 n. 16
(http://www.ilregno.it)
Questa pubblicazione impreziosisce ancor più e onora le già splendide e 'saporite' collane che le edizioni Qiqajon della Comunità di Bose ci stanno donando in questi anni. Aspettavamo una pubblicazione simile. Ora i preti e i laici non potranno dire: non sapevamo. Soprattutto i preti; per le loro omelie, per insaporire e rendere più epifanica la liturgia. I teologi per non rendere dogmatico ciò che dogmatico non è: e solo la liturgia orientale permette di scoprire e rivitalizzare. Per i laici che nelle liturgie spesso sembrano ridursi a coloro che rispondono più che a coloro che concelebrano i divini misteri.
Le amorevoli fatiche configurate nelle sue pubblicazioni ci hanno permesso in questi anni di conoscere la 'sapienza' e la preparazione dell'Artioli, della Comunità di Monteveglio, che da più di 25 anni si dedica a farci scoprire l'incomparabile splendore della 'liturgia della chiesa d'oriente che canta e prega continuamente le dottrine della fede trasmesse dai concili e dai Padri di generazione in generazione". In particolare con la sua pubblicazione in quattro volumi dell'Anthologhion ("una specie di breviario, di antologia dei molti volumi dell'ufficio delle ore bizantino", edito dall'editrice Lipa, Roma 1999-2000).
Da quell'"enciclopedia poetica di spiritualità e teologia patristiche che è il sistema innografico bizantino" (J. Meyendorff), l'Artioli traduce dal greco e commenta i tropari, "le parti poetiche e inniche dell'ufficio bizantino" "introdotte nella liturgia bizantina nel corso dei secoli". Essi "sono un esempio di sintesi di alto contenuto teologico, ricchezza spirituale e ricerca di una bellezza poetica che esprime [...] la fede dei Padri della Chiesa, con il loro approccio alla Scrittura e l'abbeverarsi alla sapienza dei primi [sette] concili". Con consapevole ma necessaria forzatura i tropi (la cui raccolta si chiama tropario) "sono inseriti secondo i vari temi in cui sono suddivisi in questo libro, seguendo il criterio più semplice, cioè sono andata di seguito, percorrendo l'uno dopo l'altro i quattro volumi dell'opera [Anthologhion]" (p. 31). I temi sono "legati alle feste dell'anno liturgico, ai santi, al contenuto, perché il lettore occidentale possa accedere alle grandi ricchezze in essi contenute".
Ovviamente il lettore legge queste parole dei tropi, ma non deve dimenticare che si inverano nel canto. E nel canto liturgico. E negli eventi delle feste e della quotidianità liturgiche. E della liturgia orientale. Ed in uno spazio liturgico in cui chi canta (intra)vede ciò che canta mediante lo splendore dell'epifania delle icone. Perciò il titolo "Cantare la gloria del Signore" è veramente appropriato. Ed ancora più compreso avvalendosi delle illuminanti note che sostengono la comprensione del testo dei tropi. Appena la lode si eleva, subito diventa canto spirituale (= ispirato dallo Spirito Santo): è possibile rintracciare un sistema lessicale di variazioni con cui il canto della fede è espresso: "inneggiando acclamiamo, cantiamo, celebriamo con canti divini, annunciamo, proclamiamo, gioisce, danza e tripudia la Legge, cantiamo i lamenti funebri degli enkómia cantati sulla tomba del Cristo, noi ti magnifichiamo, acclamiamo concordi" lo Spirito che dona la "polifonica armonia delle lingue" in ogni pentecoste. E tutte queste voci di canto hanno come soggetto referente la "Triade santa in un'unica divinità" e il suo "Cristo, Dio nostro", la Vergine Madre di Dio Maria, gli apostoli.... Ricordando che "la Chiesa d'oriente chiama il tempo ordinario (il ciclo delle domeniche dopo la Pasqua) októechos, come il libro liturgico usato in quel periodo, perché si articola sugli otto toni musicali bizantini" (p. 8).
Se parole di questi tropi saranno soltanto lette, saranno come semi di una pianta lasciati sulla scrivania di un erudito. Non avranno la terra in cui germogliare. Perché l'unica originaria e feconda loro terra è la liturgia. Non più che un menù di parole, quando invece la liturgia è il cibo dal quale e per il quale quel menù è compilato.
Mettiamo nelle mani dei nostri studenti di teologia ed anche degli studenti delle scuole questi divini, poetici inni dell'economia e della teologia della salvezza secondo l'esperienza ancora vivente della liturgia orientale. Invitiamoli a scoprire una teologia senza definizioni, un'esegesi senza filosofie ermeneutiche, una fede plurima fatta di "tante linee spirituali e dottrinali problematiche, senza uscire dalla retta fede" pur con delle possibili e reali ambiguità... ma tutte che si muovono pur sempre entro l'ortodossia che i protagonisti attingevano dalla liturgia.
P. T.
(RL 2007)