Carne della Chiesa, carne di Cristo
(Liturgia e vita) [Libro con legatura cucita]EAN 9788882271954
Dopo il breve capitolo introduttivo, la panoramica inizia dal Nuovo Testamento che ci segnala, come cristiani, essenzialmente legati gli uni agli altri. L’esperienza della salvezza sta nella comunione in Cristo e nello Spirito: la tradizione paolina precisa trattarsi non di fusione ma di co-munione (1Cor 1,9) che salva l’autentica libertà: la relazione con Cristo nello Spirito è inseparabile dalla relazione con gli altri; l’Altro implica gli altri. Ricevere da Dio la salvezza significa dunque essere aggregati a un corpo animato dallo Spirito di Dio, il corpo di Cristo, la chiesa. Va aggiunto che la differenza è iscritta nella comunione: la chiesa è una comunione di differenze; ognuno riceve lo Spirito e lo trasmette con il suo tipico respiro personale. Ma per altro verso un membro di Cristo, una chiesa locale non può sprofondare totalmente nella sua differenza, facendone l’essenziale della propria esperienza cristiana; la grazia immette in una solidarietà attiva con gli altri membri e, attraverso la chiesa locale, con le altre chiese (cf. p. 25).
La vite e i tralci sintetizza l’identica convinzione nella tradizione giovannea. La vite, che è Gesú, è fatta di tralci nei quali scorre la linfa che sale dalle radici e produce frutto. I tralci sono i discepoli, in un legame di inclusione reciproca, ben indicata dal frequente verbo dimorare in Gv 15. Anche alcuni versetti di Giacomo portano l’accento sugli altri e sulle opere che realizzano concretamente la relazione con gli altri; e la Prima Lettera di Pietro disegna la chiesa come santa comunità sacerdotale ed edificio spirituale, con chiare allusioni al battesimo. La chiesa ha come carne quel tessuto di relazioni fraterne che lo Spirito fa nascere tra i battezzati, per cui la santità del singolo si costruisce nel tessuto di fraternità e il momento della massima intimità con il Signore è anche quello della massima solidarietà con gli altri: la conferma viene dalla solenne scena del giudizio finale nell’evangelo di Matteo.
L’intuizione fondamentale già paolina esplicita una misteriosa corrispondenza tra il corpo consegnato alla mensa eucaristica e il corpo ecclesiale del Signore. Tre Padri, tra loro contempora-nei ma appartenenti a diverse tradizioni, riprendono con forza particolare l’intuizione per le loro comunità: Agostino per l’Occidente latino, Giovanni Crisostomo per Antiochia, Cirillo per Ales-sandria. Nel dire il rituale di fraternità Agostino è preceduto dalla Didaché, dall’Eucologio di Sera-pione di Thmuis, dalle Costituzioni Apostoliche, da Cipriano e Ilario di Poitiers: ma è Agostino il testimone più esplicito e profondo del legame tra eucaristia e chiesa, tra corpo sacramentale e corpo ecclesiale di Cristo nei discorsi 227 e 272. Il linguaggio agostiniano realistico e particolarmente curato evidenzia il sacrificio eucaristico come sacramentum del sacrificio ecclesiale in quanto tale, del Capo e delle membra, inseparabilmente (cf. pp. 75 ss.). Agostino sottolinea l’inseparabilità del sacrificio rituale con il servizio fraterno e le sofferenze esistenziali delle membra sempre unite a quelle del Capo: nel suo corpo che è la chiesa Cristo parla, formando un’unica comunione.
Con altri accenti la testimonianza agostiniana si ritrova affermata nei primi secoli in Oriente: «Ad Antiochia come ad Alessandria si è convinti che se la chiesa è corpo di Cristo essa lo deve al sacramento della mensa del Signore dove lo Spirito è all’opera» (p. 102). Tralasciando le varianti delle diverse liturgie (senza dimenticare lo zeon, un po’ di acqua bollente, segno dello Spirito, versata dal diacono nel calice dopo il Pater), p. Tillard valorizza Giovanni Crisostomo come il testimone più caratteristico della chiesa di Antiochia (poi patriarca di Costantinopoli). Con linguaggio rivoluzionario rispetto alle usanze dell’epoca, il Crisostomo afferma il legame fondamentale tra eucaristia e chiesa: il sacramento mostra che la comunione con Cristo annulla ogni distinzione di razza, di dignità, di status sociale. Al fonte battesimale e alla mensa eucaristica non esistono più gerarchie o preferenze. Se una preferenza va manifestata, essa si indirizza verso i poveri e i miserabili: «l’eucaristia edificando il corpo ecclesiale costruisce l’altare ove si celebra il sacrificio gradito a Dio. Ora, di questo altare così fabbricato dall’eucaristia, i poveri costituiscono la parte più sacra» (p. 112). Il servizio ai poveri è l’attualizzazione in gesti concreti del contenuto dei riti solenni della sinassi.
In sintonia con Agostino e il Crisostomo in chiese locali molto diverse per teologia, disciplina, organizzazione e spiritualità, per la chiesa di Alessandria è Cirillo a testimoniare la concorporeità realizzata dall’eucaristia fin quasi alla fusione e alla mescolanza di una henosis intensa e misteriosa, tipica della cristologia di Cirillo: un solo corpo nel quale circola un’unica agápe. L’eucaristia è per sua natura il sacramentum della chiesa in atto di comunione, anche se questo non significa negare l’effetto dell’eucaristia nella vita personale.
Il secolo V porta affermazioni molto esplicite sulla qualità sacrificale dell’eucaristia, iscritta nella qualità sacrificale della vita della comunità e viceversa: il che provoca disagi a più di una corrente protestante. In realtà la nozione di sacrificio è usata nel NT in un ricco ventaglio di significati che i Padri antichi esplicitano. Il sacrificio della misericordia e del servizio eredita il «paniere dei poveri» del giudaismo e la lavanda dei piedi della tradizione giovannea, rivelazione essenziale sulla natura dell’eucaristia, diakonia che fa parte della leitourghia del disegno del Padre. Il sacrificio del dono totale di sé realizza l’imperativo radicale della «spoliazione» per rivestire altri, abitati tutti da una vita che ci supera in Cristo Gesú e che illumina l’esistenza nel suo quotidiano svolgimento. Pietro Crisologo di Ravenna, Cipriano di Cartagine, Quodvultdeus fanno compagnia all’orientale Giovanni Crisostomo nel ribadire che anche l’impegno missionario ha un valore sacrificale per la gloria del Dio vivente e si estende nello spazio e nel tempo della storia e nell’eternità. Sinassi eucaristica e sacrificio spirituale che si snoda attraverso l’esistenza quotidiana e storica del corpo ecclesiale sono inseparabili. Il sacrificio di lode culmina nella sinassi eucaristica complementare con il sacrificio spirituale di una vita santa: il termine eucaristia addita l’atteggiamento fondamentale del credente dinanzi a Dio. Ignazio, Giustino, Origene, Eusebio di Cesarea illustrano con Agostino lo stretto legame tra i vari registri del «sacrificio» cristiano.
Le ultime pagine, sotto il titolo Caro Ecclesiae, Caro Christi, esplicitano il rifiuto di vedere nella chiesa una realtà meramente invisibile e insieme la scelta di non ridurre la chiesa di Dio alla sua realtà visibile come addizione di individui «giustificati» o la sua struttura gerarchica o un’impresa filantropica. «È la carne di una fraternità che in Cristo e nello Spirito, arriva a coinvolgere l’invisibile, il Santo…, ma abbraccia anche l’essere umano nella sua condizione reale, la sua povertà, la sua fragilità. È la carne di una fraternità nella quale non si vive più per sé ma per il Padre, e si vive per il Padre solo ‘deponendo la propria vita’ per gli altri, una spogliazione che è però il modo per eccellenza per amare se stessi» (p. 211). Parlare perciò di un cammino solitario verso Dio sembra estraneo alla tradizione cristiana più autentica: a questa tradizione attinge invece la Lumen gentium 3, 7 e specialmente 26.
Tillard termina il suo scritto con una nota di inquietudine per la gravissima crisi del ministero ordinato: per cui l’eucaristia rischia di essere celebrata sempre meno proprio nel momento in cui la chiesa cattolica riscopre la natura della comunione ecclesiale. «Liquidare l’eucaristia non sarebbe forse come liquidare la chiesa di Dio?» è la domanda conclusiva.
Più che aggiungere osservazioni a margine, abbiamo preferito dedicare lo spazio di una segnalazione bibliografica al contenuto della proposta dello studioso ecumenista domenicano, che troviamo degna di meditazione oltreché di studio. Fin dalla sua tesi di dottorato degli anni ’60 (L’eucaristia pasqua della chiesa) Tillard scelse la via dell’immersione nelle testimonianze patristiche della Chiesa indivisa, per poter camminare, nel dialogo con teologi di altre confessioni cristiane, su un solido terreno comune. Nell’attuale momento di generale stanchezza del movimento ecumenico riteniamo che anche questo volume, pur in tardiva traduzione italiana, sia un regalo prezioso dell’indimenticabile domenicano scomparso nel novembre del 2000, in ordine a preparare una futura primavera cristiana.
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" 2007, nr. 2
(http://www.fttr.glauco.it/pls/fttr/V3_S2EW_CONSULTAZIONE.mostra_pagina?id_pagina=271)
L'opera è traduzione dall'originale in lingua francese, pubblicato dalle Edizioni Du Cerf a Parigi nel 1992. L'Autore, scomparso nell'anno 2000, è stato un teologo apprezzato, noto soprattutto per i suoi studi in campo ecclesiologico ed ecumenico. Il libro che presentiamo è da collocare appunto in questo settore. All'inizio del volume, il Tillard interpreta il suo testo come prosecuzione della riflessione fatta in un'altra sua opera, pubblicata alcuni anni prima: Chiesa di chiese. L'ecclesiologia di comunione (pubblicata in lingua italiana dalla Queriniana, Brescia 1989). Più che prosecuzione, però, si tratta di un libro in cui si tenta di offrire la fondazione biblica e tradizionale della Chiesa delle chiese.
La tesi dell'opera è sintetizzata nello stesso titolo scelto. Come dice il Tillard, nel discoro conclusivo alla sua opera (pp. 209-222), parlare di "carne della Chiesa" implica il rifiuto di vedere in essa una realtà meramente invisibile. D'altra parte però mettendo in relazione questa carne "con il corpo risorto del Signore" consegnato nell'eucaristia, vuol dire anche scegliere di non ridurre la Chiesa di Dio alla sua realtà visibile: "solo nella necessaria simbiosi o comunione della dimensione visibile e invisibile, comunitaria e personale, gerarchica e carismatica, della dimensione locale e della cattolicità, è possibile discernere la natura della Chiesa di Dio".
Il percorso della riflessione biblico - patristica si articola in tre grandi capitoli: "Legati gli uni agli altri: l'esperienza della salvezza nella comunione" (pp. 11-56); "Tutti coinvolti in un solo corpo. Corpo eucaristico, corpo ecclesiale" (pp. 57-132); "Tutti coinvolti in un solo sacrificio, il sacrificio di Cristo nella Chiesa di Dio" (pp. 133-208). Con un'attenta analisi dei dati neotestamentari e patristici, l'Autore ci guida alle sorgenti di quella "ecclesiologia di comunione" che apre nuovo piste alla ricerca dell'unità dei cristiana per una loro testimonianza comune nel mondo contemporaneo. Contro una visione teologica che privilegia talvolta una comunione con Dio nel "solo a solo" individuale, il libro del teologo domenicano canadese è una strenua difesa dell'ecclesiologia di comunione in cui emerge invece che non vi è nulla nella Chiesa che sia escluso dall'abbraccio della comunione nella quale ci introduce il battesimo e che l'eucaristia fissa ed esprime.
M. A.
RL (2007)
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