Linguaggi dell'ontologia
-Atti dell'8° Colloquio su filosofia e religione (Macerata, 13-15 maggio 1999)
(Univ. Macerata-Fac. lettere e filosofia)EAN 9788881473700
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DETTAGLI DI «Linguaggi dell'ontologia»
Tipo
Libro
Titolo
Linguaggi dell'ontologia - Atti dell'8° Colloquio su filosofia e religione (Macerata, 13-15 maggio 1999)
A cura di
Ferretti G.
Editore
Ist. Editoriali e Poligrafici
EAN
9788881473700
Pagine
152
Data
2003
Collana
Univ. Macerata-Fac. lettere e filosofia
COMMENTI DEI LETTORI A «Linguaggi dell'ontologia»
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Recensioni di riviste specialistiche su «Linguaggi dell'ontologia»
Recensione di Luigi Sartori della rivista Studia Patavina
È giusto esaltare una relativamente piccola città italiana che, con la sua Università, sa donare contributi di ricerca di alto valore, come testimoniano i due Colloqui di cui presentiamo gli Atti; soprattutto perché riguardano un dialogo oggi importantissimo, quello tra filosofia e teologia (o meglio, religione). Credo che gran parte del merito si debba attribuire al prof. Ferretti, che appunto presenta i due testi che si riferiscono a due preziosissimi convegni diretti proprio da lui e qui ravvicinati anche come data di edizione ma un po’ lontani tra loro nel tempo, quasi a significare che l’interesse per il tema del dialogo sopra detto qualifica un’attività non sporadica del gruppo che il prof. Ferretti è riuscito a convogliare da varie parti d’Italia ed anche dall’estero; e con nomi di studiosi di alta stima internazionale, come W. Pannenberg e H. J. Adriaanse per il primo volume, e J. L. Marion, J. Godbout, e R. Kirchmayr per il secondo. Ma anche la cerchia degli studiosi dal suo Piemonte fino alla Sicilia risulta molto preziosa.
La crisi della metafisica (o meglio ontologia) classica è compensata almeno in parte, oggi, dai tentativi di maturare indicazioni verso l’‘oltre e sopra’, il trascendente, da orientamenti come la fenomenologia, l’ermeneutica e altri capitoli di antropologia; la faccia nascosta di Dio, del divino e dell’indicibile trova riflessi e trasparenze nel volto dell’uomo vero, reale e profondo, che resta un essere cercatore di Verità, Libertà e Amore in pienezza, oltre ogni limite di spazio e tempo. Opportunamente Ferretti introduce (I° volume) il discorso metafisico citando Aristotele: l’‘essere’ arriva a noi dicendosi e chiedendo di essere detto in ‘molti modi’, anche per portarci all’Uno (p. 11). E appella al metodo scolastico dell’‘analogia’, il quale di fatto preludeva i ‘molti linguaggi’ che oggi, anche in assenza di un’ontologia teologica, ci parlano di fatto di Dio. Direi che perfino il tema delle dialettiche, delle tensioni, dei paradossi su cui si ama insistere oggi per quanto attiene agli stessi linguaggi espliciti su Dio, è già presente nelle indicazioni di Tommaso quando ci parla di tre ‘vie’ della sua analogia: ‘dire , negare, sublimare’ (parlando di Dio si deve affermare, ma al tempo stesso negare, appunto per rispettare l’eccedenza del mistero ineffabile di Dio). Si va dal linguaggio dei mistici (Baldini) a quelli della filosofia analitica e di alcuni settori della scienza. Mi permetto di esprimere, qui, il mio gioioso stupore per il capolavoro che ci offre il prof. F. Moiso (scomparso prima della pubblicazione degli Atti, I° volume) con il suo articolo, da manovratore vivace e ‘critico’ (nel senso più alto del termine), su alcuni passi compiuti dalla scienza e da scienziati moderni (pur se raccolti selezionando, quasi da appassionato divulgatore), e quasi per attingere dagli stessi scienziati utili criteri di superamento di steccati, e con una sorta di stile scientifico ‘ecumenico’ (pp. 79-101).
Il secondo volume è dedicato a valorizzare il tema del ‘dono’, sottolineato dalla moderna fenomenologia (e filosofia fenomenologica); ponendo in risalto soprattutto i diversi suoi aspetti che oggi darebbero grande interesse al discorso ontologico-religioso. Ferretti, nella sua ottima Introduzione ne evidenzia due (o meglio tre), in particolare: la verità e la gratuità (quest’ultimo convoglia già in sè il terzo: la libertà; e qui il riferimento va subito a Pareyson, il grande maestro torinese!). Ma poi ne enumera altri, appunto per fare spazio a contributi specifici del volume: il tempo, l’alterità, la parola, la scrittura… Un problema radicale, che Ferretti e altri affrontano, è quello sollevato da Derrida: il dono quando diventa ‘dono realmente donato’ entra nel circolo del ‘do ut des’, e quindi cessa di essere dono, diventa cosa, quasi merce di scambio e di economia; paradossalmente il vero dono non può esistere, resta solo un valore ideale, trascendente... solo un ‘codice’. Oggi, ormai, molti insistono su tale aspetto; ad esempio, lo stesso Cacciari, per il quale, del resto, è usuale l’aprire discorsi sul mistero dell’‘indicibile’ che pur esige di ‘essere detto’, e dell’‘impossibile’ che pure può esistere!
Non mi sono soffermato sulle tracce dei molti singoli contributi. Troppo ricco - direi - il ‘dono’ dei due volumi. Ho inteso solo individuare il valore di fondo che accomuna le due grandi imprese di ‘riflessione comunitaria’ di una antropologica che apre su Dio in quanto mistero.
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" 2005, nr. 1
(http://www.fttr.glauco.it/pls/fttr/V3_S2EW_CONSULTAZIONE.mostra_pagina?id_pagina=271)
La crisi della metafisica (o meglio ontologia) classica è compensata almeno in parte, oggi, dai tentativi di maturare indicazioni verso l’‘oltre e sopra’, il trascendente, da orientamenti come la fenomenologia, l’ermeneutica e altri capitoli di antropologia; la faccia nascosta di Dio, del divino e dell’indicibile trova riflessi e trasparenze nel volto dell’uomo vero, reale e profondo, che resta un essere cercatore di Verità, Libertà e Amore in pienezza, oltre ogni limite di spazio e tempo. Opportunamente Ferretti introduce (I° volume) il discorso metafisico citando Aristotele: l’‘essere’ arriva a noi dicendosi e chiedendo di essere detto in ‘molti modi’, anche per portarci all’Uno (p. 11). E appella al metodo scolastico dell’‘analogia’, il quale di fatto preludeva i ‘molti linguaggi’ che oggi, anche in assenza di un’ontologia teologica, ci parlano di fatto di Dio. Direi che perfino il tema delle dialettiche, delle tensioni, dei paradossi su cui si ama insistere oggi per quanto attiene agli stessi linguaggi espliciti su Dio, è già presente nelle indicazioni di Tommaso quando ci parla di tre ‘vie’ della sua analogia: ‘dire , negare, sublimare’ (parlando di Dio si deve affermare, ma al tempo stesso negare, appunto per rispettare l’eccedenza del mistero ineffabile di Dio). Si va dal linguaggio dei mistici (Baldini) a quelli della filosofia analitica e di alcuni settori della scienza. Mi permetto di esprimere, qui, il mio gioioso stupore per il capolavoro che ci offre il prof. F. Moiso (scomparso prima della pubblicazione degli Atti, I° volume) con il suo articolo, da manovratore vivace e ‘critico’ (nel senso più alto del termine), su alcuni passi compiuti dalla scienza e da scienziati moderni (pur se raccolti selezionando, quasi da appassionato divulgatore), e quasi per attingere dagli stessi scienziati utili criteri di superamento di steccati, e con una sorta di stile scientifico ‘ecumenico’ (pp. 79-101).
Il secondo volume è dedicato a valorizzare il tema del ‘dono’, sottolineato dalla moderna fenomenologia (e filosofia fenomenologica); ponendo in risalto soprattutto i diversi suoi aspetti che oggi darebbero grande interesse al discorso ontologico-religioso. Ferretti, nella sua ottima Introduzione ne evidenzia due (o meglio tre), in particolare: la verità e la gratuità (quest’ultimo convoglia già in sè il terzo: la libertà; e qui il riferimento va subito a Pareyson, il grande maestro torinese!). Ma poi ne enumera altri, appunto per fare spazio a contributi specifici del volume: il tempo, l’alterità, la parola, la scrittura… Un problema radicale, che Ferretti e altri affrontano, è quello sollevato da Derrida: il dono quando diventa ‘dono realmente donato’ entra nel circolo del ‘do ut des’, e quindi cessa di essere dono, diventa cosa, quasi merce di scambio e di economia; paradossalmente il vero dono non può esistere, resta solo un valore ideale, trascendente... solo un ‘codice’. Oggi, ormai, molti insistono su tale aspetto; ad esempio, lo stesso Cacciari, per il quale, del resto, è usuale l’aprire discorsi sul mistero dell’‘indicibile’ che pur esige di ‘essere detto’, e dell’‘impossibile’ che pure può esistere!
Non mi sono soffermato sulle tracce dei molti singoli contributi. Troppo ricco - direi - il ‘dono’ dei due volumi. Ho inteso solo individuare il valore di fondo che accomuna le due grandi imprese di ‘riflessione comunitaria’ di una antropologica che apre su Dio in quanto mistero.
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" 2005, nr. 1
(http://www.fttr.glauco.it/pls/fttr/V3_S2EW_CONSULTAZIONE.mostra_pagina?id_pagina=271)