Prefazione
Quando da Genova il Santo Padre mi ha chiamato a servire come Vescovo la Chiesa Ambrosiana, da subito ho avuto la forte consapevolezza della necessità di insistere nelle mie linee pastorali sulla realtà della "missione".
La grande Diocesi di Milano, che in parte già conoscevo perché mi ha generato nel mio essere cristiano e poi sacerdote, possiede una ricchissima tradizione di fede, di apostolato, di carità, ma corre il rischio - se non si apre prioritariamente alla missione - di non essere pienamente fedele al Vangelo in questo mondo che cambia.
C'è una missione anzitutto verso i tanti milanesi e lombardi, che hanno perso totalmente o quasi il riferimento alla fede cristiana o che, più spesso, conservano solo qualche elemento dei valori del Vangelo, qualche sporadica pratica religiosa e un generico e occasionale contatto con la comunità cristiana.
Ci sono poi le nuove generazioni verso le quali la catena ininterrotta da secoli della traditio fidei, che le dovrebbe tenere unite a chi ci ha preceduto nella fedeltà al Vangelo, rischia di spezzarsi.
Infine, occorre pensare ai tanti nuovi venuti - cattolici, cristiani, appartenenti ad altre religioni o senza un preciso credo -, verso i quali la nostra Chiesa non ha solo un dovere di accoglienza e di solidarietà umana, ma soprattutto di annuncio del Vangelo e di testimonianza a Gesù, il Crocifisso risorto, l'unico, universale e necessario Salvatore del mondo e di ogni cuore umano.
Proprio in questa prospettiva i due Percorsi pastorali triennali - "Mi sarete testimoni" e "L'amore di Dio è in mezzo a noi" - hanno avuto come tema centrale la missione, riletto in particolare nell'ottica della famiglia nel secondo triennio. E prima ancora, nella mia omelia il giorno dell'ingresso in Diocesi il 29 settembre 2002, dopo aver ricordato che «il nostro non è il tempo della semplice conservazione dell'esistente», concludevo con l'aggiunta: «Non ci è dunque lecito sottrarci all'impegno missionario! Non lo può questa nostra Chiesa ambrosiana se vuole essere degna della sua vocazione, della sua storia e della magnifica testimonianza di dedizione al Vangelo e di servizio all'uomo».
Con il tempo, che mi permetteva una maggiore conoscenza della concreta situazione pastorale, è maturata in me la convinzione che un rinnovato impegno missionario della nostra Chiesa esigeva anche un ripensamento del suo modo di "strutturarsi" già a livello di base. E questo non affatto per vanificare la ricchissima tradizione delle nostre parrocchie, segnata da una presenza intensa e capillare sul territorio che da secoli ha reso il Vangelo "pane quotidiano" per la gente di ogni paese e città; e neppure soprattutto o solo per rispondere all'invecchiamento e al consistente calo numerico dei sacerdoti. La ragione è specialmente un'altra ed è questa: per essere fedeli oggi alla missione di servire il Vangelo occorre che la nostra Chiesa viva maggiormente, anche nel suo modo di organizzasi e di agire, una reale comunione, che, valorizzando la ministerialità di tutti - una ministerialità fondata sul battesimo e sul sacerdozio comune dei fedeli -, si traduca in una reale collaborazione e in una vera corresponsabilità.
Missione, comunione, ministerialità: ecco le "parole chiave" delle Comunità Pastorali, che ne spiegano l'esistenza e ne guidano l'impegno. Comunità Pastorali che nascono come modalità o mezzo o strumento per rendere la nostra Chiesa ancora più missionaria, ancora più evangelica. In questo senso ho affermato con grande chiarezza e forza nell'omelia della Messa crismale del Giovedì santo di quest'anno 2008: «Diciamolo francamente: se le Comunità pastorali dovessero servire solo a "risparmiare" qualche prete o ad "aprire" qualche spazio in più di ministerialità ai laici, ma non dovessero portare a un vero, costante e concreto rinnovamento missionario, occorrerebbe riconoscerne e dichiararne il fallimento!».
Le Comunità Pastorali sono solo una forma, non l'unica, della "pastorale d'insieme" che deve caratterizzare la Diocesi di Milano in questi anni. E sono solo uno dei "sottocantieri" di quel "cantiere aperto" che è ora la Chiesa ambrosiana e che la vede impegnata nel ripensamento della pastorale giovanile, nel completamento della riforma del rito ambrosiano, nella sperimentazione sull'iniziazione cristiana, nelle nuove modalità di ingresso nel ministero dei sacerdoti, nel rilancio dell'invio di sacerdoti, diaconi e laici "fidei donum", nel rinnovato impegno per la presenza nella scuola, ecc. Resta comunque il fatto che le Comunità Pastorali possono essere considerate forse la scelta più carica simbolicamente del rinnovamento missionario - insieme spirituale e pastorale - della nostra Chiesa.
La loro notevole crescita, in poco più di due anni, ha manifestato sempre di più l'esigenza di avere a disposizione di chi vi è chiamato a farne parte - come semplice fedele o con compiti di responsabilità nel Direttivo - o di chi comunque è interessato al tema, un testo che raccogliesse i documenti che stanno alla base di questo profondo rinnovamento strutturale e missionario della nostra Chiesa e presentasse la realtà concreta delle Comunità Pastorali.
La Commissione arcivescovile per la pastorale d'insieme e le nuove ministerialità, che ha il compito di seguire e accompagnare il cammino della Diocesi in questo ambito, ha quindi preparato questa pubblicazione che ora ho la gioia di presentare. Essa si apre con "37 domande e risposte" che vogliono delineare la nuova esperienza delle Comunità Pastorali in termini semplici e al contempo affascinanti, senza eludere interrogativi, curiosità, problemi, obiezioni, paure, fatiche e... speranze. Seguono poi tre documenti fondamentali: due omelie del Giovedì santo: quella del 2006, con relativo documento sulla "nuova strategia pastorale", che dà inizio al cammino delle Comunità Pastorali, e quella del 2008, sul sacerdozio comune dei fedeli. Si tratta di testi che non sono nati "di getto" dalla penna dell'Arcivescovo, ma sono frutto di un lungo confronto all'interno in particolare del Consiglio Episcopale Milanese: frutto quindi di una profonda comunione e di una passione missionaria che mi lega ai miei Vicari e ai quali va la mia sincera gratitudine. Infine, vengono presentate quattro schede che la Commissione ha preparato, e già iniziato a sperimentare, su quattro aspetti decisivi per la nascita e il buon funzionamento di una Comunità Pastorale: il progetto pastorale, la regola di vita del Direttivo, la presenza di diversi ministeri nel Direttivo stesso e l'amministrazione della Comunità Pastorale.
Si tratta di una prima pubblicazione, di carattere pratico, ma penso non priva di interesse. Certamente il tema delle Comunità Pastorali meriterà ulteriori approfondimenti, di carattere teologico, spirituale, pastorale, canonico, sociologico, ecc., ma intanto viene ora messo a disposizione di tutti un testo che mi auguro abbia una sua vera utilità.
Mentre ringrazio i membri della Commissione per il loro impegnativo e paziente lavoro, auguro di cuore a quanti già ora sono coinvolti - o lo saranno più o meno presto - fiducia e gioia nel vivere il servizio al Vangelo nell'avventura missionaria delle Comunità Pastorali.
Dionigi card. Tettamanzi
Arcivescovo di Milano
Milano, 6 dicembre 2008
Solennità liturgica di sant'Ambrogio, vescovo