C’è una libertà da coltivare e da restituire: i genitori hanno questo compito e i figli questa impegnativa eredità. La nostra attenzione mette al centro il rapporto tra due realtà: la famiglia, da un lato e i giovani dall’altro. Ciò su cui vogliamo riflettere è la forza, la debolezza e l’evoluzione di questo rapporto, soprattutto nel momento in cui i giovani escono dalla famiglia e i genitori accompagnano i loro figli in questo esodo complesso e necessario.
“Insieme alla trasmissione della fede e dell’amore del Signore, – scrive il papa Benedetto XVI –, uno dei compiti più grandi della famiglia è quello di formare persone libere e responsabili. Perciò i genitori devono continuare a restituire ai loro figli la libertà, della quale per qualche tempo sono garanti. Se questi vedono che i loro genitori, e in generale gli adulti che li circondano, vivono la vita con gioia ed entusiasmo, anche nonostante le difficoltà, crescerà più facilmente in essi quella gioia profonda di vivere che li aiuterà a superare con buon esito i possibili ostacoli e le contrarietà che comporta la vita umana. Inoltre, quando la famiglia non si chiude in se stessa, i figli continuano ad imparare che ogni persona è degna di essere amata, e che c’è una fraternità fondamentale universale fra tutti gli esseri umani”.
Il Percorso pastorale della Chiesa ambrosiana mette in luce la realtà della famiglia, in tutta la sua ricchezza e la sua complessità. L’ascolto della Parola di Dio e l’attenzione al rapporto tra i figli nell’età della giovinezza e i loro genitori acquistano un interesse tutto particolare, dovuto, da un lato, al cambiamento repentino e radicale della famiglia in questi ultimi anni, dall’altro, alla necessità di intercettare un significato più alto della semplice analisi dei fatti.
Nuove sono le energie, nuove le possibilità, nuove le fatiche: da molto ci si aspetta molto, l’offerta e le aspettative dei genitori nei confronti dei figli e le esigenze dei figli in rapporto ai genitori sono molto alte. Il gioco avviene spesso tra le parti in un costante esercizio, che si pone tra un’esigenza di controllo e insieme un’avventura di libertà.
Ciò che definisce l’entrata e l’uscita dalla relazione è l’immagine di una porta girevole (revolving door), dentro la quale si passa continuamente, uscendo ed entrando in casa, senza soluzioni definitive. Si esce e si entra, dal punto di vista economico, abitativo, sociale, affettivo, in attesa di un assetto più duraturo.
Anche la solidarietà intergenerazionale necessita di una rinnovata definizione; infatti, continuamente cambia il concetto di generazione, che di volta in volta può essere generazione demografica, oppure generazione culturale, o sociale, o semplicemente relazionale. Diventa più interessante, più complesso e più difficile oggi parlare di un rapporto tra generazioni. C’è una sorta di accaparramento di risorse esistenti, attraverso le quali si stabiliscono nuovi legami e nuovi distacchi, di tempi, di luoghi, di appartenenze, di abbandoni.
L’intreccio familiare si fa più articolato, comandato da spinte spesso estrinseche alla identità dei singoli e invece più vicine alle configurazioni strutturali dello studio, del lavoro, delle iniziali e non collaudate nuove appartenenze. Verrebbe da dire che insieme si lascia e continuamente si porta sempre con sé la propria famiglia. Vengono inaugurate e collaudate solidarietà che ricercano nuovi codici simbolici di relazione: come interpretare la differenza tra uomo e donna, la capacità di dialogo tra genitori e figli, la pretesa e la riconoscenza tra giovani e adulti, l’esistenza o meno della relazione tra fratelli.
Nasce spesso una sorta di polivalenza delle generazioni, la quale non si può comprendere semplicemente come conflitto o come ambiguità: si configura piuttosto come un nuovo codice di dipendenze e di autonomie, materiali e psichiche, che puntualmente si ripropongono nelle varie fasi cicliche della vita. Si creano diverse strategie e diverse figure, che incarnano insieme solidarietà ed emancipazione, soggezione e pretesa, frammentazione e bisogno di sicurezza.
La famiglia non vive da sola, né per se stessa: si trova all’interno di un’area sistemica più ampia, più vera, più promettente e più problematica, che affida il suo futuro a tutta la società e non solo alla famiglia stessa. C’è una generatività familiare, ma anche una generatività sociale che vanno coltivate con assiduità.
Una vera autonomia rispetto al nucleo familiare di origine avviene oggi con modalità e in età molto diverse; anche le sequenze di questa autonomia non sono omogenee: l’uscire di casa, il trovare lavoro, l’avere un figlio, stabilire un matrimonio o un’unione stabile sono sequenze che non hanno sempre un unico ordine temporale; si può essere madre prima di essere moglie, si può uscire di casa in funzione di un lavoro, si può avere un figlio e rimanere in casa, e tante altre variabili che la vita giovanile conosce. La famiglia si ritrova allora ad abbandonare una sua staticità di temi e di ruoli, si trova piuttosto di fronte ad un tempo familiare che comprende diverse fasi della vita, in ruoli diversi, come giovani, adulti, genitori, figli, amici, conoscenti, conviventi, parenti, consulenti.
Il rimandare avanti le scelte di vita definitive, va di pari passo con l’aumento di rilevanza dell’indipendenza economica e della qualità delle scelte lavorative e professionali, con le possibilità che offrono. Basti pensare che fino ai ventiquattro anni di età la creazione di una nuova famiglia è diventata un fenomeno ormai raro; nel 1983 un giovane ogni cinque tra i ventuno e i ventiquattro anni aveva già contratto matrimonio, oggi sembra che nella stessa fascia di età sia meno di un giovane su venti. I matrimoni si concentrano nella gran parte tra i trenta e i trentaquattro anni, ed è in questa fascia che si realizza il pieno passaggio ai ruoli adulti; tuttavia, quasi i due quinti dei giovani di questa fascia non hanno ancora avviato una convivenza.
La visione del futuro concreto della propria vita è meno chiara e prevedibile. Questo dipende non solo da fattori sociali ed economici, ma anche dal prolungarsi del tragitto evolutivo verso la costruzione dell’identità personale dei giovani. Le possibilità tecnologiche di informazione e comunicazione concentrano fortemente sul presente. È sempre più determinante, nei valori di gradimento e nella valutazione delle esperienze di vita, il criterio dell’intensità emotiva con il rischio di essere a scapito della qualità, della profondità e della durata dell’intimità. Oggi tra i giovani alcuni esprimono un vero e proprio timore verso ciò che potrà accadere alla loro vita, altri talvolta esprimono addirittura una esplicita rinuncia a farsi carico del proprio destino. Spesso sostengono la rischiosità di anticipare scelte rigide e precise, ma insieme coltivano il principio della reversibilità di ogni scelta compiuta.
Più che non dal pensiero prolungato e riflesso, spesso i valori decisivi della vita sono mediati innanzitutto affettivamente. Le cose sempre più importanti sono gli amici. Il vissuto affettivo è di tipo esplorativo, come se si imparasse per esperienze progressive, che talvolta non sono luogo di crescita, di convincimento più maturo, o di autocritica, ma semplicemente si costituiscono come esperienze ripetitive. Le esperienze affettive-sessuali esprimono e rispondono più frequentemente a bisogni più originari, rispetto all’amore veramente adulto, con i rischi psichici relativi a una precoce sessualizzazione delle relazioni. La condizione giovanile sembra più disponibile rispetto ad una grammatica degli affetti, scoperta nell’alternanza tra eros e agape, più che non disposta a considerare seriamente stili di vita, parole e gesti veramente nuovi. La sincerità e la ricerca di autenticità nelle relazioni affettive non sono sempre genuine, a volte si sostituiscono a carenze affettive di natura più propriamente familiare.
Tutto questo universo viene gestito dai giovani dentro o a lato della famiglia, in cui i legami e i distacchi spesso sono poco elaborati, sia nell’impostazione dell’infanzia, sia in ogni successiva fase della vita. Emerge talvolta una vischiosa confusività di cui sono responsabili insieme genitori e figli e la cultura circostante. In questa situazione spesso non è facile per un giovane percepire con chiarezza i propri confini, ed è difficile costruire con sicurezza la propria identità. Non è facile costruire i confini, tra sé e i propri famigliari, tra sé e i propri amici, tra sé e il proprio ragazzo o la propria ragazza. I confini sono delineati dalle capacità di differenziare le responsabilità, dalla misura con cui parlo di me e delle mie esigenze; spesso il confine si situa semplicemente tra i miei bisogni e quelli degli altri.
In questo contesto, non solo per i giovani, ma anche per le famiglie acquistano importanza le scelte intermedie. Queste scelte, che sono certamente parziali, da un lato riempiono la vita e dall’altro non possono essere affrontate con un’intenzionalità veramente seria e profonda, soprattutto in riferimento ad alcune caratteristiche che le identificano: le motivazioni che le sostengono, la durata e la continuità temporale, la loro collocazione in un contesto più ampio e tendenzialmente definitivo.
Anche alcuni valori caratteristici della vita collettiva, quali l’eguaglianza, la solidarietà, la libertà e la democrazia spesso sono intese più come diritti personali da far valere, che come conquiste familiari, comunitarie e collettive. Volentieri i giovani collocano l’eguaglianza e la solidarietà nell’area della loro interiorità e della socialità ristretta, da gestire all’interno delle amicizie e della sfera più strettamente individuale, piuttosto che ad ambiti legati alla società e alla politica. Spesso anche nelle famiglie si nota una certa mancanza di generatività comunitaria e sociale.
Inoltre, se un tempo le figure di riferimento erano marcatamente i propri genitori, oggi anche queste figure si stanno moltiplicando; ciò potrebbe costituire anche una ricchezza, purché queste figure trovino la loro giusta collocazione, svolgano il loro compito, riconducano il soggetto ad una profonda unità. Per costruire questa identità in relazione è necessario che il tempo familiare diventi non solo un tempo dedicato all’altro, se pur eroicamente, ma anche e soprattutto un tempo condiviso.
L’ascolto della Parola di Dio illumina la nostra storia e i nostri vissuti, ci aiuta a leggere il presente e dà un sicuro orientamento verso il futuro. Solo questo amore è in grado di aprire la storia verso quella trascendenza di senso che non si perde nella transizione del momento, ma è in grado di mettere ancora in luce la straordinaria realtà della famiglia. Questo convegno dedicato ai giovani e ai loro educatori apre una strada, perché i figli ritrovino i loro genitori e i genitori ritrovino i loro figli: i loro legami e i loro distacchi permetteranno a tutti un’autentica libertà, condizione essenziale dell’amore.