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Le chiese sire tra IV° e VI° secolo. Dibattito dottrinale e ricerca spirituale
(Ecumenismo e dialogo) [Libro in brossura]EAN 9788880254829
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DETTAGLI DI «Le chiese sire tra IV° e VI° secolo. Dibattito dottrinale e ricerca spirituale»
Tipo
Libro
Titolo
Le chiese sire tra IV° e VI° secolo. Dibattito dottrinale e ricerca spirituale
A cura di
Emidio Vergani, Sabino Chialà
Editore
Centro Ambrosiano (già ITL)
EAN
9788880254829
Pagine
168
Data
maggio 2005
Peso
252 grammi
Altezza
20 cm
Larghezza
14 cm
Profondità
1,3 cm
Collana
Ecumenismo e dialogo
COMMENTI DEI LETTORI A «Le chiese sire tra IV° e VI° secolo. Dibattito dottrinale e ricerca spirituale»
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Recensioni di riviste specialistiche su «Le chiese sire tra IV° e VI° secolo. Dibattito dottrinale e ricerca spirituale»
Recensione di Celestino Corsato della rivista Studia Patavina
Le relazioni pubblicate nel volume che qui segnaliamo costituiscono gli Atti di un Incontro dedicato all’Oriente cristiano, il secondo della serie, che intende divulgare ricerche e portare a conoscenza – destinatario un pubblico piú vasto che non sia quello degli specialisti – una tradizione, la siriaca, che grande importanza ha avuto e tuttora ricopre nelle comunità ecclesiali di lingua e di rito siriaci. Storia dunque del passato, con una eredità preziosa da non perdere, e insieme vita contemporanea; prospettiva storica e orizzonte che abbraccia l’oggi e il futuro.
I testi sono organizzati in due parti. Nella prima, Cesare Pasini, viceprefetto della Biblioteca Ambrosiana di Milano, studia, tra i principali manoscritti siriaci posseduti dall’Ambrosiana, il codice C 313 inf., contenente il secondo volume della versione siro-esaplare dell’Antico Testamento, versione biblica compiuta da Paolo, vescovo di Tella, nel monastero di Enaton non lontano da Alessandria, intorno agli anni 615-617. La siro-esaplare è traduzione rigorosa e fedele in lingua siriaca della Settanta che Origene aveva collocato in quinta colonna nella sua Esapla. Il Pasini descrive il codice in questione, acquistato da Michele Maronita, emissario del card. Federico Borromeo, dalla biblioteca del monastero dei Siriani, nel deserto di Scete (oggi Wadi al-Natrun, sul lato occidentale del delta del Nilo, a metà strada fra Alessandria e il Cairo) e giunto all’Ambrosiana nella seconda decade del Seicento. Lo studioso traccia quindi l’origine e la storia piú remota del codice ricostruendo – mediante un’indagine scrupolosa sulle note apposte sul manoscritto e sulla sua sontuosa legatura vergate da monaci del Tur ‘Abdin –, le vicende (cronologiche, geografiche, di scrittura e di appartenenza) che lo hanno fatto approdare in terra egiziana prima, e all’Ambrosiana poi.
A questa parte appartiene anche il testo di Mor Julius Yeshu Çiçek, arcivescovo della diocesi siro-ortodossa dell’Europa centrale, su I cristiani siro-occidentali nella diaspora: l’emigrazione dei siro-aramaici nei secoli XVII-XX: poche pagine, che informano, in modo essenziale, sulla presenza nei secoli suddetti dei fedeli siro-aramaici in vari paesi europei. L’autore tratta della riorganizzazione della vita della Chiesa siro-ortodossa con la fondazione della diocesi d’Europa, dell’ordinazione del metropolita, dell’organizzazione delle imposte per il culto e l’aiuto alla suddet-ta diocesi, dello sviluppo della vita pastorale della chiesa (consigli parrocchiali, acquisto del monastero di sant’Efrem in Olanda, attività delle monache e dei monaci, stampa di libri ecclesiastici e culturali), delle chiese e monasteri costruiti in vari paesi europei.
La seconda parte punta la sua attenzione e spazia su ecclesiologia, cristologia e spiritualità delle Chiese sire. René Roux, studioso di materie patristiche, introduce il lettore all’esperienza della Chiesa siriaca primitiva stendendo puntuali Note sull’ecclesiologia del Liber Graduum, opera quest’ultima poco conosciuta – si lamenta il relatore – al di fuori dell’ambito dei siriacisti. Ne fa una presentazione generale, alla luce delle ipotesi e dei risultati degli studi moderni, collocandola nel suo ambiente storico. Il Liber Graduum (in siriaco: ktaba d-masqata) è una raccolta di trenta omelie di autore anonimo, databile tra inizio IV e inizio V secolo, su tematiche spirituali, su come concretamente ci si debba comportare per piacere a Dio e conseguire la salvezza. Infatti, il denominatore comune è la strada che porta a Dio, percorsa dai cristiani nell’osservanza dei precetti contenuti nella Scrittura: tuttavia, «i precetti non si indirizzano tutti alle stesse persone, ma variano a seconda dello stato spirituale dei singoli. Pur essendoci dunque tanti gradi nella vita spirituale quanti sono gli uomini, e sebbene lo stesso individuo, nel corso della sua esistenza, possa passare da un grado all’altro, è possibile individuare due categorie principali, quella dei giusti e quella dei perfetti». La differenza è fondata in una «diversa quantità di Spirito Santo che essi ricevono», ma non c’è niente di deterministico, in quanto ognuno «può passare da un livello all’altro» (pp. 56-57) nella crescita spirituale che è imitazione e conformazione a Cristo mite e umile di cuore. Il Roux traccia le linee fondamentali della visione ecclesiologica dell’autore prendendo le mosse dall’omelia XII, consacrata al rapporto tra Chiesa visibile e invisibile. Articola in cinque punti la sua analisi offrendo una panoramica sull’ecclesiologia: i tre altari e le tre chiese (interiore, visibile, celeste) con i diversi servizi sacerdotali, l’immagine della chiesa-madre nutrice ed educatrice dei santi, il rapporto tra il singolo fedele e Cristo (sull’altare del cuore si realizza l’unione del cristiano a Cristo quando il fedele si conforma a Lui umile e mite), la questione della gerarchia ecclesiastica (motivi di contrasto e modi per appianare la tensione tra chiesa istituzionale e quella dello spirito, tra l’autorità che deve essere pronta a usare la forza per far rispettare le proprie decisioni e il gruppo dei perfetti), la differenza tra i discepoli della fede e quelli della carità (la chiesa, seguendo l’esempio di Cristo, ma anche ogni gruppo religioso in essa rifiuta l’uso della violenza per difendere la propria verità religiosa: «Entrambi i discepoli giungono fino al martirio, ma i discepoli della fede agiscono anche con violenza contro gli eterodossi, contribuendo così attivamente alle persecuzioni, mentre quelli della carità non fanno del male a nessuno. Anzi, i discepoli della fede si rivoltano anche contro quelli della carità perseguitandoli»: pp. 68-69).
Sebastian Brock, tra i piú illustri studiosi e pubblicisti della letteratura siriaca, sviluppa Il dibattito cristologico del V e VI secolo nel contesto del dialogo teologico moderno, partendo dalle due dichiarazioni congiunte, firmate rispettivamente nel 1984 (tra Giovanni Paolo II e il patriarca siro-ortodosso di Antiochia e di tutto l’Oriente) e nel 1994 (tra il papa e il catholicos patriarca della chiesa assira dell’Est). Ripercorre le vicende storiche e dottrinali delle incomprensioni sul piano cristologico tra chiesa cattolica e le due chiese, durate 1400 anni, a partire dalle controversie dei se-coli V e VI. Lo studioso si sforza di dare risposta a due interrogativi: in che modo si arrivò a questa incomprensione (formulazioni concettuali e terminologiche, prospettive diverse) e conseguente separazione delle chiese calcedonesi e non calcedonesi; perché è intercorso un millennio e mezzo prima che si cercasse di trovare rimedio alla situazione, sbloccata dal benefico clima del concilio Vaticano II e dal conseguente sviluppo del dialogo e dei rapporti ecumenici fra le diverse chiese cri-stiane. Il Brock, dopo aver analizzato le dichiarazioni congiunte, porta all’attenzione del lettore cinque preziose lezioni offerte dal dialogo instaurato in questo ultimo quarantennio. È utile ricordare l’asserzione di Giacomo di Sarug, posta a chiusura del contributo, che «Cristo è venuto per salvare, non per essere oggetto di investigazione da parte di fazioni in disaccordo fra di loro».
Manel Nin, docente di liturgie orientali e patrologia al Pontificio Ateneo S. Anselmo di Roma, traccia La sintesi monastica di Giovanni il Solitario, vissuto nella prima metà del V secolo, conosciuto anche come Giovanni di Apamea, autore importante soprattutto per il corpus di testi monastici pervenuti sotto il suo nome. Dopo un breve status quaestionis della ricerca su Giovanni il Solitario e un’elencazione dei suoi scritti, il Nin ne presenta il pensiero monastico e la visione della vita spirituale – di ispirazione scritturistica, ma emergente anche dalla teologia di Efrem e dalle linee ascetiche del Liber Graduum – caratterizzata da una forma tripartita (tre stati: corporale, psichico, spirituale). La spiritualità chiaramente escatologica, basata sulla speranza della vita dopo la risurrezione, impegna la vita presente a raddrizzare le passioni, a compiere il passaggio delle tre tappe (corporale, psichica, pneumatica) nella convinzione che «il corpo e l’anima non sono nemici della vita spirituale, ma strumenti e gradini inferiori di perfezione» (p. 104). Lo studioso offre, sotto forma di lectio, un piccolo esempio di due opere (il Commentario a Ef 6,11 e la Lettera a Esichio), riportate ad ampie pericopi, esaminandone gli aspetti di carattere spirituale.
L’ultimo contributo, a firma di Emidio Vergani, docente di lingua siriaca al Pontificio Istituto Orientale, verte sul «“Mondo creato” e Chiesa nella meditazione di Cirillona». Il testo studiato è «probabilmente solo una parte di un’opera piú ampia» (p. 119) – attribuita a Qurillona o piuttosto a Qurilloka – il cui titolo riportato nel manoscritto suona come «inni sulle locuste, sul castigo e sulla guerra degli Unni». Dopo la presentazione di notizie biografiche sullo scrittore siriaco, il Vergani si inoltra nell’analisi del carme che esplicita l’accorata preghiera che Cirillona, nel contesto delle scorrerie degli Unni e di altre calamità, innalza al Signore a nome della sua comunità
In appendice, a cura di E. Vergani, si può leggere l’utilissima, con dovizia di particolari, Cronologia delle Chiese sire. Origini e periodo comune. Formazione e sviluppo della Chiesa Siro-occidentale fino all’inizio del periodo islamico (636 d.C.).
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" 2006, nr. 1
(http://www.fttr.glauco.it/pls/fttr/V3_S2EW_CONSULTAZIONE.mostra_pagina?id_pagina=271)
I testi sono organizzati in due parti. Nella prima, Cesare Pasini, viceprefetto della Biblioteca Ambrosiana di Milano, studia, tra i principali manoscritti siriaci posseduti dall’Ambrosiana, il codice C 313 inf., contenente il secondo volume della versione siro-esaplare dell’Antico Testamento, versione biblica compiuta da Paolo, vescovo di Tella, nel monastero di Enaton non lontano da Alessandria, intorno agli anni 615-617. La siro-esaplare è traduzione rigorosa e fedele in lingua siriaca della Settanta che Origene aveva collocato in quinta colonna nella sua Esapla. Il Pasini descrive il codice in questione, acquistato da Michele Maronita, emissario del card. Federico Borromeo, dalla biblioteca del monastero dei Siriani, nel deserto di Scete (oggi Wadi al-Natrun, sul lato occidentale del delta del Nilo, a metà strada fra Alessandria e il Cairo) e giunto all’Ambrosiana nella seconda decade del Seicento. Lo studioso traccia quindi l’origine e la storia piú remota del codice ricostruendo – mediante un’indagine scrupolosa sulle note apposte sul manoscritto e sulla sua sontuosa legatura vergate da monaci del Tur ‘Abdin –, le vicende (cronologiche, geografiche, di scrittura e di appartenenza) che lo hanno fatto approdare in terra egiziana prima, e all’Ambrosiana poi.
A questa parte appartiene anche il testo di Mor Julius Yeshu Çiçek, arcivescovo della diocesi siro-ortodossa dell’Europa centrale, su I cristiani siro-occidentali nella diaspora: l’emigrazione dei siro-aramaici nei secoli XVII-XX: poche pagine, che informano, in modo essenziale, sulla presenza nei secoli suddetti dei fedeli siro-aramaici in vari paesi europei. L’autore tratta della riorganizzazione della vita della Chiesa siro-ortodossa con la fondazione della diocesi d’Europa, dell’ordinazione del metropolita, dell’organizzazione delle imposte per il culto e l’aiuto alla suddet-ta diocesi, dello sviluppo della vita pastorale della chiesa (consigli parrocchiali, acquisto del monastero di sant’Efrem in Olanda, attività delle monache e dei monaci, stampa di libri ecclesiastici e culturali), delle chiese e monasteri costruiti in vari paesi europei.
La seconda parte punta la sua attenzione e spazia su ecclesiologia, cristologia e spiritualità delle Chiese sire. René Roux, studioso di materie patristiche, introduce il lettore all’esperienza della Chiesa siriaca primitiva stendendo puntuali Note sull’ecclesiologia del Liber Graduum, opera quest’ultima poco conosciuta – si lamenta il relatore – al di fuori dell’ambito dei siriacisti. Ne fa una presentazione generale, alla luce delle ipotesi e dei risultati degli studi moderni, collocandola nel suo ambiente storico. Il Liber Graduum (in siriaco: ktaba d-masqata) è una raccolta di trenta omelie di autore anonimo, databile tra inizio IV e inizio V secolo, su tematiche spirituali, su come concretamente ci si debba comportare per piacere a Dio e conseguire la salvezza. Infatti, il denominatore comune è la strada che porta a Dio, percorsa dai cristiani nell’osservanza dei precetti contenuti nella Scrittura: tuttavia, «i precetti non si indirizzano tutti alle stesse persone, ma variano a seconda dello stato spirituale dei singoli. Pur essendoci dunque tanti gradi nella vita spirituale quanti sono gli uomini, e sebbene lo stesso individuo, nel corso della sua esistenza, possa passare da un grado all’altro, è possibile individuare due categorie principali, quella dei giusti e quella dei perfetti». La differenza è fondata in una «diversa quantità di Spirito Santo che essi ricevono», ma non c’è niente di deterministico, in quanto ognuno «può passare da un livello all’altro» (pp. 56-57) nella crescita spirituale che è imitazione e conformazione a Cristo mite e umile di cuore. Il Roux traccia le linee fondamentali della visione ecclesiologica dell’autore prendendo le mosse dall’omelia XII, consacrata al rapporto tra Chiesa visibile e invisibile. Articola in cinque punti la sua analisi offrendo una panoramica sull’ecclesiologia: i tre altari e le tre chiese (interiore, visibile, celeste) con i diversi servizi sacerdotali, l’immagine della chiesa-madre nutrice ed educatrice dei santi, il rapporto tra il singolo fedele e Cristo (sull’altare del cuore si realizza l’unione del cristiano a Cristo quando il fedele si conforma a Lui umile e mite), la questione della gerarchia ecclesiastica (motivi di contrasto e modi per appianare la tensione tra chiesa istituzionale e quella dello spirito, tra l’autorità che deve essere pronta a usare la forza per far rispettare le proprie decisioni e il gruppo dei perfetti), la differenza tra i discepoli della fede e quelli della carità (la chiesa, seguendo l’esempio di Cristo, ma anche ogni gruppo religioso in essa rifiuta l’uso della violenza per difendere la propria verità religiosa: «Entrambi i discepoli giungono fino al martirio, ma i discepoli della fede agiscono anche con violenza contro gli eterodossi, contribuendo così attivamente alle persecuzioni, mentre quelli della carità non fanno del male a nessuno. Anzi, i discepoli della fede si rivoltano anche contro quelli della carità perseguitandoli»: pp. 68-69).
Sebastian Brock, tra i piú illustri studiosi e pubblicisti della letteratura siriaca, sviluppa Il dibattito cristologico del V e VI secolo nel contesto del dialogo teologico moderno, partendo dalle due dichiarazioni congiunte, firmate rispettivamente nel 1984 (tra Giovanni Paolo II e il patriarca siro-ortodosso di Antiochia e di tutto l’Oriente) e nel 1994 (tra il papa e il catholicos patriarca della chiesa assira dell’Est). Ripercorre le vicende storiche e dottrinali delle incomprensioni sul piano cristologico tra chiesa cattolica e le due chiese, durate 1400 anni, a partire dalle controversie dei se-coli V e VI. Lo studioso si sforza di dare risposta a due interrogativi: in che modo si arrivò a questa incomprensione (formulazioni concettuali e terminologiche, prospettive diverse) e conseguente separazione delle chiese calcedonesi e non calcedonesi; perché è intercorso un millennio e mezzo prima che si cercasse di trovare rimedio alla situazione, sbloccata dal benefico clima del concilio Vaticano II e dal conseguente sviluppo del dialogo e dei rapporti ecumenici fra le diverse chiese cri-stiane. Il Brock, dopo aver analizzato le dichiarazioni congiunte, porta all’attenzione del lettore cinque preziose lezioni offerte dal dialogo instaurato in questo ultimo quarantennio. È utile ricordare l’asserzione di Giacomo di Sarug, posta a chiusura del contributo, che «Cristo è venuto per salvare, non per essere oggetto di investigazione da parte di fazioni in disaccordo fra di loro».
Manel Nin, docente di liturgie orientali e patrologia al Pontificio Ateneo S. Anselmo di Roma, traccia La sintesi monastica di Giovanni il Solitario, vissuto nella prima metà del V secolo, conosciuto anche come Giovanni di Apamea, autore importante soprattutto per il corpus di testi monastici pervenuti sotto il suo nome. Dopo un breve status quaestionis della ricerca su Giovanni il Solitario e un’elencazione dei suoi scritti, il Nin ne presenta il pensiero monastico e la visione della vita spirituale – di ispirazione scritturistica, ma emergente anche dalla teologia di Efrem e dalle linee ascetiche del Liber Graduum – caratterizzata da una forma tripartita (tre stati: corporale, psichico, spirituale). La spiritualità chiaramente escatologica, basata sulla speranza della vita dopo la risurrezione, impegna la vita presente a raddrizzare le passioni, a compiere il passaggio delle tre tappe (corporale, psichica, pneumatica) nella convinzione che «il corpo e l’anima non sono nemici della vita spirituale, ma strumenti e gradini inferiori di perfezione» (p. 104). Lo studioso offre, sotto forma di lectio, un piccolo esempio di due opere (il Commentario a Ef 6,11 e la Lettera a Esichio), riportate ad ampie pericopi, esaminandone gli aspetti di carattere spirituale.
L’ultimo contributo, a firma di Emidio Vergani, docente di lingua siriaca al Pontificio Istituto Orientale, verte sul «“Mondo creato” e Chiesa nella meditazione di Cirillona». Il testo studiato è «probabilmente solo una parte di un’opera piú ampia» (p. 119) – attribuita a Qurillona o piuttosto a Qurilloka – il cui titolo riportato nel manoscritto suona come «inni sulle locuste, sul castigo e sulla guerra degli Unni». Dopo la presentazione di notizie biografiche sullo scrittore siriaco, il Vergani si inoltra nell’analisi del carme che esplicita l’accorata preghiera che Cirillona, nel contesto delle scorrerie degli Unni e di altre calamità, innalza al Signore a nome della sua comunità
In appendice, a cura di E. Vergani, si può leggere l’utilissima, con dovizia di particolari, Cronologia delle Chiese sire. Origini e periodo comune. Formazione e sviluppo della Chiesa Siro-occidentale fino all’inizio del periodo islamico (636 d.C.).
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" 2006, nr. 1
(http://www.fttr.glauco.it/pls/fttr/V3_S2EW_CONSULTAZIONE.mostra_pagina?id_pagina=271)
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