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L' Africa Nera fra Cristianesimo e Islam. L'esperienza di Daniele Comboni (1831-1881)
(Collana storica)EAN 9788879725910
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DETTAGLI DI «L' Africa Nera fra Cristianesimo e Islam. L'esperienza di Daniele Comboni (1831-1881)»
Tipo
Libro
Titolo
L' Africa Nera fra Cristianesimo e Islam. L'esperienza di Daniele Comboni (1831-1881)
Autore
Romanato Gianpaolo
Editore
Corbaccio
EAN
9788879725910
Pagine
454
Data
2003
Peso
530 grammi
Collana
Collana storica
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Recensioni di riviste specialistiche su «L' Africa Nera fra Cristianesimo e Islam. L'esperienza di Daniele Comboni (1831-1881)»
Recensione di Rosetta Frison Segafredo della rivista Studia Patavina
“Un tempo si diceva chiaramente che il Sudan era un paese musulmano, oggi lo si dice meno ma di fatto è così. …In realtà la religione resta una delle cause di difficoltà nelle relazioni tra la gente”. L’affermazione del cardinale di Khartoum Zubeir Wako (v. Avvenire 17/12/2003) offre solo uno squarcio sui problemi del Sudan di oggi, paese che, nonostante abbia scoperto nel suo territorio importanti giacimenti petroliferi, vive una situazione di conflitto politico-sociale non più serena rispetto a quella che aveva trovato Daniele Comboni (1831-1881), figura di prima grandezza fra coloro che nella seconda metà dell’ottocento penetrarono nel continente africano, missionario che dovette relazionarsi con le sfere più alte dei poteri ecclesiastici ma anche politici ed economici del suo tempo, legati da interessi diversi all’Africa nord-orientale, in particolare al Sudan che fu l’oggetto della sua evangelizzazione. Per aiutare le “selvagge” popolazioni subsahariane a salvarsi dagli appetiti delle varie compagnie di commercianti e di schiavisti, ideò un piano per la rigenerazione dell’Africa che, con una visione anticipatrice delle moderne teorie, prevedeva il coinvolgimento degli africani stessi nel loro riscatto. Fondatore di una attivissima famiglia missionaria, è stato da Giovanni Paolo II beatificato nel 1997 e santificato nel 2003. Ma sarebbe sbagliato pensare a questo libro come a una semplice biografia di un pur rilevante personaggio: Comboni lo si incontra, in realtà, solo a metà di una trattazione che ha come oggetto più generale la storia di quella porzione del continente africano in cui si troverà ad un certo momento ad operare e ad offrire un contributo speciale il grande veronese. Romanato, da storico meticoloso, è riuscito nella non facile impresa di mettere insieme una documentazione vastissima (basata su un’ampia bibliografia in italiano, inglese, francese, tedesco, sloveno, polacco,su fonti documentarie in parte inedite tra cui la Positio per il processo di canonizzazione e su una grande quantità di mappe geografiche del tempo) integrata dalla sua conoscenza de visu degli itinerari africani di cui tratta (che ha cercato di ripercorrere fin dove i limiti della sicurezza di oggi lo consentono) e di quelli sudamericani che videro l’insediamento delle Riduzioni dei Gesuiti cui Comboni si ispirò per il suo piano. Il risultato è un volume che offre una sistemazione organica nuova a una fetta di storia conosciuta dai più per suggestioni e,pur non concedendo mai nulla alla retorica o alle tentazioni mistificatrici o agiografiche, pur non avanzando una affermazione che non sia opportunamente motivata dalle fonti, si legge facilmente e con piacere non solo perché il racconto è coinvolgente ma anche per una scrittura agile, sempre asciutta ed efficace e per l’inserimento di un ricco apparato di note, indici, cronologia che facilita ulteriormente una chiara comprensione del testo.
La vocazione missionaria di Comboni nasce dall’incontro a diciotto anni con Angelo Vinco, membro della prima delegazione inviata da Propaganda Fide ad aprire il nuovo vicariato dell’Africa centrale,di passaggio all’Istituto Mazza di Verona prima di rientrare in Africa. Della sua formazione giovanile si conosce poco, ma certamente compie un ciclo di studi di alto livello sia spirituale sia culturale, anche perché si trova in quella città di Verona che fra il 1814 e il 1866 conosce una stagione religiosa particolarmente intensa e feconda, con una spiritualità diffusa non intimistica, ma capace di misurarsi con i bisogni del momento (nel giro di circa trent’anni sorgono a Verona una decina di nuove congregazioni maschili e femminili) sulla quale esercita un forte influsso la figura di Antonio Rosmini. In questo contesto si plasma la spiritualità di Comboni, il suo senso del sacrificio, il suo cristocentrismo inteso come riferimento alla sofferenza che produce opere di carità. Egli arriva a maturare lentamente il suo Piano per la rigenerazione dell’Africa cui dà una forma organica alla fine del 1864 e a cui ispirerà tutta la sua azione successiva. Partendo dalla considerazione che l’incontro fra la cultura africana e quella europea debba avvenire su un terreno neutro, propone di fondare sulla costa africana degli insediamenti missionari a scopo di evangelizzazione e civilizzazione, gestiti insieme da personale europeo e africano fino a che gli africani non siano capaci di gestirli autonomamente. In questo modo si sarebbe gradualmente raggiunto l’obiettivo della “rigenerazione dell’Africa con l’Africa stessa” che era lo scopo ultimo del progetto. Il resto della vita di Comboni è sostanzialmente dedicato all’applicazione del suo Piano. In Egitto, ambiente in questo momento cosmopolita più di ogni altro, diventa un interlocutore autorevole e ascoltato da studiosi, esploratori, politici (incontra anche l’imperatore Francesco Giuseppe venuto lì per l’inaugurazione del canale di Suez). Da qui al 1881, anno della sua morte, la sua vita è segnata da un quotidiano impegno fra il far avanzare in Africa (Egitto e Sudan) i suoi progetti e le relazioni con gli ambienti europei per tenere vivo il consenso, appianare le incomprensioni, consolidare il sostegno alle sue iniziative. E’ impossibile in poche righe riassumere la complessità e il livello della sua attività (cui non sono risparmiati fino alla fine né azioni demolitorie né calunnie), si consiglia caldamente di leggerla nelle pagine che Romanato gli dedica nella parte finale del libro. Quel che si può dire è che egli è giunto da solo, in maniera geniale, a capire quale dovesse essere l’approccio con le culture primitive: capisce che l’africano deve essere lasciato in Africa per non perdere le sue radici, con l’istruzione lo si può lentamente anche far avvicinare alla religione cristiana, dopo che si sia stati accettati, si siano fornite le prime competenze, si sia introdotto il modello familiare cattolico. Ma le missioni che egli avvia sono isole sperdute nel mare musulmano e possono vivere solo perché strettamente controllate e del tutto separate dal mondo maomettano. Il vero dissidio che si profila e che Comboni intuisce è quello del confronto fra due religioni che è anche confronto fra due culture e due civiltà. Proprio il Sudan scriverà, subito dopo la sua morte, pagine drammatiche che coinvolgeranno anche i missionari cattolici, provocate dalla reazione locale nei confronti di coloro che erano ritenuti comunque degli usurpatori (ci si riferisce alla rivolta nota come Mahadia).
Nella sua postfazione Sergio Romano (direttore della collana in cui il libro è pubblicato) spiega come il merito di questo studio di Romanato sia quello di aver messo in luce come l’interesse della Chiesa cattolica per l’Africa preceda la grande spartizione coloniale della seconda metà dell’ottocento. La penetrazione del colonialismo europeo, però, agevola l’accreditamento dell’islam presso le popolazioni africane come religione “indigena”, da usare come barriera contro l’imperialismo “cristiano”.
Per concludere si sottolinea come questo libro, per la seria ricostruzione che offre di un momento storico complesso e in cui hanno origine molte delle grosse questioni del vivere di oggi, si possa considerare uno strumento necessario di consultazione in ogni biblioteca, cui si consiglia senz’altro di dotarsene.
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" 2004, nr. 3
(http://www.fttr.glauco.it/pls/fttr/V3_S2EW_CONSULTAZIONE.mostra_pagina?id_pagina=271)
La vocazione missionaria di Comboni nasce dall’incontro a diciotto anni con Angelo Vinco, membro della prima delegazione inviata da Propaganda Fide ad aprire il nuovo vicariato dell’Africa centrale,di passaggio all’Istituto Mazza di Verona prima di rientrare in Africa. Della sua formazione giovanile si conosce poco, ma certamente compie un ciclo di studi di alto livello sia spirituale sia culturale, anche perché si trova in quella città di Verona che fra il 1814 e il 1866 conosce una stagione religiosa particolarmente intensa e feconda, con una spiritualità diffusa non intimistica, ma capace di misurarsi con i bisogni del momento (nel giro di circa trent’anni sorgono a Verona una decina di nuove congregazioni maschili e femminili) sulla quale esercita un forte influsso la figura di Antonio Rosmini. In questo contesto si plasma la spiritualità di Comboni, il suo senso del sacrificio, il suo cristocentrismo inteso come riferimento alla sofferenza che produce opere di carità. Egli arriva a maturare lentamente il suo Piano per la rigenerazione dell’Africa cui dà una forma organica alla fine del 1864 e a cui ispirerà tutta la sua azione successiva. Partendo dalla considerazione che l’incontro fra la cultura africana e quella europea debba avvenire su un terreno neutro, propone di fondare sulla costa africana degli insediamenti missionari a scopo di evangelizzazione e civilizzazione, gestiti insieme da personale europeo e africano fino a che gli africani non siano capaci di gestirli autonomamente. In questo modo si sarebbe gradualmente raggiunto l’obiettivo della “rigenerazione dell’Africa con l’Africa stessa” che era lo scopo ultimo del progetto. Il resto della vita di Comboni è sostanzialmente dedicato all’applicazione del suo Piano. In Egitto, ambiente in questo momento cosmopolita più di ogni altro, diventa un interlocutore autorevole e ascoltato da studiosi, esploratori, politici (incontra anche l’imperatore Francesco Giuseppe venuto lì per l’inaugurazione del canale di Suez). Da qui al 1881, anno della sua morte, la sua vita è segnata da un quotidiano impegno fra il far avanzare in Africa (Egitto e Sudan) i suoi progetti e le relazioni con gli ambienti europei per tenere vivo il consenso, appianare le incomprensioni, consolidare il sostegno alle sue iniziative. E’ impossibile in poche righe riassumere la complessità e il livello della sua attività (cui non sono risparmiati fino alla fine né azioni demolitorie né calunnie), si consiglia caldamente di leggerla nelle pagine che Romanato gli dedica nella parte finale del libro. Quel che si può dire è che egli è giunto da solo, in maniera geniale, a capire quale dovesse essere l’approccio con le culture primitive: capisce che l’africano deve essere lasciato in Africa per non perdere le sue radici, con l’istruzione lo si può lentamente anche far avvicinare alla religione cristiana, dopo che si sia stati accettati, si siano fornite le prime competenze, si sia introdotto il modello familiare cattolico. Ma le missioni che egli avvia sono isole sperdute nel mare musulmano e possono vivere solo perché strettamente controllate e del tutto separate dal mondo maomettano. Il vero dissidio che si profila e che Comboni intuisce è quello del confronto fra due religioni che è anche confronto fra due culture e due civiltà. Proprio il Sudan scriverà, subito dopo la sua morte, pagine drammatiche che coinvolgeranno anche i missionari cattolici, provocate dalla reazione locale nei confronti di coloro che erano ritenuti comunque degli usurpatori (ci si riferisce alla rivolta nota come Mahadia).
Nella sua postfazione Sergio Romano (direttore della collana in cui il libro è pubblicato) spiega come il merito di questo studio di Romanato sia quello di aver messo in luce come l’interesse della Chiesa cattolica per l’Africa preceda la grande spartizione coloniale della seconda metà dell’ottocento. La penetrazione del colonialismo europeo, però, agevola l’accreditamento dell’islam presso le popolazioni africane come religione “indigena”, da usare come barriera contro l’imperialismo “cristiano”.
Per concludere si sottolinea come questo libro, per la seria ricostruzione che offre di un momento storico complesso e in cui hanno origine molte delle grosse questioni del vivere di oggi, si possa considerare uno strumento necessario di consultazione in ogni biblioteca, cui si consiglia senz’altro di dotarsene.
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" 2004, nr. 3
(http://www.fttr.glauco.it/pls/fttr/V3_S2EW_CONSULTAZIONE.mostra_pagina?id_pagina=271)
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