I ministri di Cristo nelle lettere paoline. Fedeli alla verità nella carità
[Libro con legatura cucita]EAN 9788878391482
Carmelo Pellegrino nel suo volume “I ministri di Cristo nelle Lettere paoline” dipinge la bellezza della missione sacerdotale. Le celebrazioni dell’Anno Sacerdotale, vissute sulla scia del trascorso Anno Paolino, offrono a tutti i credenti una quanto mai opportuna occasione per riflettere sul meraviglioso sacramento dell’ordine, sul suo preziosissimo valore, sulla missione che esso illumina e sul mistero che racchiude in sé, proprio secondo il motto voluto dal Santo Padre: “Fedeltà di Cristo, Fedeltà del Sacerdote”. È stato così che Carmelo Pellegrino, giovane docente presso la Pontificia Università Gregoriana e la Libera Università Maria Santissima Assunta, ha preso metaforicamente tempera e pennelli e si è messo al lavoro dipingendo una bellissima icona del sacerdozio cattolico, utilizzando tutta la vivacità di colori e le sfumature dorate che sul tema riesce ad esprimere la teologia del grande Apostolo delle Genti. Ne è venuto fuori un affascinante volume: I ministri di Cristo nelle Lettere paoline.
Fedeli alla verità nella carità. Un’opera tanto intensa e profonda nel contenuto, quanto lineare e cristallina nella struttura e nel modo d’esposizione, e che si presenta accompagnata da una breve prefazione dell’esimio biblista gesuita, il Card. Albert Vanhoye. L’autore sa fin troppo bene che le Lettere paoline altro non sono che pennellate differenti stese insieme sulla medesima tela dell’origine apostolica per realizzare nell’Epistolario un unico affresco della Rivelazione Divina giunta alla pienezza, il cui vero artista è però sempre lo Spirito. Per questo, lascia volutamente da parte le lunghe e complicatissime questioni esegetiche circa l’analisi storica e l’effettiva paternità di questi scritti neotestamentari per mirare con più freschezza al cuore del pensiero sacerdotale di Paolo. Ma per giungere a ciò, è necessario considerare il dato di fatto odierno che purtroppo registra un’innaturale scissione nella figura del presbitero! Il sacerdozio oggi è infatti visto secondo due prospettive: una sociologica e funzionale capace d’intenderlo solo nell’ottica del “servizio” alla comunità, e l’altra ontologica o meglio sacramentale che pur non negando il servizio, lo vede però ancorato esclusivamente a quell’essere del sacerdote che viene implicato solo da un “dono” concesso dal Signore attraverso la Chiesa. In una parola, dal sacramento. Servizio e dono sono però due facce inscindibili della stessa medaglia: magari il primo colora l’annuncio della Parola e il secondo apre al mistero dell’Eucarestia… eppure oggi si tende con troppa facilità a privilegiare il servizio, dimenticandosi del dono. In un certo modo le due cose risultano divise, e questo non è un bene. Addirittura, sull’onda della funzionalità che ormai permea ogni cultura, si preferiscono i termini “incarico, ministero” e non “sacerdozio”!
Questa è una visione fin troppo riduttiva perché, come afferma l’autore, “la predicazione cristiana non proclama parole ma la Parola, cioè la Persona di Cristo ontologicamente aperta alla relazione col Padre e obbediente alla sua volontà. Un autentico servizio alla Parola esige che il sacerdote sia trasparenza in ogni suo gesto. Egli deve partecipare, anzi perdersi nel mistero di morte e resurrezione con tutto il proprio io: intelligenza, libertà, volontà, corporeità. Soltanto la partecipazione al sacrificio di Cristo, alla sua kènosi rende autentico l’annuncio”. Posto questo, vengono passati in rassegna sei fondamentali interrogativi sulla figura del sacerdote: Cos’è la vocazione? Chi è il ministro del Signore? Qual è il suo compito? Come realizza la missione per cui è stato chiamato? Quali sono i tempi in cui prende forma questo progetto divino sull’uomo? In che modo trasmettere il dato evangelico oggi? Attraverso la penna dell’autore, è come se lo stesso Paolo rispondesse a tali domande, facendo progressivamente luce sulla propria, straordinaria esperienza di “chiamato”, rivelandone le gioie provate e illustrando le difficoltà che è possibile incontrare, ma tutte superabili in nome di quell’Amore Eterno per cui si vive!
Ecco allora che un evento misterioso qual è la vocazione venga inquadrata come un impatto sconvolgente con la Verità sulla propria persona e su Dio e al tempo stesso come la più splendida esperienza dell’amore gratuito del Padre per un uomo. Essa assume quasi i contorni di un vero combattimento tra il chiamato e lo Spirito: sulla via di Damasco, Paolo si è letteralmente scontrato con il Risorto… ed è stato subito sconfitto e messo al tappeto! Ha avuto inizio così per lui l’esperienza del buio, del disorientamento, della mancanza di quelle certezze avute fino a quel momento. Si tratta di una sfida personale tra l’io di Cristo e l’io dell’uomo, una vera lotta tra la persona chiamata e Dio che lo invita ad abbracciare il ministero. In questo scontro l’uomo vince quando accetta di perdere. Per Paolo significa accettare di far morire il proprio io, facendo vivere in sé l’io di Cristo. Sarà questo a spalancargli le porte della conversione, dopo la quale potrà conoscere il buon sapore della misericordia ricevuta e dell’abbondanza della grazia divina che plasmeranno poi la sua missione. Il sacerdote è dunque un’incarnazione perenne del Triduo Pasquale proprio perché chiamato ad essere trasfigurato, anzi transustanziato come l’Eucarestia che celebra… e, come il Risorto potrà mostrarsi ad ogni incredulo dicendo: “Guarda le mie mani consacrate nell’unzione, poni la tua mano nel mio costato spiritualmente trafitto: non sono più io che vivo ma ormai Cristo vive in me!”.
Tratto dalla rivista "Quaderni di Studi" - ISSR Lecce, 2010
(http://www.issrlecce.org)