Una finestra, una stanza disabitata, una strada, gli occhi assorti e visionari di una bambina: sono i protagonisti di questo racconto su un tempo e un luogo scomparsi. Ricostruiti dalla tenacia del ricordo, costringono la memoria, labile e a volte infedele, ad operare un processo di trasmutazione in cui l’amore per quel piccolo universo si annoda ad un’ostinata, ossessiva “ricerca del tempo perduto”.
Ecco allora che, dal vuoto dell’oblio, riemerge e viene riscattato un microcosmo dove ogni accadimento, ogni data fatidica, ogni evento comune o straordinario si traveste, riconquistando e riassumendo su di sé le forme splendenti, maliarde, imperiture del mito.
L’avvicendarsi delle quattro stagioni, da estate a estate, è lo spazio temporale circoscritto e concluso in cui la realtà fa scorrere davanti alla finestra-schermo e, di conseguenza, davanti allo sguardo avido della bimba, persone e paesaggi che descrivono un mondo e insieme alimentano e arricchiscono, con fertile humus, il bagaglio minuscolo di quelle prime esperienze infantili.
Donano così alla protagonista la preziosa consapevolezza che la vita non è solo un processo naturale di crescita ma anche un percorso accidentato di conoscenza e maturazione, una sfida al superamento di timori inesplicabili, un’avventura dell’immaginario poetico, una conquista di condivisione e partecipazione attiva al destino di una comunità.
In questo raffinato poemetto in prosa dall’andamento di un concerto l’autrice ci consegna, come avviene nel paesaggio circondato dal mare dei Racconti dell’isola, un altro luogo ammaliante in cui la suggestione fantastica, le emozioni primarie e indelebili, l’attonito incanto dell’infanzia riportano alla luce quegli stessi eventi magici che fanno della vita un miracolo di poesia, una sfida della memoria, un mistero affascinante e insondabile.