EAN 9788874627448
Passeggiando nei pressi di una fonderia – così si narra – Pitagora ebbe la prima fulminante intuizione circa l’armonia: il suono calibrato che usciva dal luogo lo spinse a entrare e indagarne la natura. Entrato, trovò cinque uomini che impugnavano altrettanti martelli di diverse grandezze. Scoprì così che quattro di quegli utensili, tutt’altro che musicali per loro natura, grazie a ben precise dimensioni, riuscivano a emettere un suono armonico, capace di dilettare l’orecchio oltre ogni aspettativa. Era il primo passo per lo studio dell’armonia sonora e dell’approccio alle leggi che governano la musica. Il quinto di quei martelli invece – punto nodale del discorso dell’autore – venne scartato dalle osservazioni di Pitagora, non essendo egli stato in grado né di misurarlo, né di udirlo distintamente. Cosa indusse Pitagora a questa azione di scarto così ferma e decisa? Il libro parte proprio da questo, ipotizzando che la scelta offra la chiave per la definizione dell’idea stessa dell’armonia. Dal rifiuto del quinto martello, infatti, sarebbe nata la teoria del suono musicale, rifiuto che coincide con il primo assioma della scienza del mondo sensibile. Dalla musica alla metafisica, dall’estetica all’astronomia, il libro esplora l’ampia eredità dell’intuizione pitagorica. In modi differenti eppure complementari, il pensiero antico come la moderna scienza e la filosofia si sono infatti confrontati con un problema fondamentale quale il rapporto tra l’osservabilità della natura e la sua rappresentazione. Nel cimentarsi con questa sproporzione, le varie discipline hanno svelato i propri limiti, ma anche esplicato i propri scopi, mostrando così un’essenza smisurata, che pulsa e risuona, anche se resiste a ogni tipo di trascrizione tramite note, numeri o lettere. «Non l’armonia ma la disarmonia fu la vera scoperta di Pitagora. Secondo un’antica favola, fu egli che ebbe a scontrarsi, per primo, con un evento sonoro al quale non poteva attribuirsi né qualità né quantità certa. Da Platone a Boezio, da Keplero a Leibniz e a Kant, si è percorso il sentiero da lui aperto, si è rintracciata una logica del mondo sensibile nella registrazione ripetuta, eppur ogni volta singolare, di una musica di cui nessun segno dà notazione.»
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