Ottavio Maggio ha una pasticceria ben avviata in una città della Puglia, una moglie con un bel caratterino, tre figlie femmine (mai l'agognato maschio) e due sorelle zitelle. Poi ha una lingua sciolta che ama inventare storie e un "dono" segreto di cui non parla con nessuno. Nell'aprile del 1977, si aggiunge a questo quadro qualcosa cui non aveva pensato: un nipote imprevisto, nato dalla figlia Marina il giorno dei suoi vent'anni e da un ragazzo che sparisce dalla sala d'attesa dell'ospedale. Quel bambino arrivato troppo presto e senza un padre sconvolge tutti i piani di Ottavio, che però se ne innamora appena vede i suoi occhi opachi di neonato che cercano un appiglio attorno a sé. Ettore, così lo chiama Marina, cresce in quella famiglia allargata di nonne, zie e mamme, e appena può sta insieme al nonno, perché con lui si diverte e fanno lunghi discorsi e giri in auto sulla Fiat 131. Non sa granché del padre, se non che da grande andrà a cercarlo, e se lo immagina con le facce degli uomini che vede intorno e nei film. Finché una mattina, quando Ettore ha sei anni, avviene un incidente che cambia tutto e, insieme, l'incontro con un bambino della sua stessa età che entra nella sua vita per non uscirne più. Una storia di legami familiari, di profonda amicizia, di un amore d'infanzia che non finisce, di ricerche, coincidenze, armonie sotterranee, perdite e svolte improvvise. In cui la scrittura, che è l'assillo di Ettore, diventa la compagna di strada che forse può dipanare il senso delle cose. Come nel precedente "L'estate muore giovane", Sabatino disegna i suoi personaggi in modo talmente vivido da renderli altrettanto veri della terra pugliese in cui tutto si radica, quanto l'ulivo e il muretto a secco che inseguono fino all'ultimo l'immaginazione e la vita di Ettore Maggio.