Salvifica bellezza. Sulle tracce della spiritualità filocalica dell'oriente cristiano

Filocalia significa, alla lettera, “amore della bellezza” ed è, in effetti, un’antologia di testi mistici della Chiesa greca. Alla sua genesi presiede un concetto fondamentale, esplicitamente formulato da Platone nella sua Repubblica: la bellezza è la manifestazione sensibile del Bene, che è al di là dell’essere, e quindi si mostra attraverso tutte le cose, in ogni dove, ma non può essere colto e posseduto nella sua pienezza in alcuna realtà mondana, giacché, in quanto tale, non è in alcun luogo.

Questa tesi è carica di importanti significati spirituali. Il primo ed essenziale è quello che impedisce alla radice ogni forma di idolatria, in quanto nega, appunto, che sia impossibile impadronirsi, per così dire, del divino in qualcosa di determinato, e sotto questo aspetto è già presente in esso il motivo della teologia cosiddetta negativa, per cui è da respingere ogni pretesa di conoscenza/possesso totalizzante del divino stesso. Il secondo, dialetticamente correlato al precedente, è che in tutte le cose si manifesta, sia pure in grado diverso, la luce e la gloria di Dio. Il cosmo, dunque, reca in ogni dove le tracce della gloria di Dio. L’uomo può seguire queste tracce, ovvero riscontrare nelle cose create la presenza della bellezza, cioè del Bene, che è alla loro origini e cercare così di risalire, di grado in grado, verso l’Origine stessa.

Un valore particolare assume la Filocalia: in essa si parte non dalle Scritture o dalle teologie filosofiche, ma dall’esperienza interiore, ovvero da conversione e distacco. Una esperienza personale, dunque, non una teologia. Un percorso che è pratico, ascetico, platonicamente esercizio di morte e insieme razionale, in quanto ri-scoperta e ri-generazione del logos nel profondo dell’uomo, ben oltre la superficiale dimensione del “ragionamento” strumentale e interessato.
È così che si manifesta quella bellezza che altrimenti resta sconosciuta: in realtà in ogni istante essa si offre gratuitamente all’uomo, ma l’uomo non è in grado di riconoscerla, legato com’è al suo piccolo ego, e solo quando questo scompare essa gli si mostra pienamente.

La prova della verità qui non è più esteriore, non è in libri o in teorie, ma tutta interiore, e perciò certa e inoppugnabile. È nella profonda letizia, anzi, nella gioia estatica che l’uomo prova in ogni istante di fronte a questa straordinaria, mirabile bellezza, ed allora non ha dubbi, giacché la letizia è davvero, spinozianamente, segno di perfezione.
Ci auguriamo perciò che questo libro possa raggiungere il suo scopo, che è quello di introdurre alla conoscenza della Filocalia: il lettore che lo seguirà non rimarrà deluso.

Tratto dalla Rivista di Vita Spirituale n. 3/2010
(http://www.vitaspirituale.it)

Quale nesso esiste «tra bellezza e salvezza nel cristianesimo, religione dell’incarnazione e della trasfigurazione» partecipata in Cristo lungo un itinerario spirituale? L’a. si propone d’indagarlo attingendo alla ricca spiritualità dell’Oriente cristiano e principalmente a quella sorta di «enciclopedia della luce increata» che è la Filocalia. Un «viaggio» coi padri del deserto lungo i testi della sapienza filocalica, nella convinzione che solo da «un coraggioso attraversamento dietro una guida sicura (…) non si tarderà a percepire come la croce, mistero inscritto in tutto l’universo, non sia mai disgiunta dalla gloria e dalla bellezza che avvolge ogni creatura».

Tratto dalla Rivista Il Regno n.12

(http://www.ilregno.it)