L'etica dell'amore
-Breviario
EAN 9788872831724
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DETTAGLI DI «L'etica dell'amore»
Tipo
Libro
Titolo
L'etica dell'amore - Breviario
Autore
Gentili Giobbe
Editore
Raetia
EAN
9788872831724
Pagine
183
Data
2002
COMMENTI DEI LETTORI A «L'etica dell'amore»
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Recensioni di riviste specialistiche su «L'etica dell'amore»
Recensione di Giuseppe Trentin della rivista Studia Patavina
Può un non-teologo laico proporre una personale rimeditazione della morale cattolica? Non solo può, ma in un certo senso deve, in quanto la morale umana, e quindi anche la morale cattolica, prima di essere una riflessione, una teoria, un’etica, è un ethos, un’esperienza, uno stile di vita. Fa bene di tanto in tanto leggere libri come questo, germogliato nella coscienza di un cattolico sincero, impegnato, capace non di agire, ma anche di riflettere e misurarsi seriamente, da una parte, con il grande comandamento dell’amore di Gesú, dall’altra con la complessa e spesso estenuante fatica della mediazione storica e culturale. È questo, a me sembra, uno dei pregi, non l’unico, del «Breviario» che Giobbe Gentili ci offre. L’Autore non ha certo la pretesa di mettere in circolazione un nuovo manuale di teologia morale; nemmeno rinuncia però ad intraprendere la strada della riflessione rigorosa, sistematica, che gli permette di cogliere e denunciare, se non di superare, alcune delle incongruenze che egli riscontra nella morale cattolica.
I primi quattro capitoli (pp. 11-66) portano il lettore a respirare a pieni polmoni l’aria delle vette, del vangelo, della rivelazione cristiana, in particolare della teologia trinitaria, dove è possibile «ri-affondare in alto» le radici della morale, senza soccombere alla facile e sempre incombente tentazione di piantare sul monte Tabor la nostra tenda, come hanno fatto i discepoli di Gesú. E infatti dopo essere salito così in alto l’Autore lascia la vetta e scende lentamente verso la pianura dell’antropologia teologica dove affronta, negli altri tre corposi capitoli del libro (pp. 67-178), i punti più caldi e controversi della morale cattolica oggi. Senza per altro rinunciare mai, da una parte, a guardare in alto, a confrontarsi con il «disegno creazionale di Dio», dall’altra a denunciare la «frantumazione casistica» e i «pesi insopportabili» che una certa morale cattolica, attenta più a imporre divieti che a proporre mete, valori, progetti di vita, continua a mettere sulle spalle di molti, troppi fedeli, che magari proprio per questo si sono già staccati o sono in procinto di staccarsi dalla sponda della chiesa.
Questa denuncia sottende e attraversa più o meno tutte le analisi e le riflessioni che l’Autore dedica alla morale sessuale (cap. 6), ma anche a molti altri problemi morali che egli affronta nelle pagine seguenti (cap. 7), dove si confronta, a volte in modo molto critico, con le delicate e complesse questioni della bioetica, della vita fisica, della guerra, della pace, della la giustizia, della finanza, dei mezzi di comunicazione sociale e altro. Tutte questioni che una chiesa fin troppo preoccupata del primato del papa e della sua infallibilità, del magistero e dei suoi documenti, affronta con scarsa attenzione per le coscienze, le persone, le donne.
Come si vede lo spettro degli argomenti trattati è molto ampio. L’Autore si muove sempre e in modo coerente lungo lo stesso binario della riscoperta di un’etica dell’amore e conseguentemente della responsabilizzazione delle coscienze. Il suo, in fondo, è un tentativo, se interpreto bene, di rianimare biblicamente la morale cattolica, rimettendola sulla strada aperta e raccomandata dal concilio Vaticano II nel famoso n. 16 del decreto Optatam totius sul rinnovamento della teologia morale. Faccio solo due osservazioni. La prima, alquanto formale, concerne il capitolo 7, intitolato «L’etica dell’Amore», che poi diventa il titolo dell’intero volume. A mio parere si sarebbe dovuto cercare per il capitolo una titolazione più specifica e adeguata in modo da non destare l’impressione che i problemi affrontati e analizzati negli altri capitoli non rientrassero nell’ambito di un’etica dell’amore. La seconda osservazione è più sostanziale e riguarda il giudizio un po’ severo riservato alla cosiddetta morale casuistica. Non sarebbe stato male distinguere più chiaramente tra etica normativa e dottrina della coscienza. L’errore della morale casuistica non consiste infatti nel tentativo faticoso, ma pur sempre necessario, di individuare le norme, i criteri di giudizio del comportamento da assumere di volta in volta, bensì nell’aver sovrapposto, soprattutto in riferimento alla formazione della coscienza, il giudizio sul comportamento al giudizio sull’atteggiamento. Oggi, magari, a causa della stessa confusione si rischia di fare il contrario, sovrapporre il giudizio sull’atteggiamento al giudizio sul comportamento. È un rischio che anche l’Autore corre e di cui non sembra essere sempre consapevole.
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" 2005, nr. 1
(http://www.fttr.glauco.it/pls/fttr/V3_S2EW_CONSULTAZIONE.mostra_pagina?id_pagina=271)
I primi quattro capitoli (pp. 11-66) portano il lettore a respirare a pieni polmoni l’aria delle vette, del vangelo, della rivelazione cristiana, in particolare della teologia trinitaria, dove è possibile «ri-affondare in alto» le radici della morale, senza soccombere alla facile e sempre incombente tentazione di piantare sul monte Tabor la nostra tenda, come hanno fatto i discepoli di Gesú. E infatti dopo essere salito così in alto l’Autore lascia la vetta e scende lentamente verso la pianura dell’antropologia teologica dove affronta, negli altri tre corposi capitoli del libro (pp. 67-178), i punti più caldi e controversi della morale cattolica oggi. Senza per altro rinunciare mai, da una parte, a guardare in alto, a confrontarsi con il «disegno creazionale di Dio», dall’altra a denunciare la «frantumazione casistica» e i «pesi insopportabili» che una certa morale cattolica, attenta più a imporre divieti che a proporre mete, valori, progetti di vita, continua a mettere sulle spalle di molti, troppi fedeli, che magari proprio per questo si sono già staccati o sono in procinto di staccarsi dalla sponda della chiesa.
Questa denuncia sottende e attraversa più o meno tutte le analisi e le riflessioni che l’Autore dedica alla morale sessuale (cap. 6), ma anche a molti altri problemi morali che egli affronta nelle pagine seguenti (cap. 7), dove si confronta, a volte in modo molto critico, con le delicate e complesse questioni della bioetica, della vita fisica, della guerra, della pace, della la giustizia, della finanza, dei mezzi di comunicazione sociale e altro. Tutte questioni che una chiesa fin troppo preoccupata del primato del papa e della sua infallibilità, del magistero e dei suoi documenti, affronta con scarsa attenzione per le coscienze, le persone, le donne.
Come si vede lo spettro degli argomenti trattati è molto ampio. L’Autore si muove sempre e in modo coerente lungo lo stesso binario della riscoperta di un’etica dell’amore e conseguentemente della responsabilizzazione delle coscienze. Il suo, in fondo, è un tentativo, se interpreto bene, di rianimare biblicamente la morale cattolica, rimettendola sulla strada aperta e raccomandata dal concilio Vaticano II nel famoso n. 16 del decreto Optatam totius sul rinnovamento della teologia morale. Faccio solo due osservazioni. La prima, alquanto formale, concerne il capitolo 7, intitolato «L’etica dell’Amore», che poi diventa il titolo dell’intero volume. A mio parere si sarebbe dovuto cercare per il capitolo una titolazione più specifica e adeguata in modo da non destare l’impressione che i problemi affrontati e analizzati negli altri capitoli non rientrassero nell’ambito di un’etica dell’amore. La seconda osservazione è più sostanziale e riguarda il giudizio un po’ severo riservato alla cosiddetta morale casuistica. Non sarebbe stato male distinguere più chiaramente tra etica normativa e dottrina della coscienza. L’errore della morale casuistica non consiste infatti nel tentativo faticoso, ma pur sempre necessario, di individuare le norme, i criteri di giudizio del comportamento da assumere di volta in volta, bensì nell’aver sovrapposto, soprattutto in riferimento alla formazione della coscienza, il giudizio sul comportamento al giudizio sull’atteggiamento. Oggi, magari, a causa della stessa confusione si rischia di fare il contrario, sovrapporre il giudizio sull’atteggiamento al giudizio sul comportamento. È un rischio che anche l’Autore corre e di cui non sembra essere sempre consapevole.
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" 2005, nr. 1
(http://www.fttr.glauco.it/pls/fttr/V3_S2EW_CONSULTAZIONE.mostra_pagina?id_pagina=271)