Immigrazione
(Le Chiavi)EAN 9788872633625
La collana “Le Chiavi”, curata da Domenico Delle Foglie, inanella un altro successo con il quinto volumetto, curato da un giornalista e studioso, che si oc-cupa da anni di problematiche legate all’immigrazione. Giorgio Paolucci, infatti, caporedattore centrale del quotidiano Avvenire, giunge a questa pubblicazione dopo aver dato alle stampe Cento domande sull’islam. Intervista a Samir Khalil Samir (Marietti 2002, tradotto in cinque lingue) e I cristiani venuti dall’islam (Piemme 2005), ma soprattutto continua ad intervenire puntualmente sulle que-stioni delle quali è esperto con precisi editoriali. Sarà per la capacità dell’autore, sarà per i recenti input offerti alla riflessione dell’uomo comune, chiamato a non restare sordo alle esortazioni che vengono dalle Giornate Sociali di Reggio Calabria e dal recentissimo messaggio del Papa per la «Giornata mondiale del migrante e del rifugiato 2011» (Castelgandolfo 27 settem-bre 2010: Tutti hanno diritto a emigrare e a usufruire dei beni della terra, in “L’Osservatore romano”, 27 ottobre 2010, 1), ma queste pagine davvero risultano necessaria bussola per orientarsi sul tema, che non può lasciare indifferenti. «Sono più di cinque milioni gli stranieri che vivono stabilmente in Italia», è sta-to osservato e questa risulta essere piccola componente di un flusso migratorio che a livello mondiale, secondo le stime delle Nazioni Unite, arriverà a fine anno a quota 214 milioni. «Ma è una grande sfida che il nostro Paese deve gestire con lungimiranza, se si vuole che quello che da molti viene considerato solo “un pro-blema” diventi una risorsa». Lo aveva avvertito, alla fine del secolo scorso mons. Nervo, presidente emerito della Caritas nazionale in numerosi interventi, ora in questa breve ed intensa sintesi, Paolucci fornisce numeri e valutazioni sulle nume-rose tematiche collegate all’immigrazione: il lavoro, la casa, la scuola, la famiglia, il dialogo religioso, la cooperazione allo sviluppo, la criminalità, la cittadinanza, le modifiche da apportare all’attuale normativa. «Il libro si lascia alle spalle sia le immagini stereotipate e spesso strumentali fornite dai media, sia i luoghi comuni generati dall’intolleranza o, all’opposto, dal buonismo», riferisce chi ha già letto queste pagine, che invece offrono una fotografia ravvicinata di un fenomeno irre-versibile e pervasivo, «che deve essere governato in maniera realistica e lungimi-rante e chiama in causa le responsabilità delle istituzioni statali, degli enti locali, del mondo politico, della Chiesa, dell’intera società, degli immigrati stessi». In particolare, annota l’autore, «il generoso impegno per la tutela delle condi-zioni dei migranti, che vede impegnate molte realtà del mondo cattolico, si deve coniugare con il compito precipuo della Chiesa: l’annuncio del Vangelo a tutti gli uomini, la capacità – per dirla con le parole della Prima lettera di San Pietro – di “essere sempre pronti a rendere ragione della speranza che è in voi”. Una ma-lintesa interpretazione di tale compito ha talvolta indotto a identificare l’evangelizzazione con l’aiuto materiale ai migranti, con il conseguente rischio di ridurre la Chiesa a una sorta di grande agenzia umanitaria. Ma la sua ragion d’essere e la sua missione, che certo non dimentica le necessità concrete, vanno ben al di là di esse» (86). E Paolucci avverte: «Il rischio di trasformare l’esercizio della carità in un anonimo supermercato della solidarietà, anche al di là delle intenzioni di chi generosamente opera nella trincea dell’accoglienza, è sempre in agguato e può essere scongiurato esercitando la necessaria vigilanza affinché le ragioni della fede possano essere sempre testimoniate con coraggio e limpidezza verso ogni uomo» (ivi). L’analisi di Paolucci non si conclude ancora. L’autore, com’era opportuno che fosse, si è guardato intorno, cercando e studiando altri «modelli». Nel libro, infatti, vengono analizzati i limiti dei modelli di integrazione finora adottati in Europa: l’assimilazionismo, che ha trovato il suo campo d’azione soprattutto in Francia e considera l’immigrato come una persona da omologare, relegando alla sfera privata i valori etici e religiosi e sostanzialmente neutralizzando il contribu-to che può portare alla costruzione di una «casa comune»; il multiculturalismo (realizzato soprattutto in Gran Bretagna e Olanda) che «nel segno di una conce-zione relativista ha portato alla formazione di microcosmi etnici, “pezzi” di so-cietà parallele e autoreferenziali con rapporti forti al loro interno ma deboli con il resto del Paese». Paolucci, invece, facendo tesoro dei limiti evidenziati da questi due modelli, offre un contributo per realizzare una «via italiana all’integrazione». Essa si basa su due pilastri: una «riconquistata consapevolezza dei fondamenti della nostra storia e dei valori che fondano la nostra società», l’«apertura al con-tributo dei popoli che vogliono mettere radici in terra italiana». Paolucci parla di «identità arricchita». Col garbo, che gli è proprio, la propone all’attenzione di chi ha le mani in pasta, ma a ben guardare sembra praticabile anche nelle condotte quotidiane di quanti vivono a contatto ogni giorno con i migranti e sperimentano nel proprio vissuto cosa possa essere davvero questo arricchimento reciproco.
Tratto dalla Rivista di Scienze Religiose di Brindisi "Parola e Storia" n.2-2010
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