Chi sono i Sette Arcangeli? Basta domandarlo a qualsiasi fedele cattolico per riceverne quasi sicuramente una risposta incerta. Qualcuno potrebbe addirittura sospettare che si tratti di un gruppo, magico o esoterico, venerato da moderni cabalisti e astrologi. Pochi sanno che si tratta di un vero e proprio culto cattolico, ben conosciuto almeno fino al secolo scorso e addirittura professato apertamente da tanti santi, beati e teologi del cristianesimo (da Santa Gertrude a Margherita Maria Alocoque, a Bartolo Longo, a Maria Valtorta, a Faustina Kowalska...) entrati in contatto diretto con i Sette Arcangeli, come bene evidenziato nel libro.
Queste entità angeliche sono nominate nella Bibbia nel Libro di Tobia (12,15): « Io sono Raffaele, uno dei sette angeli sempre pronti a entrare alla presenza della gloria del Signore », e nell’Apocalisse di San Giovanni (1,4): «Grazia a voi e pace da Colui che è, che era e che viene, e dai sette spiriti che stanno davanti al suo trono ». Eppure, nonostante la saldezza dottrinale che discende dalle Sacre Scritture e la conferma che si trae dalla mistica, i sette santi angeli o spiriti assistenti furono fatti oggetto di una straordinaria opera di censura che coinvolse anche alcuni cardinali i quali, come nel caso di monsignor Francesco Albizzi, arrivarono addirittura a ordinare la cancellazione dei loro nomi da quadri, dipinti, sculture, documenti. Ovunque apparvero, dunque, furono quasi sempre censurati. Ma i loro nomi erano e restano quelli di: Michele, Gabriele, Raffaele, Uriele, Sealtiele, Geudiele e Barachiele. Con l’accurata e documentatissima indagine condotta in questo libro da due dei massimi esperti di angelologia, si spiegano i motivi di questo accanimento, che non ha precedenti nella storia della Chiesa.
PRESENTAZIONE
DON ANTONIO LO DUCA E IL CULTO DEI SETTE ARCANGELI
di Luca Guardabascio
La basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri nasce per volontà di Antonio Lo Duca (Duca o del Duca), un sacerdote siciliano devoto al culto degli angeli. Nato a Cefalù nel 1491 e morto a Roma nel 1564, manifestò presto la sua devozione agli spiriti celesti, sin da quando, giovanissimo, fu nominato maestro di canto della cattedrale di Palermo. Nel 1516 scoprì un antico dipinto dei Sette Principi degli Angeli nella chiesetta di Sant'Angelo, riemerso quasi per miracolo dopo secoli d'incuria. La chiesa sorgeva accanto alla cattedrale, dove ora è Piazza Sette Angeli. Le immagini erano disposte su tre ordini. Nel primo era raffigurata la creazione del mondo e degli angeli, con Lucifero ancora in stato di grazia e San Michele dinanzi al trono di Dio. Nel secondo erano raffigurati la vittoria di San Michele su Lucifero, la cacciata di Adamo ed Eva dal paradiso, Abramo in ginocchio davanti ai tre angeli e poi impegnato a servire loro un banchetto.
Nel terzo ordine, relativo ai Sette Angeli, al centro figura Michele, « victoriosus » (vittorioso), recante nella mano sinistra una palma verdeggiante e nella destra una lancia da cui pende una bandiera bianca con croce rossa nel mezzo. Da un lato Gabriele, « nuntius » (nunzio), tiene in una mano una fiaccola posta in una lanterna e nell'altra uno specchio di diaspro verde con macchie rosse; Barachiele, « adiutor » (tutore), ha un lembo della veste raccolto innanzi al petto, pieno di rose; Uriele, «fortis socius » (forte compagno), ha una spada sguainata in mano e una fiamma ai piedi. Dall'altro lato Raffaele, « medicus » (medico), guida Tobia e porta un vaso di medicinali; Geudiele, « remunerator » (remuneratore), stringe nella mano destra una corona d'oro e nella sinistra un flagello a tre cordicelle; Sealtiele, « orator » (adoratore), è raccolto in preghiera con il capo chino e le mani giunte dinanzi al petto.Il ritrovamento di queste immagini suscitò grande devozione verso i principi celesti, tanto che la nobiltà di Palermo si riunì in una Confraternita dei Sette Angeli (detta imperiale poiché vi si voleva iscrivere lo stesso imperatore Carlo V), la chiesina fu riaperta al culto e don Lo Duca ne divenne rettore. La festa dei Sette Arcangeli vi si celebrava nella seconda domenica dopo Pasqua, su indicazione dell'arcivescovo palermitano comunicata a papa Clemente VII il 23 febbraio 1524 (dal 1693 fu spostata al 6 ottobre). Il monastero ottenne nel 1593 da Clemente VIII la Bolla di conferma, mentre nel 1621 Gregorio XV concesse l'indulgenza plenaria ai fedeli che avessero partecipato alle celebrazioni della festa nei sette anni dal 1623 al 1629, privilegio rinnovato da Urbano VIII dal 1643 al 1649, da Clemente XI dal 1716 al 1722 e da Innocenzo XIII dal 1723 al 1729.
Intanto Antonio Lo Duca era venuto a conoscenza di una profezia relativa al tempo in cui sarebbe stato riscoperto ed esaltato il culto dei Sette Principi degli Angeli, quando cioè « la mitra vederà in vetro », secondo quanto era stato rivelato in un libretto di un certo Bartolomeo Pisano. E in effetti nel 1518 papa Leone X, che non poteva vedere se non con l'aiuto di un occhiale, concesse all'Ordine francescano una Messa in onore di San Gabriele dove, nell'ottavo responsorio e nell'antifona del Benedictus, si invoca anche Uriele (della celebrazione, fissata al 24 marzo, si hanno notizie almeno fino al 1785).
Nel 1527 il sacerdote si recò a Roma con l'obiettivo di promuovere il culto dei Santi Arcangeli. Divenuto cappellano della chiesa di Santa Maria di Loreto, ebbe dal cardinale Antonio Maria Ciocchi del Monte l'incarico di comporre, in collaborazione con don Girolamo Maccabei, la Messa e l'Ufficio dei Sette Angeli Principi. Nella compilazione i due sacerdoti si basarono sui riferimenti della Sacra Scrittura ai Sette Principi Celesti: in particolare, le sette luci del candelabro aureo di Mosè (Numeri 8) che don Antonio interpretava come la luce della protezione dei Sette Angeli verso la Chiesa. L'auspicio del sacerdote era che « come detto candelabro fu mirabile in Gerusalemme, capo del Vecchio Testamento, così in Roma, capo del Nuovo, si doveva fare una chiesa mirabile dei Sette Angeli e, come le sette lucerne furono collocate sopra detto candeliero per Aaron sommo dei Giudei sacerdote, così le sette immagini dei Sette Principi degli Angeli, figurate dalle sette lucerne, dovevano essere esaltate per mano del sommo sacerdote dei cristiani ».
Nel 1543 Antonio Lo Duca, recatosi a Venezia per far stampare il libretto con questi testi, commissionò un quadro tratto dal mosaico La Vergine con i Sette Angeli che allora rivestiva la volta dell'altare maggiore nella basilica di San Marco. La copia si trova a Roma, nella basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri a Piazza Esedra. Per identificare i Sette Arcangeli nel dipinto occorre leggere il cartiglio in latino che ciascuno di essi ha in mano: Michele « Paratus ad animas suscipiendas » (Pronto ad accogliere le anime); Gabriele « Spiritus Sanctus superveniat in te » (Lo Spirito Santo verrà sopra di te); Raffaele « Viatores comitor, infirmos medico » (Accompagno i viaggiatori, curo gli infermi); Uriele « Flammescat igne charitas » (La carità divampi con il fuoco); Geudiele « Deum laudantibus praemia retribuo » (Concedo premi a quanti lodano Dio); Barachiele « Adiutor, ne derelinquas nos » (Tu che vieni in aiuto, non ci abbandonare); Sealtiele « Oro, supplex, acclinis » (Prego, supplice, in ginocchio).
Un mattino dell'estate del 1541, nella chiesa di Santa Maria di Loreto, il sacerdote all'improvviso vide « una luce più che bianca» che partiva dalle rovine delle Terme di Diocleziano, al cui interno c'era l'immagine di San Saturnino, martire legato alla storia della costruzione delle Terme insieme con i santi diaconi Ciriaco, Largo, Smaragdo, Sisinnio, il ricco patrizio Trasone e San Marcello papa, che rappresentano i sette martiri più eminenti fra i condannati alla costruzione delle immense Terme. Quella luce gli indicava il luogo nel quale sarebbe dovuto sorgere il grande tempio dedicato ai Sette Angeli e ai Sette Martiri. Dopo aver celebrato la Messa, il sacerdote corse alle Terme e trovò l'ambiente centrale ancora ben conservato, così come gli era apparso nella visione. Da quel momento fu tutto un prodigarsi per promuovere la costruzione di un grande tempio alle Terme. Raccontò la visione al cardinale Dionisio Laurerio e al maestro di camera Bartolomeo Saluzio, il quale l'aiutò a scrivere i nomi dei Sette Angeli sulle colonne della grande galleria centrale delle Terme.
In questo testo documentatissimo sulla storia della devozione ai Sette Arcangeli lungo i secoli, gli autori — l'avvocato Carmine Al-vino e don Marcello Stanzione — si rivelano essere nel ventunesimo secolo gli eredi spirituali del sacerdote Antonio Lo Duca nel loro impegno nel chiedere presso le supreme gerarchie della Chiesa cattolica la ripresa del culto pubblico liturgico ai Sette Principi del Cielo.
INTRODUZIONE
I SETTE ANGELI DAVANTI AL TRONO DI DIO
Oggi raramente si parla dei Sette Angeli che si trovano davanti al trono di Dio. « Si crede che essi formino una cerchia privilegiata, la più vicina al Potente Dio ». L'arcangelo Raffaele disse espressamente a Tobia che egli stesso faceva parte di questo gruppo privilegiato. « Io sono Raffaele, uno dei sette angeli che sono sempre pronti a entrare alla presenza della gloria del Signore » (Tb 12,15).
Anche nell'Apocalisse (1,4) si fa riferimento ai Sette Angeli: « Grazia a voi e pace da Colui che è, che era e che viene, e dai sette spiriti che stanno davanti al suo trono ». Questi sette spiriti sembrano essere i Principi più alti della corte celeste. Sebbene la loro più importante occupazione sia la contemplazione della Divina Essenza, vengono affidati loro anche compiti speciali. Infatti San Paolo afferma espressamente che essi amministrano tutti gli spiriti. L'abate Boudon, che ha scritto così bene riguardo agli angeli, vuole che noi invochiamo questi Sette Principi del Paradiso così che essi possano ottenere per noi la grazia per evitare i sette peccati capitali e arricchirci con i sette doni dello Spirito Santo.
Parlando della felicità di cui gli angeli godono in paradiso e alla quale partecipano i sette santi spiriti probabilmente in un grado più alto, si dice che « ogni cosa nell'universo è fonte di gioia per i santi angeli. Essi vedono in ogni cosa il compimento di ciò che Dio ha ordinato; essi sanno che Egli riceve onore e gloria e si rallegrano nel vedere come Egli venga glorificato. Questo è il segreto della vera gioia; è perché noi pensiamo a noi stessi e non a Dio, che siamo turbati e insoddisfatti. Se solo noi potessimo avere la visione angelica, niente ci turberebbe e potremmo sempre gioire ».
La furia iconoclasta degli anni 726-730 deve aver operato la quasi completa distruzione delle immagini dei Sette Angeli.
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max il 4 gennaio 2015 alle 21:04 ha scritto:
Se si potessero pubblicare in formato elettronico come per il libro "Inchiesta sugli Angeli" sarebbe meraviglioso. Almeno per chi deve viaggiare da una nazione all'altra per lavoro.
Un utente il 1 febbraio 2019 alle 11:42 ha scritto:
Volume interessante. I sette arcangeli sono descritti nei particolari. Di più quelli canonici Michele, Raffaele e Gabriele e di meno gli altri. Mi avrebbe fatto piacere sapere di più di quelli meno canonici.
Rocco Massarelli il 22 gennaio 2020 alle 14:13 ha scritto:
molto bello.
Paola B. il 3 febbraio 2020 alle 00:07 ha scritto:
Io credo agli Angeli ed è una realtà che mi aiuta ogni giorno. Mi ero allontanata dalla Religione vedendo l'atteggiamento addirittura superstizioso e fanatico del mio ex marito e della sua famiglia. Forse quello che sto per dirvi lo troverete penoso, ma mi sono riavvicinata a Maria, Gesù, e gli Angeli grazie ad un libricino suggeritomi da un'amica: "Gli Arcangeli" di Isabelle Von Fallois. Poco per volta ho ricominciato a pregare, a confessarmi, a fare ricerche per conto mio.
Grazie per avermi ascoltata
Paola