Vietato in nome di Allah
-Libri e intellettuali messi al bando nel mondo islamico
(I Draghi)EAN 9788871808659
Che Salman Rushdie sia stato colpito da una fatwa, cioè una sorta di condanna a morte, decretata da Khomeini nel 1989 contro l’autore del best-seller I versetti satanici, attualmente costretto a vivere nascosto, è noto quasi a tutti.
Meno noto è che, a causa di questa fatwa sono finora morte una quarantina di persone, direttamente o indirettamente implicate nelle traduzioni del romanzo (il traduttore giapponese, pugnalato a morte a Tokyo nel 1991; i 36 ospiti dell’albergo della città turca di Sivas, morti carbonizzati nell’incendio seguito alla manifestazione contro Aziz Nesin, il traduttore turco, che vi soggiornava; oltre ad attentati contro il traduttore italiano – malmenato e pugnalato a Milano – e l’editore norvegese, gravemente ferito a colpi di armi da fuoco davanti alla sua casa di Oslo).
Se il caso di Theo Van Gogh, discendente del famoso pittore, assassinato in pieno giorno perché regista del cortometraggio Submission, in cui denunciava lo stato di ferina sottomissione (sottomissione è l’esatta traduzione del termine arabo Islam) delle donne nelle comunità islamiche olandesi è ben noto, data la gravità dell’omicidio, meno noti sono i processi che molti intellettuali musulmani hanno subito a causa della censura islamica. E se in Europa è giunta voce del processo di matrice nazionalista intentato in Turchia a Omar Pamuk, premio Nobel per la letteratura, poiché aveva semplicemente ricordato la veridicità del genocidio armeno, quasi nulla è stato detto sui roghi dei suoi libri dovuti non a tribunali penali, ma religiosi, per via del suo romanzo Neve (2002), in cui lo scrittore auspicava un intervento militare per arginare la deriva islamica che la politica turca stava subendo dopo la vittoria del partito di Erdogan.
La censura islamica colpisce nei Paesi musulmani e intimorisce in quelli occidentali. Un esempio su cui riflettere: una trasmissione satirica inglese degli anni ’90 prendeva in giro Gesù; essa venne interrotta non per le proteste – inascoltate – dei cattolici, bensì per quelle dei musulmani, che riconoscono in Gesù non il Redentore, ma un profeta minore. E la Regina d’Inghilterra – capo di una Chiesa cristiana – intervenne per chiedere scusa a loro. E solo a loro.
Casi isolati? Purtroppo no. Ecco cosa ha sostenuto, a proposito delle vignette pubblicate su un quotidiano protestante danese nel 2005, Yusuf Qaradawi, leader indiscusso dei Fratelli Musulmani in Europa, che presiede ufficialmente sia l’Unione Internazionale degli Ulema, sia il Consiglio Europeo per la Fatwa e la Ricerca, che hanno la loro sede a Dublino (una dislocazione tanto occidentale di simili enti non può non essere inquietante!): «Agli occidentali, agli americani e ai loro sudditi europei, che vorrebbero farci credere che combattono il terrorismo nel mondo, dico loro che con il vostro silenzio sui crimini che umiliano il Profeta dell’Islam e deridono la grande nazione islamica, voi generate la violenza, voi create il terrorismo». Una minaccia che ha in sé la portata di una ulteriore fatwa, pur non essendolo – ancora – formalmente.
Valentina Colombo, attenta osservatrice del mondo islamico (scrive sul quotidiano on-line L’Occidentale) ricostruisce pazientemente un mosaico fatto di tanti taciuti episodi di una realtà di quotidiana incompatibilità dell’Islam con la cultura e con la libertà di espressione, che da soli sfuggono, ma che messi insieme compongono un muro di ostilità nei confronti della civiltà occidentale e cristiana che non possiamo ignorare.
Tratto dalla rivista Radici Cristiane n. 56 - Luglio 2010
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