Lontano vicino
-Tra silenzi e sentieri nelle valli di Posina e laghi
EAN 9788871787497
Esaurito
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DETTAGLI DI «Lontano vicino»
Tipo
Libro
Titolo
Lontano vicino - Tra silenzi e sentieri nelle valli di Posina e laghi
Autore
Campogalliani Paolo
Editore
CLUEB
EAN
9788871787497
Pagine
102
Data
2004
COMMENTI DEI LETTORI A «Lontano vicino»
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Recensioni di riviste specialistiche su «Lontano vicino»
Recensione di Giuseppe Trentin della rivista Studia Patavina
Camminando per valli e per monti in quel di Posina e Laghi (un lembo di terra dell’Altovicentino) l’Autore vive e rivive sentimenti ed emozioni intense, profonde, a volte contrastanti, che si riverberano perfino nel titolo di questa minuscola, graziosa e ben curata raccolta di scritti e foto di montagna di stile quasi impressionistico. Una sorta di itinerario interiore, spirituale, che Paolo Campogalliani, docente di storia della scienza dell’Università di Padova, compie sentendosi perennemente lontano ma anche vicino ai suoi monti, alle sue valli. Costretto a vivere in città egli subisce quotidianamente l’estraniazione, quasi l’alienazione dei rumori, della frenesia, dell’andirivieni, nel quale è fatalmente coinvolto. Non per questo cessa di sognare i suoi monti, le sue valli, che lo attendono per il fine-settimana. La sua vita in effetti egli la vive lassù tra boschi e prati di una montagna paziente che lo accoglie e quasi gli parla come una sposa, un’amante lontana. Sì, perché la montagna vive, parla, e invia anche messaggi. Non a tutti, ovviamente, ma solo a coloro che hanno il dono di ascoltare. E Paolo Campogalliani questo dono ce l’ha. Non solo ascolta e capta i suoi messaggi, ma è anche in grado di decifrarli e di comunicarli attraverso parole e foto di soffusa bellezza, intuizioni e riflessioni, che hanno il fascino, a volte anche l’incanto, il ritmo, della vera poesia.
Si tratta il più delle volte di messaggi che non è difficile cogliere sia direttamente, nei particolari che vengono descritti, fotografati, quasi fissati, nella prima parte dell’opera («Tra luoghi e gente»), sia indirettamente («In controluce») nella seconda parte dove l’Autore si abbandona ad impressioni, visioni, intuizioni, che lo portano oltre il filo dell’orizzonte: «Allora lo sguardo può apparire abbagliato e confuso, come in controluce. Si perdono i particolari, i dettagli, molti aspetti concreti sembrano dissolti, ma si colgono, ancora più lucidamente, le forme e i profili essenziali...» (p. 49). Forme e profili fisici e metafisici insieme, che hanno i contorni, i tratti, di un mondo umile, povero, ma sempre ricco di dignità, di valori nascosti e non certo esibiti, come solo si possono trovare in qualche angolo appartato delle montagne e delle valli nelle quali l’Autore invita il lettore ad immergersi per riscoprire e rivivere l’emozione di uno sguardo, di un saluto, di un incontro fugace, casuale. O anche l’incanto di un’alba, di una notte, di una giornata di sole, di un tramonto contemplato in solitudine, gustando e quasi sorseggiando la struggente nostalgia per luoghi e tempi che si dissolvono lontano dalle auto che sfrecciano lungo le statali nella totale indifferenza di turisti che non sanno più dove andare o fermarsi.
Non mi soffermerò sugli aspetti letterari e poetici di questo incantevole libretto. Farò solo qualche breve considerazione sul rapporto tra la letteratura e teologia, un ambito di ricerca piuttosto recente, ma ricco ormai di contributi di estremo interesse, frutto della meditazione di uomini di lettere e di fede. Secondo Karl Rahner un’intelligenza letteraria e poetica del mondo in cui abitiamo è un presupposto per vivere, interpretare e comunicare la fede. Se il credente, egli osserva, è uno spirito in ascolto della Parola di Dio, e se d’altra parte Dio parla, si rivela e si comunica attraverso esperienze e parole di questo mondo, chi non ascolta e non tende l’orecchio alle voci dei luoghi e dei tempi in cui viviamo non coglie o non comprende la possibile rivelazione di Dio. Non a caso a livello teologico prima viene l’«auditus fidei», l’ascolto della Parola, poi l’«intellectus fidei», la sua comprensione. Ciò implica che per una corretta comprensione e interpretazione della rivelazione di Dio in Cristo occorre essere dotati di molte facoltà, perché il Dio nel quale crediamo è un Dio che a volte si esprime e parla, ma il più delle volte tace o, se si vuole, parla con parole che non sono parole: esperienze, eventi, suoni, visioni, che parlano al cuore. Dio - è sempre Rahner che ce lo ricorda - è alla ricerca di tutto l’uomo nella sua originaria e profonda unità dalla quale scaturisce la sua esistenza. Le testimonianze, i segni della presenza di Dio in noi e nella storia, sono sempre ultimamente «parole del cuore». Si comprende allora come poesia e fede, letteratura e teologia, abbiano un’affinità veramente grande. Certo, non sono la stessa cosa, come non lo sono la domanda dell’uomo e la risposta, sempre eccedente, di un Dio che suscita e porta a compimento attraverso vie misteriose la domanda dell’uomo. Sotto questo profilo il camminare incessante per monti e per valli che ci viene descritto e quasi dipinto a parole e con immagini in questo libro è la metafora di un’autentica esperienza poetica, ma anche di fede, una ricerca di sé, ma anche dell’altro e ultimamente di Dio, intravisto «in controluce» ora lontano, nel chiarore di un’alba o di una cima innevata, ora vicino, nello sguardo di una persona che incontri e ti saluta cordialmente lungo la via.
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" 2005, nr. 1
(http://www.fttr.glauco.it/pls/fttr/V3_S2EW_CONSULTAZIONE.mostra_pagina?id_pagina=271)
Si tratta il più delle volte di messaggi che non è difficile cogliere sia direttamente, nei particolari che vengono descritti, fotografati, quasi fissati, nella prima parte dell’opera («Tra luoghi e gente»), sia indirettamente («In controluce») nella seconda parte dove l’Autore si abbandona ad impressioni, visioni, intuizioni, che lo portano oltre il filo dell’orizzonte: «Allora lo sguardo può apparire abbagliato e confuso, come in controluce. Si perdono i particolari, i dettagli, molti aspetti concreti sembrano dissolti, ma si colgono, ancora più lucidamente, le forme e i profili essenziali...» (p. 49). Forme e profili fisici e metafisici insieme, che hanno i contorni, i tratti, di un mondo umile, povero, ma sempre ricco di dignità, di valori nascosti e non certo esibiti, come solo si possono trovare in qualche angolo appartato delle montagne e delle valli nelle quali l’Autore invita il lettore ad immergersi per riscoprire e rivivere l’emozione di uno sguardo, di un saluto, di un incontro fugace, casuale. O anche l’incanto di un’alba, di una notte, di una giornata di sole, di un tramonto contemplato in solitudine, gustando e quasi sorseggiando la struggente nostalgia per luoghi e tempi che si dissolvono lontano dalle auto che sfrecciano lungo le statali nella totale indifferenza di turisti che non sanno più dove andare o fermarsi.
Non mi soffermerò sugli aspetti letterari e poetici di questo incantevole libretto. Farò solo qualche breve considerazione sul rapporto tra la letteratura e teologia, un ambito di ricerca piuttosto recente, ma ricco ormai di contributi di estremo interesse, frutto della meditazione di uomini di lettere e di fede. Secondo Karl Rahner un’intelligenza letteraria e poetica del mondo in cui abitiamo è un presupposto per vivere, interpretare e comunicare la fede. Se il credente, egli osserva, è uno spirito in ascolto della Parola di Dio, e se d’altra parte Dio parla, si rivela e si comunica attraverso esperienze e parole di questo mondo, chi non ascolta e non tende l’orecchio alle voci dei luoghi e dei tempi in cui viviamo non coglie o non comprende la possibile rivelazione di Dio. Non a caso a livello teologico prima viene l’«auditus fidei», l’ascolto della Parola, poi l’«intellectus fidei», la sua comprensione. Ciò implica che per una corretta comprensione e interpretazione della rivelazione di Dio in Cristo occorre essere dotati di molte facoltà, perché il Dio nel quale crediamo è un Dio che a volte si esprime e parla, ma il più delle volte tace o, se si vuole, parla con parole che non sono parole: esperienze, eventi, suoni, visioni, che parlano al cuore. Dio - è sempre Rahner che ce lo ricorda - è alla ricerca di tutto l’uomo nella sua originaria e profonda unità dalla quale scaturisce la sua esistenza. Le testimonianze, i segni della presenza di Dio in noi e nella storia, sono sempre ultimamente «parole del cuore». Si comprende allora come poesia e fede, letteratura e teologia, abbiano un’affinità veramente grande. Certo, non sono la stessa cosa, come non lo sono la domanda dell’uomo e la risposta, sempre eccedente, di un Dio che suscita e porta a compimento attraverso vie misteriose la domanda dell’uomo. Sotto questo profilo il camminare incessante per monti e per valli che ci viene descritto e quasi dipinto a parole e con immagini in questo libro è la metafora di un’autentica esperienza poetica, ma anche di fede, una ricerca di sé, ma anche dell’altro e ultimamente di Dio, intravisto «in controluce» ora lontano, nel chiarore di un’alba o di una cima innevata, ora vicino, nello sguardo di una persona che incontri e ti saluta cordialmente lungo la via.
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" 2005, nr. 1
(http://www.fttr.glauco.it/pls/fttr/V3_S2EW_CONSULTAZIONE.mostra_pagina?id_pagina=271)