La Summa Theologiae è l'opera più celebre di san Tommaso ed anche la più utile. Lo scopo della Somma Teologica, nell'intenzione dichiarata dell'Autore, è di esporre ai principianti la sacra doctrina (termine con cui Egli indica la teologia che parte dalla rivelazione, in opposizione alla teologia filosofica), con chiarezza e brevità: il che richiede di procedere in modo ordinato, evitando ciò che è inutile e ripetitivo.Il Volume 2 corrisponde alla Seconda Parte, Prima Sezione (I-II) dell'Opera e tratta dell'attività morale, cioè libera, volontaria e virtuosa, in forza della quale l'uomo raggiunge la somiglianza con Dio. In particolare i temi sono: il fine ultimo dell'esistenza umana, cioè la felicità o beatitudine, gli elementi che costituiscono l'atto umano (cioè l'oggetto, il fine e le circostanze), la scelta e la decisione, la bontà e la malizia degli atti, le passioni dell'animo, le virtù e i vizi, il peccato delle origini e il peccato personale, la legge morale e la grazia santificante.
PRESENTAZIONE
Fin da quando pubblicammo la traduzione italiana di Jean-Pierre Torrell, Amico della verità. Vita e opere di Tommaso d'Aquino, avevamo annunciato una nuova edizione della Somma teologica. Era il 2006. Subito da più parti iniziarono a manifestarsi segni di interessamento a questa nuova impresa. Dopo anni di attesa e lavoro, quasi costretti, abbiamo rotto gli indugi. Adesso possiamo presentare con gioia e soddisfazione una nuova edizione in quattro agili volumi. Il testo latino è quello messo a punto dalla Commissione Leonina. In particolare ci siamo serviti del testo latino pubblicato nella nostra edizione in 35 volumi. In esso abbiamo inserito tra parentesi quadre i riferimenti agli Autori che Tommaso cita direttamente o, talvolta, indirettamente, controllandoli e integrandoli, tenendo conto delle edizioni critiche, ove possibile. Per tali citazioni abbiamo usato abbreviazioni e sigle, la cui esplicitazione si trova nelle pagine che seguono. Inoltre, se nella risposta a un'obiezione Tommaso cita il brano di un'opera, già citato nell'obiezione a cui sta rispondendo, abbiamo evitato di riprodurre la fonte: il lettore la troverà nell'obiezione iniziale.
Per i libri biblici si tenga presente che i riferimenti numerici dei versetti erano assenti nel testo di Tommaso, e che sono stati introdotti dalle edizioni a stampa successive al XVI secolo. Infine, ricordiamo che la suddivisione e quindi la numerazione di alcuni libri di Aristotele, come la Metafisica e la Fisica, sono cambiate rispetto a quelle usate da Tommaso. La traduzione italiana deriva principalmente dalla prima edizione in lingua italiana curata tra il 1950 e il 1974 in modo prevalente da Tito Sante Centi O. P., pubblicata inizialmente a Firenze da Salani, e poi continuamente ripubblicata a Bologna dalla nostra Casa editrice. Deriva poi anche da una revisione curata nel 1996 da Roberto Coggi O. P., e pubblicata nella nostra edizione in 6 volumi solo in lingua italiana. Rispetto a queste due traduzioni, l'intervento di curatela di Giuseppe Barzaghi O. P. e Giorgio Carbone O. P. ha apportato alcune innovazioni. La prima consiste nella versione stessa: non è una nuova traduzione, ma semplicemente una revisione delle traduzioni precedenti, revisione che talvolta ha comportato il rifacimento della traduzione mirando a migliorare la comprensione del testo di Tommaso. La seconda novità consiste nell'aver reso in forma interrogativa diretta i titoli di tutti gli articoli, poiché il genere letterario della SOMMO teologica richiama quello della questione disputata. La terza è la traduzione letterale dei brani biblici citati da Tommaso: non abbiamo fatto ricorso alle due traduzioni CEI, ma abbiamo tenuto semplicemente conto della Bibbia latina della versione Vulgata, che Tommaso cita alla lettera o a memoria, integralmente o con allusioni riportando solo l'inizio di un brano, secondo la versione parigina o quelle che circolavano nella nostra penisola dopo la metà del XIII secolo. La quarta consiste nell'aver riportato solo nel testo latino e tra parentesi quadre i riferimenti alle opere bibliche, filosofiche e patristiche citate da san Tommaso. Tale scelta è stata motivata dalla volontà di aiutare il lettore a frequentare il testo latino e dalla necessità di non rendere troppo lungo il testo in lingua italiana. Tutto il testo latino e parte della traduzione italiana saranno anche disponibili sul sito: www.edizionistudiodomenicano.it
Questa nuova edizione non avrebbe visto la luce senza l'aiuto disinteressato e generoso di alcune carissime persone. Perciò con soddisfazione e riconoscenza ringraziamo Maria Marconi, Luigi Carbone, Luciana Felici, Alfonso Carbone, Guido Balestrem, Rosalba Bacucco. Bruno Viglino, Antonia Salzano e Andrea Acutis.
Giorrio Carbone O. P.
Introduzione alla Prima Secundae
La Seconda parte della Somma Teologica raccoglie la riflessione morale. La scienza morale nasce quando l'ordine della ragione è posto nelle azioni volontarie. La morale riguarda le azioni umane ordinate al fine, considerando l'uomo come singolo (morale monastica). In quanto speculativa essa è subalterna ad altre due scienze: alla psicologia, dalla quale trae i principi relativi alla libertà dell'atto umano e alle inclinazioni connaturali alla natura dell'uomo; alla metafisica, dalla quale desume la nozione obiettiva del fine ultimo beatificante (Dio). Tutto questo perché la morale ha per soggetto l'uomo in quanto agisce liberamente per il fine. Così, dalla libertà dell'uomo e dalla riferibilità ai fini obiettivi intermedi (autoconservazione, sessualità, amicizia, conoscenza: conclusioni psicologiche) e dal fine ultimo (Dio: conclusione metafisica), nascono la nozione di responsabilità-moralità e il giudizio valutativo e direttivo dell'azione umana. La filosofia morale dimostra principalmente attraverso la causa finale ma anche attraverso la causa efficiente, cioè l'agente, la causa quasi formale, cioè l'oggetto specificante l'atto e le circostanze completive, e la causa quasi materiale, ossia la volontarietà dell'atto.
In quanto pratica, la scienza morale dirige l'azione particolare e contingente. Essa offre la motivazione della premessa maggiore del sillogismo pratico, che spetterà poi alla prudenza portare imperativamente a conclusione. Il procedimento della filosofia morale si dice razionale quanto al termine, cioè non rigorosamente risolutivo, così da rimanere in una certa opinabilità, dovuta all'assoluta contingenza e infinita variabilità della materia considerata. La ragione universale si dice ragion pratica, quando ha come fine la direzione dell'azione, sia transitiva che immanente. Essa ha come oggetto l'operabile, considerato in universale e soprattutto in particolare. L'operabile in universale è la regola del fare (arte); oppure la norma dell'agire, la legge morale conosciuta attraverso la ragione superiore (legge eterna, divina) o la ragione inferiore (legge naturale) nella loro funzione pratica. L'operabile in particolare è il contingente operabiles.
La ragione pratica discorre di nozione universale in nozione particolare, secondo uno sviluppo analogamente proporzionale a quello della ragione speculativa: nell'ambito pratico, il fine sta ai mezzi come nell'ambito speculativo i principi stanno alle conclusioni io. La novità differenziale apportata dalla ragion pratica sta nella maggior complessità di articolazione del suo sviluppo, che comprende due fasi. Nella prima fase, prevalentemente considerativo-progettuale (speculativo-pratica), supposto l'imperativo generale della sinderesi (il bene è da farsi e il male da evitarsi) e le inclinazioni naturali dell'uomo a determinati fini (che hanno sempre ragione di bene), si passa alla formulazione delle norme o leggi speciali universali (precetti affermativi e negativi). Queste norme devono regolare l'azione libera dell'uomo nel suo concreto esercizio! I. La seconda fase è prevalentemente applica-pratica).
ESTRATTO DALLA PRIMA PARTE
Quia, sicut Damascenus [De fide 2,12] dicit, homo factus ad imaginem Dei dicitUr' secundum quod per imaginem significatur intellectuale et arbitrio liberum et per se potestativum; postquam praedictum est de exemplari, scilicet de Deo, et de his quae processerunt ex divina potestate secundum eius voluntatem; restat ut consideremus de eius imagine, idest de homine, secundurn quod et ipse est suorum operum principium, quasi liberum arbitrium habens et suorum operum potestatem.
QUAESTIO 1
DE ULTIMO FINE HOMINIS
Ubi primo considerandum occurrit de ultimo fine humanae vitae; et deinde de his per quae homo ad hunc finem pervenire potest, vel ab eo deviare [q. 6], ex fine enim oportet accipere rationes eorum quae ordinantur ad finem. Et quia ultimus finis humanae vitae ponitur esse beatitudo, oportet primo considerare de ultimo fine in communi; deinde de beatitudine [q. 2]. Circa primum quaeruntur orto. Primo, utrum hominis sit agere propter finem. Secundo, utrum hoc sit proprium rationalis naturae. Tertio, utrum actus hominis recipiant speciem a fine. Quarto, utrum sit aliquis ultimus finis humanae vitae. Quinto, utrum unius hominis possint esse plures ultimi fines. Sexto, utrum homo ordinet omnia in ultimum finem. Septimo, utrum idem sit finis ultimus omnium hominum. Octavo, utrum in illo ultimo fine omnes alice creaturae conveniant. Articulus 1 Utrum homini conveniat agere propter finem Ad primum sic proceditur. Videtur quod homini non conveniat agere propter finem. 1. Causa enim naturaliter prior est. Sed finis habet rationem ultimi, ut ipsum nomen sonat. Ergo finis non habet rationem causae. Sed propter illud agit homo, quod est causa actionis, cum haec praepositio propter.designet habitudinem causae. Ergo homini non convenit agere propter finem. 2. Praeterea, illud quod est ultimus finis, non PROLOGO acoRg a On eLa s 0
QUESTIONE 1
IL FINE ULTIMO DELL'UOMO
La prima cosa da considerare sull'argomento è il fine ultimo della vita umana; la seconda saranno i mezzi che permettono all'uomo di raggiungerlo, o ciò che da esso lo fa deviare: infatti dal fine va desunta la ragione di quanto è ordinato al fine. E una volta ammesso che la beatitudine è il fine ultimo della vita umana, prima di tutto bisogna trattare del fine ultimo in generale, quindi della beatitudine. Sul primo argomento si pongono otto questioni: 1. Appartiene all'uomo agire per un fine? 2. Ciò è una proprietà della natura razionale'? 3. Gli atti umani sono specificati dal fine? 4. Esiste un fine ultimo della vita umana? 5. Un uomo può avere più tini ultimi? 6. L'uomo ordina tutto al fine ultimo? 7. Il fine ultimo è identico per tutti gli uomini? 8. Questo fine è comune anche alle altre creature'?
Articolo 1 Appartiene all'uomo agire per un fine? Sembra di no. Infatti: I. La causa per sua natura dice priorità. ll ti-ne, al contrario, ha ragione di ultimo. come dice il nome stesso. Quindi il fine non ha ragione di causa. Ma l'uomo agisce per ciò che è causa dell'azione: infatti la preposizione per sta a indicare un rapporto causale. Quindi all'uomo non appartiene agire per un fine. Ciò che costituisce il fine ultimo non è or-. dinato a un fine. Ma in certi casi le azioni est propter finem. Sed in quibusdam actiones sunt ultimus finis; ut patet per philosophum in I Ethic. [1,2]. Ergo non omnia homo agit propter finem.