Roberto Grossatesta. La filosofia della luce
(Segmenti) [Libro in brossura]EAN 9788870946598
Uno dei luoghi comuni sul Medioevo è quello di presentarlo come un’epoca buia, tenebrosa, oscurantista da un punto di vista culturale. Tale immagine è così radicata che se chiedessimo ad un qualsiasi studente di scuola di pensare ad uno spaccato di vita di quell’epoca, senz’altro ambienterebbe la sua scena in una giornata grigia, uggiosa, senza sole e senza luce. Lo stesso film di Jean-Jacques Annaud, Il nome della Rosa, che riprende il celebre (ma anti-storico) romanzo di Umberto Eco, è volutamente ambientato in un’abbazia tetra, oscura; e tutte le scene sono altrettanto oscure e in penombra. Tutto questo per perpetuare il luogo comune che vuole il Medioevo come un’epoca oscura, senza luce.
Che si tratti di una vera e propria falsità lo dice anche la storia della filosofia, che presenta ben due pensatori che impostarono tutto il loro pensiero sul concetto di luce: si tratta di sant’Agostino e del francescano inglese Roberto Grossatesta, vescovo di Lincoln e docente ad Oxford. Il primo, notissimo, visse agli albori del periodo che chiamiamo altomedievale (V secolo), il secondo tra il XII e il XIII secolo. Il primo sviluppò un pensiero che sarà importantissimo per quello medievale, il secondo visse ed espresse il suo pensiero nel cuore del Medioevo. Dunque, sembrerebbe strano – ma in realtà non lo è affatto – che proprio l’“oscuro” Medioevo abbia saputo partorire gli unici due filosofi che fondarono il loro pensiero sul concetto di luce (per avere studi scientifici sulla natura della luce, dovremo infatti aspettare Newton, alla fine del Cinquecento).
Partendo dal Fiat lux biblico il filosofo inglese, che dedicò una delle sue principali opere – l’Exaemeron – ai primi sei giorni della creazione, cerca di armonizzare fede e ragione, secondo il tipico impianto mentale medievale. Poco conosciuto in Italia (dove una sua sola opera è stata tradotta dal latino) Roberto Grossatesta fa derivare dalla luce non soltanto un impianto fisico e filosofico, ma anche estetico ed etico. Grazie alle sue speculazioni si comprendono meglio lo spirito del suo tempo ed in particolar modo quello stile che – con senso spregiativo – è stato definito “gotico”, cioè barbaro. In realtà il passaggio da romanico a gotico (pensiamo alle cattedrali di questo periodo) permette, grazie alle forme più slanciate, proprio una maggiore penetrazione della luce – e di conseguenza del colore – all’interno delle principali costruzioni religiose. Ne consegue un senso di gioia, di amore per la vita, di luminosità, appunto, in cui il bello va sempre a fianco del buono.
Simbolica e fisica ad un tempo, la luce (ricordiamo che nel Credo recitiamo, non a caso, «Dio da Dio, Luce da Luce») è fonte di vita, di verità e di bellezza. Dalle intuizioni di Grossatesta deriverà addirittura il concetto di Big Bang (elaborato agli inizi del Novecento da uno studioso gesuita, ad ulteriore conferma del ruolo attivo degli uomini di Chiesa nella storia della scienza, con buona pace di tutti i detrattori anticlericali...), cioè della nascita dell’universo. Il saggio di Agnoli colma dunque una grave lacuna nella storia della filosofia e permette, una volta ancora, di rivedere in positivo il giudizio su un epoca che ancor oggi molti si ostinano a considerare spregiativamente – nonché definire – una “Età di Mezzo”.
Tratto dalla rivista Radici Cristiane n. 34 - Maggio 2008
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