C'è un'immagine che ritrae l'artista disteso sul cuscino, ormai morto, sembra una posa di una sua opera: da lì parte il racconto per spostarsi velocemente sopra Vienna, in una panoramica dall'alto, spesso usata nelle sue opere, e giù in basso tra i binari della stazione dove Schiele bambino osservava estasiato il passaggio dei treni. Poi Schiele ragazzo scende dal treno. Siamo a Vienna qualche anno dopo, quando vi si trasferisce per tentare l'ammissione in accademia. Ha i capelli sparati in alto, un abito troppo abbondante ereditato dal suo tutore che ha un fisico massiccio. Schiele potrebbe sembrare un incrocio tra un punk e il vagabondo creato da Charlie Chaplin. Vienna è immensa ed è al suo apogeo. In pochi anni è diventata una metropoli multietnica e si appresta a implodere come il resto dell'impero asburgico. È opportunità, è seduzione e sarà teatro dell'ascesa del giovane Schiele, che guarda, osserva, immagazzina, volti, espressioni. Corpi, tanti corpi che si muovono, che camminano che si contorcono tra le pieghe del mostro urbano. Negli occhi di Schiele c'è meraviglia, c'è desiderio, c'è tutto il talento pronto a esplodere. Finché la febbre spagnola lo porta via, tragicamente e a soli 28 anni, insieme alla moglie, incinta al sesto mese. Oltre agli elementi storici e biografici in questa graphic novel prendono la parola a turno le persone che gli sono state vicine in vita. C'è Klimt, il primo a credere nel suo talento. C'è Wally musa, modella e amante abbandonata. C'è la moglie, con il figlio mai nato. Ma parlano anche gli oggetti dei suoi dipinti. I pennelli, le tele, la carta, le matite. E poi lo stesso Schiele, idealmente in uno spazio di materia senza forma, come una texture di colore fatta a pennello, si presenta, e parla della sua visione artistica, a 100 anni dalla sua morte.