L'antropologia personalistica di Nunzio Galantino
EAN 9788868794002
Si tratta di un importante lavoro scientifico dato alle stampe da Pietro Groccia, sacerdote della diocesi di Cassano all’Ionio, che viene avvalorato dalla presentazione del professore Giorgio Campanini, dalla prefazione del vescovo di Cassano Francesco Savino, e da una postfazione del professore Gennaro Cicchese, che con la sua competenza – come dice l’autore stesso – ne ha accompagnato l’uscita in volume.
Per il professor Campanini è la “questione persona” la chiave di lettura di questo volume. «Il ricco apparato critico che lo correda dà ragione di questa prospettiva e segnala le più significative voci che l’hanno assunta come punto di riferimento per la ricerca» (p. 7). Tra queste voci una in particolare è stata oggetto di studio e di approfondimento, quella di Nunzio Galantino (1948), pensatore ancora in piena attività, ma che – sullo specifico tema dell’antropologia – ha offerto contributi importanti: Dire “uomo” oggi. Nuove vie dell’antropologia filosofica e Sulla via della persona. La riflessione sull’uomo: storia, epistemologia, figure e percorsi, che possono essere considerati – secondo Campanini – due “classici” dell’antropologia personalista italiana.
L’opzione ermeneutico-fenomenologica che fa da nota sottostante all’intero volume impone che la giustificazione della verità dell’uomo assuma come punto di partenza l’esperienza. Per di più, momento fondativo e momento contestuale non mostrano dicotomia alcuna, ma si tessono all’interno di ciascun capitolo rendendo vita a un tutto organico. Il testo, infatti, si offre come la prima minuziosa e originale ricostruzione dettagliata, che va di pari passo con un’intelligente valutazione schematica di una riflessione (quella di Galantino appunto), che ha cercato di onorare nel tempo, sulla linea del personalismo classico, la convinzione della “centralità dell’uomo nel cosmo” (M. Scheler), compito, questo, precipuo di ogni antropologia filosofica.
Il volume apre i battenti con un’ampia Introduzione che ricostruisce le coordinate della stagione postmoderna sospesa tra riduzionismi antropologici e riduttivismi della ragione, che determinano gli esisti infausti dell’anti-umanesimo contemporaneo come conseguenza del licenziamento della trascendenza nei suoi due momenti costitutivi: dell’esistenza di Dio e della immortalità dell’uomo come persona. Un anti-umanesimo polisemico sembrerebbe, perché edonista, illuminista, immanentista, non più elitario ma planetario, non solo teoretico ma pratico, per il quale per salvare l’uomo è necessario eliminare Dio. Infatti, “intorno all’uomo si pronunziano, oggi più che mai, parole contrastanti, come contrastanti sono le prospettive che lo riguardano” (N. Galantino). Perciò, va apprezzata – secondo l’autore – la scelta di Galantino di elaborare una proposta antropologica di ispirazione fenomenologica-personalistica che, portando «la riflessione oltre le strutture di pensiero impersonali» (p. 289), supera i vecchi schematismi concettuali delle antropologie classiche, oramai divenute amiotrofiche ed enfisematose, concentrando l’attenzione teoretica su quelle categorie di pensiero personali – relazione e reciprocità – che contribuiscono a superare le varie forme di antiumanesimo contemporaneo e a rispondere di più e meglio alla domanda: “chi è l’uomo?”.
Per monsignor Savino si tratta di un lavoro che si propone, appunto, come “luogo di incontro” di diversi “orientamenti e sensibilità”, ma, innanzitutto, di diverse discipline e, quindi, di statuti epistemologici. Filosofia, teologia e pedagogia sono tenute insieme – secondo il presule cassanese –, in un percorso che distingue per unire: con tutti i rischi dei dialoghi interdisciplinari, ma anche con il fascino e la consapevolezza di una scommessa da giocare e da vincere che consiste nell’identificare quelle che Galantino chiama “le categorie/costanti filosofiche che contribuiscono a definire la persona”. Secondo la prospettiva di Galantino, il decidersi per l’uomo non è iniziativa psicologica dell’io, ma struttura originaria che ci fonda e ci rende partner del Dio dell’Alleanza. «Non a caso», afferma Groccia, «l’oggetto principale d’ogni pensiero filosofico è il binomio Dio-Uomo; e non è fuori luogo pensare che ogni filosofia, ogni teologia supponga sostanzialmente un’antropologia» (p. 20).
In un mondo segnato dal relativismo e dal decadere di punti di riferimento universali, è necessaria un’antropologia che ripensi l’essere umano e le sue relazioni, e un’educazione che risponda ai rischi di disumanizzazione, per formare persone nuove per un mondo nuovo. Groccia, dunque, secondo il professor Cicchese, ricostruendo il percorso filosofico-antropologico di Galantino ci aiuta a entrare in questo nuovo percorso di umanizzazionepersonalizzazione che richiede contestualmente idee nuove e parole nuove. Infatti, scrive l’autore: «In un tempo in cui ogni assoluto appare relativizzato, ogni verità frastagliata e il futuro sembra buono perché nuovo, anche là dove è effimero, ascoltare la lezione antropologica di Nunzio Galantino significa tornare ad un nuovo inizio del pensiero, che vede l’uomo restituito alla sua dignità persona, quindi, non più prevaricabile da alcuna altra forma ideologica e idolatrica» (p. 296).
Per cui l’articolato impianto epistemologico dell’intero volume non nasconde «la pretesa, che per certi versi è anche l’obiettivo» (p. 292), di rivolgersi alla cura dell’uomo, per toglierlo dal vuoto speculativo e dal mutismo esistenziale, indicandogli – contestualizzando la riflessione fatta da Galantino e dipanandone le articolazioni teoretiche in modo da rilevarne la pertinenza in rapporto all’attuale condizione dell’umano – la via per educarsi a diventare Persona.
Da questo progetto, scrive l’autore, possono nascere nuovi germi di speranza con l’obiettivo di rifondare eticamente ogni forma dell’agire umano, politico e sociale, considerato che l’unica via da percorrere, se si vuole uscire da questo tunnel, è la risignificazione cristiana della persona, poiché è il personalismo, come già asseriva Jean Lacroix e, oggi ribadisce Galantino, il «vero antidoto alle ideologie», che apre una nuova stagione costituente in ambito educativo per la personalizzazione dell’umano, «perché», sempre secondo l’antropologo pugliese, «a partire da come pensiamo la persona umana e il modo in cui dovrebbe vivere, costruiamo, per quanto ci è possibile, un certo tipo di società e di esistenza individuale» (p. 284). Pertanto, l’attenzione alla storia risulta fondamentale se si vuole comprendere l’antropologia di Galantino, che si origina da un confronto critico e responsabile con le sfide poste dal suo tempo.
Proprio sotto quest’aspetto il raffronto con un pensatore come Galantino risulta enormemente provocante anche nell’attuale momento storico, così come Groccia lascia continuamente intuire. Infatti, è questa la sfida che l’umanità si appresta a vivere sul terreno della consistenza ontologica, della consapevolezza antropologica, della maturità etica e dell’incontro interpersonale. L’uomo è colui che costitutivamente si trascende per incontrare l’altro, partecipando così all’essere altrui senza annientarlo, in una relazione costruttiva e propositiva che Galantino, riecheggiando Buber (e forse anche Mounier), non esiterebbe, secondo Groccia, a chiamare agapica. Infatti, il saggio di Groccia, che rivisita il vasto e pluriforme panorama delle antropologie del Novecento, si accredita non solo perché agevola l’ingresso nelle articolazioni filosofiche dell’antropologia di Galantino facendone risaltare la prosperità dei contenuti comuni alla filosofia e alla teologia, ma anche perché si offre come un valore aggiunto nel districare le coordinate teoretiche di questioni oggi assai dibattute che riflettono “sull’Universo personale” in bilico tra questione antropologica ed emergenza educativa.
Questo è l’azzardo del saggio: continuare a scommettere sull’uomo rispondendo alla domanda “chi è l’uomo?”, nello sforzo continuo di comprenderne il mistero che infinitamente ci supera. Organica e ben ripartita la nota bibliografica finale, molto utile l’indice dei nomi. La lettura vale tutta la fatica di fronte ai contenuti teoricamente vincolanti e al linguaggio a tratti “sigillato”, ma sempre disciplinato.
Tratto dalla rivista "Aprenas" n. 3-4/2018
(https://asprenas.it)
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